Una ennesima riforma ideologica al Ministero della Cultura

Il MIC affronterà un riordino che cancella le direzioni generali e istituisce i dipartimenti. Si definisce una netta separazione tra tutela del patrimonio e sua gestione e valorizzazione. L’opinione di Massimiliano Zane

Ha commentato così il 1 agosto 2023 il ministro Sangiuliano: “per rafforzare la competitività del sistema museale, occorre puntare su digitalizzazione”. Il 9 agosto, una settimana dopo il primo annuncio si è invece reso noto che l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale sarà soppresso… E nel silenzio quasi assoluto dei media. 

Il Dpcm per riorganizzare il MIC

E questo della Digital Library è solo uno dei tanti punti nodali contenuti nel Dpcm in cui si “riorganizza” il MIC. Un riordino che cancella le direzioni generali e istituisce i dipartimenti; che definisce una netta separazione tra tutela del patrimonio e la sua gestione e valorizzazione; che moltiplica i dirigenti.
Non chiamatela riforma, quindi, chiamatela riorganizzazione. Un’ennesima riorganizzazione verrebbe da dire, in cui si è voluto andare a modificare le poche cose buone fatte, forse perché le più “semplici” su cui intervenire, evitando del tutto di intervenire in maniera sostanziale su strutture e problematiche complesse, compiti e competenze, urgenze e storture (alcune ataviche), ovvero su ciò che avrebbe davvero previsto il compimento di una seria riforma con prese di posizioni e responsabilità. 

La differenza la farà chi andrà a ricoprire i nuovi ruoli ma, in ogni caso, questo scenario rischia di bloccare i lavori del ministero per mesi

La non riforma che riporta il MIC al 2006

Non entriamo nel merito dello scopo e della necessità o meno di questo intervento, o delle pieghe tecniche della norma, ma va detto che questo per il nostro Paese è l’ennesimo sisma normativo, a cui si aggiunge anche che l’iter della riforma, tutt’altro che chiuso, potrebbe divenire ancora più ingarbugliato a meno che al ministero non abbiano già pronti i decreti attuativi da emanare in tempi brevi… molto brevi. Perché tali interventi incideranno fortemente sulla ‘catena’ di comando dell’intera struttura del sistema culturale nazionale: dalle responsabilità oggettive di funzione a quelle di gestione, assisteremo ad una moltiplicazione del numero dei dirigenti, con un altrettanto elevato incremento della frammentazione organizzativa (che, per compensazione, potrebbe portare ad una forte centralizzazione per necessità di ridurre i tempi decisionali). Ovviamente la differenza la farà chi andrà a ricoprire i nuovi ruoli ma, in ogni caso, questo scenario rischia di bloccare i lavori del ministero per mesi, e in un momento storico in cui la reattività gestionale, programmatica e progettuale, che dovrebbe essere operativa al 100%, con centinaia di milioni di euro del PNRR da investire e migliaia di gare da fare e valutare, è un lusso che proprio non possiamo permetterci.
Ma soprattutto segna un passo indietro in cui il meccanismo dello sviluppo del settore si inceppa nelle classiche logiche delle bandierine piantate… Sì, perché questa non-riforma non mira solo a riscrivere qualcosa ma proprio ad invertire se non cancellare procedure della precedente gestione, ricreando un assetto generale che sostanzialmente riporta il Ministero al 2006, con l’allora Ministro Buttiglione. Pare letteralmente si voglia ignorare il tempo trascorso. Nessun tono di cambiamento ma solo di stralcio, accantonando tutto: cose buone o meno; come se avessimo riportato le lancette dell’orologio a 20 anni fa in un ritorno alle origini di un ministero che sempre più sa di vintage.

Massimiliano Zane

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Massimiliano Zane

Massimiliano Zane

Massimiliano Zane (Venezia, 1979) è progettista culturale, consulente strategico per lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio.

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