Parigi ha un nuovo museo che prende in prestito il concept dalla più provinciale, seppur affascinante, Provenza. Si chiama l’Atelier des Lumieres, inaugurando nell’11 arrondissement con l’obiettivo di celebrare i grandi nomi della storia dell’arte, ospitando in maniera innovativa mostre immersive oltre la realtà virtuale. Le pareti – 8 metri di altezza e passa la paura – infatti, porteranno lo spettatore all’interno dell’opera. Il concept, già sviluppato dalla Fondazione Culturespaces in una imponente caverna, in un piccolo villaggio della Francia, Le Baux de Provence, tra gli scorci più affascinanti della regione, ha portato sulle pareti di pietra bianca i lavori di Matisse, Chagall, Van Gogh, tra gli altri, in uno scenario veramente coinvolgente e in una atmosfera glaciale. Il progetto, che porta quasi 1,5 milioni di visitatori all’anno, approda nella capitale replicandone il formato dal prossimo anno. Alle proiezioni saranno affiancate colonne sonore originali.
UN PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE
Certo un museo non è una grotta nel cuore della Provenza, con tutte le conseguenze in termini di fascino del caso, ma il progetto parigino non manca di interesse. Ad esempio, parte dal desiderio di riqualificare un’ex fonderia del XIX secolo che verrà recuperato nel rispetto della sua struttura in acciaio originale, offrendo al pubblico uno spazio monumentale per una esperienza artistica immersiva. Ogni anno l’Atelier offrirà creazioni digitali in omaggio a grandi protagonisti della storia dell’arte ed esposizioni tematiche. L’esperienza, già arrivata in altre forme anche in Italia, ad esempio con il Caravaggio Experience di Roma, conclusosi lo scorso luglio a Palazzo delle Esposizioni, si concentra qui su quelle avanguardie storiche che hanno portato la cultura francese in tutto il mondo. Certo, non mancano i problemi da porsi, ad esempio se questo tipo (degnissimo, si intenda) di esperienza classificabile sotto le etichette di entertainment e di divulgazione, non sostituiscano nell’immaginario dei più giovani e del grande pubblico il rapporto con l’opera d’arte. Ma questa, come diceva Michael Ende, “è un’altra storia”. E bisognerà raccontarla un’altra volta.
– Santa Nastro
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