La storia del profumo Chanel N°5 e perché fu così rivoluzionario

Esiste da più di 100 anni. Non è un semplice profumo, piuttosto il finale di una storia da raccontare. Fatta di astuzia e ingegno, a metà tra Francia e Russia

Il profumo è l’invisibile, indimenticabile, ultimo accessorio della moda, quello che preannuncia il tuo arrivo e prolunga la tua partenza”. Almeno questa è la definizione di Coco Chanel, che ha rivoluzionato a suo tempo il fashion system attraverso una fragranza radicalmente differente dalle altre in commercio. Per l’intuizione e per tutti coloro che sono stati coinvolti, quella del celebre Chanel N°5 diventa una storia tutta da raccontare.

Le origini del profumo Chanel N°5

Il profumo che porta il nome della stilista francese deve molto al granduca russo Dimitri Pavlovic, cugino dello zar Nicola II esiliato dal proprio paese per aver istigato l’omicidio di Rasputin. Prima fu amante di mademoiselle Coco, poi divenne suo amico perché preferì sposarsi con una ricca ragazza americana. Mentre si frequentava con Coco, viaggiò molto insieme a lei e in una delle loro avventure romantiche a Grasse, nel 1920 circa, decise di presentarla al chimico Ernest Beaux, impiegato presso la corte degli zar a San Pietroburgo. Tra i campi di fiori della Provenza, nasce l’idea di produrre un profumo per la maison Chanel.

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Chanel N°5

Perché il profumo Chanel N°5 si chiama così?

Altre case di moda ci avevano provato senza riuscirci veramente, realizzando fragranze composte solo da essenze naturali come da tradizione. Beaux, invece, propone a Coco di sperimentare l’uso delle aldeidi, una sostanza sintetica che esalta le note cipriate e ariose delle essenze prolungandone la durata sulla pelle. Dopo aver visionato e annusato i campioni sottoposti dall’esperto, Coco punta tutto sul N°5, che dà anche il nome al profumo. “Non voglio nessun olezzo di rose o mughetto“, aveva precisato Coco, “voglio un profumo elaborato“. Il chimico russo affermò di essersi ispirato “alla brezza meravigliosamente fresca esalata dai laghi e dai fiumi sotto il sole di mezzanotte“, cercando di replicare la sensazione provata in guerra durante una spedizione tra le regioni del Polo Nord. L’esito? Qualcosa che ricorda la femminilità, a tratti la sensualità (e nessun fiore).

La presentazione insolita del profumo Chanel N°5

Quando il profumo fu realizzato in collaborazione con la ditta Rallet, la stessa dove lavorava Ernest Beaux e che riforniva la corte russa, Coco decise di evitare eventi o party per il lancio della prima fragranza firmata Chanel. Piuttosto lo fece provare ad amiche e clienti, regalandolo pure ad alcune, facendo girare la voce di quel prodotto unico nel suo genere. Una strategia di marketing ben studiata, diremmo adesso, ed effettivamente lo era: il 5 maggio 1921, il quinto giorno del quinto mese dell’anno, venne messo in vendita e le scorte terminarono. A quel punto la stilista decise di cambiare fornitore perché la domanda cresceva giorno dopo giorno. E bisognava aspettarselo, la sua era già una maison affermata tra Europa e Stati Uniti.

La boccetta lineare e “cubista” del profumo Chanel N°5

Ciò che rende Chanel N°5 inimitabile è anche la boccetta che lo racchiude. Può sembrare lineare, forse troppo, ma il rigore delle bottiglie da farmacia, decorate da un’etichetta rettangolare sui toni del bianco e del nero, ricorda l’arte cubista (Coco era amica di Picasso come di altri artisti del movimento, accogliendoli persino a casa sua); e il tappo, col suo taglio a smeraldo, si ispira alla forma geometrica del Place Vendôme di Parigi. La confezione rispettava a pieno la semplicità della moda femminile pensata da Coco, e non poteva essere altrimenti la presentazione del profumo che ha consentito alla stilista di creare un impero basato su vestiti e cosmetici.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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