Luca della Robbia – Madonna di Santa Fiora
Torna a casa la Madonna di Santa Fiora di Luca della Robbia, che era stata venduta all’asta a New York.
Comunicato stampa
Un evento espositivo di altissimo livello a Santa Fiora: in mostra nel borgo amiatino dal 27 luglio al 10 agosto la preziosa opera “Madonna con Bambino” di Luca della Robbia, anche detta "Madonna di Santa Fiora", che torna nel suo territorio di origine, seppur in modo temporaneo, dopo oltre un secolo e mezzo di assenza e un lungo peregrinare tra collezioni e musei. All’inaugurazione, in programma il 27 luglio, alle ore 11 e 30, a Palazzo Sforza Cesarini, interverrà il professor Tomaso Montanari, Rettore dell’Università per Stranieri di Siena.
Conservata per quasi 100 anni nelle collezioni della Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, negli Stati Uniti, la robbiana è stata messa all’asta a New York da Sotheby’s nel 2021, in seguito alla decisione del museo di alienare una parte del proprio patrimonio di arte antica, per focalizzarsi sull’arte moderna e contemporanea. L’opera è stata venduta per circa 2 milioni di dollari.
Pochi giorni prima della vendita all’asta il sindaco di Santa Fiora, Federico Balocchi, aveva lanciato un appello a istituzioni, collezionisti e mecenati, “Aiutateci a riportare a casa la Madonna di Santa Fiora”. Anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, aveva sostenuto l’appello del sindaco. A distanza di circa due anni, il desiderio è stato esaudito, grazie alla generosa disponibilità dei nuovi proprietari, Lilian e André Esteves, e alla preziosa collaborazione della galleria Benappi Fine Art che si prende cura della loro collezione: in una virtuosa sinergia tra istituzioni, mercato e collezionismo privato. Lilian e André Esteves hanno partecipato all’asta e acquistato l’opera che conservano nella loro raccolta di arte antica italiana, all’interno della loro tenuta di Argiano, vicino a Montalcino, poco distante da Santa Fiora. Da qui l’idea di collaborare e prestare la robbiana per questa mostra, così che il ritorno in Italia dell’opera sia coronato anche da un suo passaggio nei luoghi di origine, creando un’occasione di fruizione e conoscenza davvero unica. L’esposizione, fortemente voluta dall’amministrazione comunale, è realizzata con il contributo del Consiglio regionale della Toscana.
“Il patrimonio culturale è una geografia di cicatrici, di perdite, di sottrazioni ma è anche dunque un corpo da curare e ogni piccolo intervento di cura, come questo, ci permette di capire il grande amore che tutti abbiamo per quello che chiamiamo, in un modo un po’ astratto, patrimonio culturale ma che è, in realtà, il corpo più grande a cui tutti i nostri corpi appartengono. Questo risarcimento, questo atto di cura e di amore è quindi un modo diverso per vedere e per guardare quello che costantemente abbiamo sotto gli occhi. Per questo è davvero importante” – sono queste le parole di Tomaso Montanari che sin dal principio si è interessato alla vicenda della robbiana di Santa Fiora affinché il ritorno dell’opera in Italia sfociasse in un’occasione di fruizione e riappropriazione pubblica.
“Con questa mostra offriamo l’occasione di guardare da vicino un piccolo grande capolavoro del Rinascimento toscano, - afferma il sindaco Federico Balocchi – legato alla storia illustre di Santa Fiora. La mostra rappresenta per il nostro borgo e per tutta l’Amiata un’operazione culturale di grandissimo valore e di sicuro richiamo. Vedere quest'opera davvero bellissima ci consentirà di apprezzare ancora di più e ci impegna a valorizzare l’intera collezione di robbiane presente nel nostro territorio, che è sicuramente una delle più imponenti e meglio conservate. Ringraziamo la proprietà che ci garantisce l’opportunità di avere a Santa Fiora, anche se solo temporaneamente, questa mirabile opera che invito tutti a venire a vedere.”
“La Toscana diffusa è fatta anche di grandi collaborazioni, di sinergie, di passioni e desideri che si trasformano in fatti, in recuperi, in riacquisizioni – ha detto il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani - La mostra che a Santa Fiora dal 27 luglio al 10 agosto espone la preziosa “Madonna con Bambino” di Luca della Robbia è un esempio magnifico del nostro patrimonio culturale da un lato e della Toscana diffusa dall’altro. In un'esposizione unica nel suo genere si racconta non solo la bellezza straordinaria di quest’opera robbiana che finalmente è tornata a casa, ma anche la positività di un’operazione virtuosa, tenace e lungimirante di cui la Toscana è stata capace. Con gioia do il “bentornata” a uno dei nostri capolavori e ringrazio il sindaco e l’amministrazione comunale di Santa Fiora per aver voluto questa mostra di cui tutta la Toscana è orgogliosa e che il largo pubblico potrà apprezzare”.
