THE PAINTED HOUSE
Tutto ha inizio con la lettura di Inside the White Cube di Brian O’Doherty (County Roscommon, 1928), saggio d’arte tra i più significativi del XX secolo, che spiega in modo chiaro e immediato l’evoluzione semantica dello spazio espositivo, di come il white cube diventi “una camera di trasformazione” che rende arte qualsiasi cosa vi acceda.
Il testo risulta così interessante e coinvolgente che approfondire la conoscenza dell’opera di O’Doherty – irlandese di nascita, americano d’adozione – sembra necessario. La scoperta che, scrittore e artista di fama internazionale, egli abbia realizzato una delle sue opere più esclusive in Italia, e più precisamente a Todi, in Umbria, spinge chi scrive a visitare la sua The Painted House (La Casa Dipinta).
L’artista acquista nel 1975, con la moglie Barbara Novak, storica dell’arte, una casa nel centro storico di Todi, in Via delle Mura Antiche 25. La casa è vissuta periodicamente dai suoi proprietari, che decidono di inaugurarla e aprirla al pubblico su prenotazione dal 2011.
O’Doherty realizza un’opera d’arte immersiva, iniziando a dipingere, intorno al 1977, con colori acrilici, le pareti dell’intera casa, sviluppata su tre piani.
TRA POLITICA, STORIA E CREATIVITÀ
La Casa Dipinta è un “work in progress” che sintetizza i quarant’anni di carriera artistica di O’Doherty, salito alla ribalta nel 1972 con il nome di Patrick Ireland, in segno di protesta contro l’efferata strage di tredici pacifisti disarmati uccisi dall’esercito inglese, che, domenica 30 gennaio 1972, occupava la città di Derry nell’Irlanda del Nord (la celebre Bloody Sunday). L’artista abbandonò il nome di Patrick Ireland solo nel 2008, con la commemorazione della pace in Irlanda del Nord e la proclamazione della sua indipendenza dall’Inghilterra. La sua effigie fu solennemente sepolta davanti a un pubblico internazionale a Dublino, nel parco dell’IMMA (Irish Museum of Modern Art) sotto una lapide su cui è incisa la scritta Patrick Ireland, 1972-2008 e le parole NOW, HERE, NOW in Ogham.
Per trasmettere la sua poetica, O’Doherthy sceglie il codice Ogham, inventato dai Celti Irlandesi nel VII secolo d.C., per il suo minimalismo segnico e per la sua elevata pregnanza di significati.
L’Ogham traduce le venti lettere dell’alfabeto romano in altrettanti caratteri composti da quattro serie di linee, in progressione da 1 a 5, che si intersecano con una linea orizzontale di riferimento.
UNA CASA AD ARTE
All’interno della Casa Dipinta, il primo piano, composto da cucina e sala da pranzo, evoca un tempio Ogham a partire dalle tre parole chiave del linguaggio artistico di O’Doherty: One, Here, Now (Uno, Qui, Ora) che sovrastano l’ingresso della sala insieme alla trascrizione dell’intero codice antico.
Sulle altre pareti, con grandi dipinti composti da linee, geometrie e colori, sono poi rappresentate le vocali.
A sinistra delle scale che portano al piano superiore si può apprezzare il Dizionario dell’Io, un elenco di tutte le possibilità che l’artista ha sperimentato per riprodurre il numero 5 e la lettera I che in inglese è “io”. Ogni dipinto ha un’anima ludica, ovvero la volontà di coinvolgere lo spettatore che si sente parte integrante dell’opera.
Sette gradini dipinti con i colori dell’arcobaleno conducono al secondo piano. Qui l’opera che immediatamente attrae lo sguardo è Trecento, omaggio alle pale d’altare del primo Rinascimento, realizzata con fili sottili fissati alla parete che delimitano, seguendo una corretta prospettiva, l’altare dipinto con i tre colori primari: rosso, giallo, blu. Solo cogliendo il punto di vista ottimale, lo spettatore può apprezzare la tridimensionalità del dipinto che estrude dalla parete.
Sul muro di fronte Il canto delle vocali rappresenta una griglia quadrata, composta da 5 riquadri per 5, in cui ogni vocale è formata da linee, da 1 a 5, con colori sempre diversi. L’ennesimo divertissement che strizza l’occhio al visitatore.
All’ultimo piano della casa, a cui si può accedere mediante una ripida scaletta, si trovano la camera da letto e il bagno. Sulle pareti della camera sono dipinte alcune finestre, sempre mediante il sistema di fili fissati a parete, che l’artista realizza per esaudire il desiderio della moglie Barbara di poter godere del suggestivo paesaggio umbro, sebbene la casa non abbia aperture con vista sul panorama circostante.
IL LEGAME CON LA MOGLIE
L’artista ha così omaggiato la moglie con la rappresentazione dei quattro momenti che scandiscono la giornata: la Notte, a fianco della finestra, l’Alba, a destra della porta del bagno, la Mattina a sinistra del letto e il Mezzogiorno, sul letto. Proprio quest’ultimo dipinto risponde alla suggestione di scorgere il mare all’orizzonte sotto un cielo blu cobalto. Su entrambi i lati del lavoro vi sono le sagome dell’artista e della moglie, al cui amoroso sodalizio è dedicata l’intera opera d’arte.
La relazione sentimentale che lega Brian e Barbara dura da più di cinquant’anni e si percepisce in ogni angolo della casa, alle cui pareti germogliano qua e là ritratti, parole e messaggi a lei rivolti.
Anche per questo la visita alla Casa Dipinta è una parentesi emozionante, suggestiva, un’opportunità di condivisione del sentire, riservato e intimista, di un grande artista contemporaneo.
Una sosta tra le strade dell’Umbria (e non solo) è quindi d’obbligo.
Elena Inchingolo
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