Il libro che racconta l’evoluzione del design e della società del Novecento

Si chiama “Pattern & Design”. Un volume che raccoglie i motivi grafici più significativi nella storia del design e racconta le oscillazioni del gusto tra minimalismo e massimalismo estetico

Nessun ornamento può essere inventato oggi da chi vive al nostro livello di civiltà” scrive Adolf Loos nel 1908 in Ornamento e Delitto. A guidare l’architetto austriaco, allora trentottenne e alla ricerca di un posto al sole nella Vienna della Secessione, è la convinzione che il presente possa fare a meno della decorazione avendone superato la necessità, e che il futuro sorrida agli oggetti minimalisti e virtualmente eterni. Una simile presa di posizione, riletta oggi con in mente le geometrie astratte prodotte dai telai manovrati da Gunta Stölzl e Anni Albers nell’atelier di tessitura del Bauhaus, gli audaci motivi grafici di Memphis, o ancora i 30 decori differenti in bianco e azzurro ideati da Gio Ponti per le piastrelle destinate alla pavimentazione dell’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, può far sorridere. Dato per morto a più riprese, infatti, il gusto per la decorazione continua a risvegliarsi (a fasi alterne) durante tutto il Novecento e oltre, dando vita a realizzazioni talvolta memorabili. Interrogandosi proprio “sulla labilità del confine tra la negazione dell’ornamento all’interno della produzione industriale e i suoi carsici spazi di sopravvivenza, da cui esso ciclicamente emerge”, Anna Mainoli e Alessandra Coppa hanno ripercorso la storia del design alla ricerca degli esempi più significativi di pattern (un termine inglese che deriva dal latino medievale “patronus” e significa “modello”). Il risultato del loro lavoro è un volume, Pattern & Design, edito da 24 Ore Cultura, che funziona come un atlante di possibilità al servizio dei professionisti del progetto ma anche come un esercizio di lettura del passato attraverso un prisma molto particolare.

Pattern & Design: decorazione e minimalismo nella storia del design

L’evoluzione del pattern si intreccia inevitabilmente con i concetti di decorazione, ornamento e funzione ed è legata alla cultura e al gusto dell’epoca”, spiegano le autrici. “I pattern, con le loro disposizioni ripetitive (ritenute erroneamente semplice decorazione), celano strutture organizzative che rimandano alla società che li ha generati. Dopo decenni di discussioni tra assertori della decorazione come istinto antropologico all’abbellimento e paladini della purezza strutturale, oggi la bilancia sembra pendere verso una sorta di massimalismo estetico che riflette la complessità dei tempi superando la dicotomia tra forma e funzione. “Non più in conflitto, ornamento e struttura convivono dialetticamente sia nell’architettura, con facciate espressive pronte a essere integrate con immagini e pattern (anche parametrici), sia nel design, che definisce le superfici con pattern, trame, materiali e colori”, proseguono Mainoli e Coppa. “Anche i motivi dei pattern, di conseguenza, non seguono un solo e unico codice decorativo, ma spesso coesistono e si contaminano con vari linguaggi e tendenze in atto: vintage, neo-eclettismo, zoomorfismo, infantile, ludico, high tech, elegante, etnico e altre ancora. Si spazia dai pattern di Bone China di Marcel Wanders fino alle piastrelle di Paolo Ulian ideate come se fossero le pagine di un quaderno da scrivere”.

Embroidered Tablecloth ®Gerrit Schreurs © Hella Jongerius
Embroidered Tablecloth ®Gerrit Schreurs © Hella Jongerius

Pattern & Design: un racconto declinato (anche) al femminile

La storia delle superfici decorate si presta anche a una lettura “di genere”, dal momento che una percentuale importante dei pattern repertoriati nel libro è frutto dell’estro di artiste e designer donne. A fianco dei nomi più conosciuti, quelli ad esempio di Nathalie Du Pasquier o Paola Navone, troviamo tutta una serie di figure poco note al grande pubblico, soprattutto in Italia. Pochi conoscono, per esempio, la parabola di Otti Berger, studentessa e poi insegnante al Bauhaus prima di essere assassinata nel campo di concentramento di Auschwitz. In compenso, il suo tessuto Zebra, applicato sulle poltrone modello 400 di Alvar Aalto per Artek all’inizio degli anni Trenta, è diventato un classico del design e uno dei simboli del brand finlandese. I nomi di Marion Dorn, Marianne Straub e Enid Marx forse dicono poco al lettore non specialista, però i motivi da loro ideati hanno contribuito a ridisegnare lo spazio pubblico britannico tra gli anni Trenta e Sessanta, vestendo i sedili della metropolitana di Londra. Come raccontano le autrici, “l’accesso al mondo del design non era certo semplice per le donne e la produzione tessile, soprattutto artigianale, era tradizionalmente ritenuta un’occupazione femminile, considerata «minore» e trascurata dai progettisti. Spesso, dunque, le donne sono partite da lì, trovando poi l’opportunità di occuparsi anche della produzione di tessuti su scala industriale, ottenendo anche brevetti e successi commerciali. Il contributo economico del laboratorio tessile fu fondamentale per i bilanci del Bauhaus”. 

Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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