La mostra, allestita a Palazzo Sforza Cesarini, resterà aperta dal 27 luglio al 10 agosto, tutti i giorni, dalle ore 10 alle 13 e dalle 16 e 30 alle 19 e 30.
Ingresso libero
RSVP: 0564 965327 - [email protected]
L’opera Madonna con Bambino di Luca della Robbia
Tutte le robbiane tuttora presenti nelle chiese di Santa Fiora, così come questa Madonna protagonista dell’evento espositivo, furono probabilmente commissionate dalla famiglia Sforza sotto l’influenza di Bosio I, fratello di Francesco duca di Milano, Conte di Santa Fiora e Cotignola, grazie al matrimonio con Cecilia Aldobrandeschi. Proprio Bosio I, o qualche personalità illustre legata alla sua corte, potrebbe quindi essere stato il committente di questa piccola Vergine destinata alla devozione privata, forse un dono per sua moglie Cecilia, sposata nel 1439, e morta prematuramente nel 1451.
Non abbiamo nessuna notizia documentaria riguardante l’opera ma possiamo ipotizzarne la collocazione all’interno di una chiesa o in un convento di Santa Fiora almeno fino al 1866 quando, a seguito della soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose, la robbiana dovette essere prelevata dal suo luogo di origine entrando nelle disponibilità del Comune che la mise in vendita insieme ad altri beni ugualmente provenienti da enti religiosi soppressi.
Il compratore fu Léon Mathieu Henri de Somzée, (Liegi, 1837 - Spa, 1901), ingegnere minerario belga, con una lunga carriera alla guida di molteplici compagnie internazionali legate allo sfruttamento del gas, ma soprattutto un collezionista appassionato e poliedrico che diede vita a una raccolta straordinaria per la varietà delle opere che la costituivano, dalle antichità classiche ed egizie ad oggetti d’arte medievali e rinascimentali come arazzi, vetri, avori, smalti e mobili, fino ai dipinti antichi italiani, fiamminghi e francesi.
È probabile che de Somzée acquistò la robbiana durante un suo soggiorno in Italia: la presenza di gas era abbondante nei territori vulcanici del Monte Amiata, zona che de Somzée dovette frequentare certamente negli anni in cui fu direttore dei lavori per l’estrazione del gas per la Compagnie Générale pour l’Éclairage et le Chauffage par le Gaz’ o durante il suo successivo incarico come direttore generale della Fabbrica del Gas Italia. La robbiana lasciò dunque Santa Fiora e partì alla volta del Belgio. L’opera tornò ad essere visibile nel 1880 all’Exposition National Belge di Bruxelles, dove la sezione dell’arte italiana veniva rappresentata da una cernita delle opere principali proprio della collezione di de Somzée, all’epoca una delle più importanti del Paese: tra queste compariva anche la robbiana di cui, per la prima volta, in catalogo si ricordava la provenienza dal Monastero di Santa Fiora e l’acquisto del collezionista direttamente dal Comune. La robbiana fu presentata ancora all’Esposizione d’Arte Antica di Bruxelles del 1888 e all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 per poi uscire dall’orbita del magnate belga. A più riprese, tra il 1901 e il 1907, l’intera sua collezione fu infatti venduta in asta dagli eredi presso la galleria Galerie J. Fievez di Bruxelles. Tra le sculture fiorentine, al lotto 1142 del catalogo di vendita del 1904, ricompariva così la robbiana per la quale, questa volta, si segnalava la provenienza dalla chiesa dei Cappuccini di Santa Fiora (intendendo con questo, forse, la chiesa di Santa Chiara legata al convento dei Cappuccini in via delle Monache). L’opera lasciò così il Belgio per giungere negli Stati Uniti dove nel 1929 il mercante d’arte berlinese Paul Bottenwieser la vendette alla Albright Art Gallery di Buffalo (dal 1962 Albright-Knox Art Gallery), dopo averla lasciata in prestito al museo per più di un anno, durante il quale l’attribuzione a Luca della Robbia ricevette l’avallo di studiosi celebri come Wilhelm von Bode e George Gronau, la Albright Art Gallery decretò l’acquisto di questa robbiana rara e precoce, potendo così vantare di avere nelle proprie collezioni uno dei pochi pezzi sicuramente di mano di Luca della Robbia presenti fuori dall’Italia.
