La pittura misteriosa di Luc Tuymans (Mortsel, 1958; vive ad Anversa) celebra con il colore la crisi della società contemporanea di fronte al crollo delle sue ideologie e certezze. Nelle sale al primo piano del Palais des Beaux-Arts sono esposte 75 opere dipinte tra il 1978 e il 2008. Una panoramica trentennale.
Con sguardo cinematografico, Tuymans spazza via la società occidentale, afflitta da una realtà frammentata, dove tutto è distrutto e tutti cercano di ricostruire qualcosa. L’arte e la cultura come antidoti alla violenza della nostra civiltà. “La cultura è la cosa più essenziale nel mondo“, dice il belga. Pittura pessimista, dove vigilanza e tenerezza, con una presa di distanza e un certo grado d’indifferenza, creano la bellezza.
In mostra i primi film in Super8, Super16 e 35 mm dell’inizio della carriera che, insieme alle foto che li accompagnano, ispirano tuttora il suo lavoro. Si può così seguire il percorso dell’artista e il suo sviluppo, la coerenza e la tecnica costante: i colori freddi, i soggetti che appaiono o scompaiono, in bilico tra rappresentazione e astrazione.
All’ingresso, un’imponente tela sembra pittura aborigena: osservata da vicino è astratta e sfocata, mentre da lontano si distingue una tartaruga, ispirata a un parco tematico stile Disney. Da una sala all’altra, in un percorso cronologico, sfilano immagini ambigue, mentre i titoli delle opere decodificano il sogno-incubo di plasmare il mondo a propria immagine. I temi sono sociali e storici: la Seconda guerra mondiale, l’Olocausto, il dopo 11 settembre, il volto del potere nascosto e la violenza, il nazionalismo, il controllo, ma anche la malattia e il corpo, o la banalità della vita quotidiana.
Opere chiave? Hands del 1978 e i tre dipinti rifiutati nel 1986 al Premio della giovane pittura belga, organizzata proprio presso il Palais des Beaux-Arts; e poi le tre serie complete At Random, sulla stranezza della vita quotidiana; Der Architekt, sull’Olocausto; e Mwana Kitoko, sulla (post)colonizzazione belga. E ancora, l’assassinio di Lumumba nel 1960, fino ai dipinti più recenti. Dipinti innocui, ingenui e bucolici, se non ci si rendesse conto che quel volto è di Heydrich, quei pezzi di gesso nelle mani sono i resti di Lumumba immerso nell’acido. È la banalità del male di cui parlava Hannah Arendt.
Di più. Nella serie Proper, sull’America di Bush post-11 settembre, Tuymans ritrae Condoleezza Rice, ministro nero repubblicano. In un’altra opera, una foresta di notte è illuminata da un proiettore, segno del controllo di polizia, onnipresente dopo l’attacco alle Torri Gemelle.
In Der diagnostische Blick, scorrono immagini di malattie. E se il rapporto tra il mondo delle icone di Disneyworld e quello dei gesuiti non è immediato (Ignatius van Loyolla), Tuymans riesce a suggerire che le immagini create dalla comunicazione religiosa e dall’industria del divertimento hanno numerosi punti di contatto. Anche questa è storia.
Alessio Onnis
dal 18 febbraio all’8 maggio 2011
Luc Tuymans – Retrospective
a cura di Madeleine Grynsztejn ed Helen Molesworth
Palais des Beaux-Arts
Rue Ravenstein, 23 – 1000 Bruxelles
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; giovedì ore 10-2
Ingresso: intero € 10; ridotto € 8
Catalogo disponibile
Info: tel. +32 025078200; www.bozar.be
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