Barbie mania. Ecco come la Dreamhouse prende ispirazione dai grandi del design
La bambola più venduta al mondo ha sempre amato il design, come testimoniano le case che ha abitato nella sua storia. Anche la “Casa dei sogni” tutta in rosa creata per il film è piena di riferimenti
La “Barbie mania” che ha accompagnato l’uscita nelle sale del film di Greta Gerwig e non accenna a placarsi ha contagiato fin da subito anche gli appassionati di architettura e design. Tra gli aspetti più scrutati e analizzati dell’intera operazione c’è infatti la Barbie Dreamhouse, la casa dei sogni della biondissima bambola immaginata dalla scenografa Sarah Greenwood e dalla decoratrice Katie Spencer e costruita all’interno degli studi della Warner Bros di Leavesden, alle porte di Londra, a grandezza quasi naturale.
La casa dei sogni di Barbie: un’apoteosi di rosa e fucsia
L’edificio a tre piani, privo di porte e di scale e più piccolo del 23% circa rispetto a una normale abitazione (per scelta delle creative, per rispettare le proporzioni esistenti nella realtà tra i corpi delle bambole Barbie e le dreamhouse giocattolo pensate per loro), è un tripudio di tonalità di rosa e fucsia che potrebbe rivaleggiare con la sezione dedicata di una mazzetta colore per imbianchini. Visto che a Barbieland tutto è cool, compreso il modo di muoversi tra interno ed esterno, un grande scivolo, anch’esso rosa shocking, collega il terzo livello direttamente con la piscina a forma di fagiolo. Le fonti di ispirazione chiaramente riconoscibili sono due: i diversi modelli di “case dei sogni” prodotti dalla Mattel nel corso degli anni, in particolare la Townhouse con l’ascensore lanciata nel 1974 e riproposta in una nuova versione nel 1983, e le icone del modernismo californiano, su tutte la Kauffmann House di Richard Neutra a Palm Springs. Quest’ultima, progettata nel 1946 dall’architetto allievo di Frank Lloyd Wright su commissione di un ricco commerciante di Pittsburgh, lo stesso che qualche anno prima aveva commissionato al suo maestro la Fallingwater (o Casa sulla cascata), è tra i progetti di architettura più celebrati del ventesimo secolo e ha fatto scuola per la sua gestione del rapporto con il paesaggio, nello specifico con il deserto e le montagne di San Jacinto. Da questa la casa del film riprende l’impianto geometrico, basato sull’intersezione di piani orizzontali e verticali, e la matericità del grande muro in pietra, un effetto suggerito attraverso il camouflage rosa-fucsia.
Barbie Dreamhouse. Tutti gli oggetti ispirati al design
L’arredamento strizza l’occhio sia al mondo dell’infanzia e dei giocattoli, con una gran quantità di superfici rosa acceso (così tante da aver provocato una rottura di stock planetaria della vernice fluorescente per set cinematografici del brand Rosco in quel preciso punto di colore) e una cabina armadio con vetrine che ricordano il packaging usato dalla Mattel per gli abiti di Barbie, sia al design contemporaneo. Il tavolo da pranzo e le sedute all pink con un solo piede centrale ricordano nelle linee due oggetti simbolo degli anni Cinquanta e Sessanta che continuano ad andare fortissimo nelle case di oggi: la Tulip Chair e il Tulip Table di Eero Saarinen per Knoll. La caratteristica forma a calice, o a gambo di tulipano appunto, venne ideata dal progettista finlandese nel 1955 per risolvere il problema del groviglio di gambe che si veniva inevitabilmente a creare sotto i tavoli, un caos che secondo lui faceva sembrare “il mondo brutto, confuso e inquietante”. Alludono agli anni Sessanta anche il radio fonografo, che richiama da vicino l’RR 126 progettato dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Brionvega nel 1964, le lampade, ispirate a diverse icone del design tra cui la Flowerpot disegnata nel 1968 da Verner Panton e oggi prodotta dal marchio danese And Tradition, il tostapane vintage della Smeg e la Cadillac rosa fiammante parcheggiata nel vialetto.
Barbiecore e design
Altri dettagli, come il letto – a forma di cuore, con la testiera di velluto a forma di conchiglia e il copriletto glitterato – o il divano modulare a onda, si inseriscono nell’estetica Barbiecore che, come tendenza nella moda e nella decorazione di interni, ha addirittura anticipato l’uscita del film. La bambola più venduta nel mondo, all’anagrafe Barbara Millicent Robert in omaggio al nome della figlia della sua creatrice, ha d’altronde sempre vissuto in ambienti al passo coi tempi. Un libro uscito lo scorso anno, Barbie Dreamhouse: An Architectural Survey, edito da PIN-UP Magazine e dalla stessa Mattel, ricostruisce l’evoluzione delle residenze di Barbie in parallelo con quella del gusto con il contributo di accademici e designer. Il periodo di riferimento va dal 1962, l’anno dell’uscita della prima Casa dei Sogni in cartone, poco rosa ma piena di libri oltre che di accenni modernisti, fino al 2021, in cui viene proposto un “Fun Palace” dotato di mobili trasformabili e di scivolo che potrebbe essere paragonato alle collab house, le case-sfondo abitate da influencer e creatori digitali. A emergere è il lento passaggio dall’eleganza Mid-Century al postmoderno, e da lì al paesaggio meno omogeneo dell’architettura contemporanea, con influenze che arrivano dal mondo dei social, dal cinema e dalla moda.
Giulia Marani
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