L’osservazione delle qualità formali ed espressive di questo piccolo ma potente altorilievo, ci fa capire di essere in presenza di uno dei vertici di Luca della Robbia: i colori sono tenui e sfumati, l’esecuzione accurata del modellato lascia trasparire il rapporto di affettuosa consuetudine tra la Madonna e il Bambino che si protende in avanti per accarezzarle il viso. Nonostante la resa preziosa ed algida della terracotta invetriata, si percepisce l’affondare lieve nelle carni del Bambino della mano della Madre che lo culla e lo osserva in un gesto di commuovente dolcezza. È questa l’umanità familiare, sospesa e silenziosa che caratterizza le opere più belle di Luca della Robbia. Confrontata con il rilievo di medesima tipologia custodito a Berlino o con altre Madonne dello stesso periodo, la robbiana di Santa Fiora si distingue per la sua finezza esecutiva, per la sensibilità espressiva del modello e l’eleganza della sua tavolozza, confermando di essere, dopo tanti anni di oblio e lontananza, uno dei pezzi più belli e sentiti tra i primi esperimenti in ceramica invetriata di Luca della Robbia.
Luca della Robbia e l’invenzione delle ceramiche invetriate.
Formatosi probabilmente nella bottega fiorentina di Lorenzo Ghiberti, Luca della Robbia (Firenze, 1400-1482) fu uno dei principali scultori e ceramisti attivi a Firenze sin dagli anni Trenta del Quattrocento. A lui si deve l’invenzione di una delle tipologie più ammirate e tipiche del Rinascimento toscano, la terracotta invetriata che, come ricordava Vasari, fu “un’arte nuova, utile e bellissima” la cui invenzione procurò a Luca “gloria e lode immortale e perpetua”. Pur essendo l’invetriatura un procedimento già in uso presso gli antichi, Luca seppe perfezionarlo fino ad ottenere delle opere di qualità del tutto comparabile a quella delle migliori opere in marmo o terracotta. Queste innovative sculture policrome, che dal suo inventore presero appunto il nome di robbiane, furono realizzate sulla base di una ricetta che rimase a lungo segreta e fu gelosamente custodita fino a Cinquecento inoltrato all’interno della bottega di Luca, ereditata prima dal nipote Andrea (Firenze 1435-1525), poi dai figli di questi, in particolare Giovanni (Firenze 1469-1529).
La tecnica consiste nell’applicare a pennello sulla terracotta un rivestimento a base di sabbie silicee e ossidi di piombo e stagno che, dopo una seconda cottura a temperatura più bassa, si fissa alla superficie assumendo un aspetto vetroso di straordinaria lucentezza. Lo stagno dona allo smalto il caratteristico colore bianco mentre dagli ossidi metallici, con l’aggiunta di specifiche componenti alcaline, dipendono le diverse colorazioni tipiche delle robbiane (azzurro, giallo, verde turchese, bruno e nero).
Le ceramiche invetriate ebbero sin da subito un grande successo per la luminosità, la qualità plastica e il candore delle forme ma anche per l’impermeabilità e la resistenza delle superfici, fondamentali per garantire la conservazione delle terrecotte destinate, talvolta, anche alle decorazioni di esterni.
Le robbiane di Santa Fiora
Il toponimo Sancta Flora compare già nel IX secolo e diventa con la famiglia degli Aldobrandeschi, tra le più importanti dell’Italia centrale, uno dei luoghi di potere del territorio. Il matrimonio del 1439 tra Bosio Sforza, fratello di Francesco duca di Milano, e Cecilia Aldobrandeschi assicura il futuro della contea sotto il dominio della nuova famiglia, bene inserita in una rete politica europea. La strategia familiare di Bosio, e poi del figlio Guido, mira a rendere non solo potente e autonoma la contea, ma anche a trasformarla nella perfetta espressione di una raffinata e abile casata rinascimentale.
La pieve della cittadina, capitale della contea, diventa così il luogo ideale per manifestare questo programma: Bosio commissiona e Guido fa completare, nell’ultimo quarto del XV secolo, la cappella del Presepe nella pieve santafiorese, dotandola di uno splendido ciclo di terrecotte invetriate commissionate ad Andrea della Robbia, nipote ed erede di Luca: le terrecotte invetriate traducevano in immagini il manifesto politico e religioso familiare e diventarono, da quel momento, la cifra distintiva di Casa Sforza e di Santa Fiora. Il ciclo, in gran parte ancora oggi conservato nella Pieve, rappresenta uno dei più imponenti nuclei pubblici di robbiane, a cui non si deve dimenticare di aggiungere il rilievo con le Sante Flora e Lucilla, oggi collocato sulla facciata della chiesa della Madonna della Piscina (detta Madonna delle nevi), o la grande pala nella chiesa del convento della Santissima Trinità alla Selva. Sin dal XV secolo Santa Fiora ha associato così la sua identità cittadina con il candore e la lucentezza delle tante robbiane presenti in città, a cui si aggiunge oggi anche la piccola Madonna con Bambino in mostra, unica testimonianza della presenza del capostipite Luca già a partire dagli anni Quaranta del XV secolo.