Scoperto un nuovo tesoro nella Valle dei Templi di Agrigento
Si tratta di una sessantina di statuette, insieme a un gran numero di ossa. Il deposito votivo emerso nel complesso abitativo nel cuore del Parco Archeologico di Agrigento rivelerebbe le pratiche di particolari culti greci
Gli scavi alla collina nord del tempio di Giunone sito nel Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento hanno regalato “molte soddisfazioni e scoperte importanti”, come afferma il direttore del Parco Roberto Sciarratta, alla luce del deposito votivo rinvenuto durante gli scavi che hanno interessato l’area di un complesso abitativo. Un corpus di numerose statuette, tra protomi (elementi decorativi dipinto, incisi o in rilievo), busti femminili in terracotta, lucerne, piccoli vasi e frammenti di bronzo, è emerso assieme a un gran numero di ossa. Un risultato importante per la campagna finanziata e supportata dalla Regione Siciliana attraverso il Parco Archeologico e condotta dalla dottoressa Maria Concetta Parello, grazie alla quale “è stato ricostruito parte dell’abitato e, in ultimo, questo ambiente dedicato probabilmente a un culto particolare dove erano riposte le numerose statuette votive. Inoltre, la scoperta ci ha confermato che l’area non fosse stata già oggetto di scavi o saccheggi”, sottolinea il direttore Sciarratta.
Il deposito votivo scoperto alla Valle dei Templi di Agrigento
“I risultati sono in linea con quello ci aspettavamo”, spiega la dottoressa Maria Concetta Parello a capo della campagna di scavi nel Parco Archeologico della Valle dei Templi. “Abbiamo recuperato la casa quasi nella sua interezza ma la sorpresa è arrivata alla fine del cantiere, quando sul settore ovest è emerso un deposito votivo. In questo momento direi che il deposito si colloca sopra i livelli di struttura della casa”, una posizione particolare che “deve avere un significato”. A tal proposito, l’archeologa ipotizza delle tipologie di rito, “probabilmente quelle dei greci”, i quali tornano nella città di Akragas dopo essere stata messa a ferro e fuoco dai Cartaginesi, nel 406 a.C. Prima di insediarsi nuovamente nelle proprie terre, “i greci raccoglievano tutto quello che era stato ‘sparpagliato’ durante il saccheggio per poi mettere i loro beni in una fossa e dar loro una nuova collocazione”. Con questa importante scoperta, il Parco Archeologico si arricchisce di un nuovo corpus di opere che attendono di essere restaurate, grazie anche all’aiuto di un laboratorio esterno.
Valentina Muzi
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