“Nelle cave di Carrara c’è una attività rapace fuori tempo massimo” dice un artista
La montagna è di tutti e l’essere umano sta distruggendo l’ambiente. L’importante artista italiano Luca Bertolo scrive al Sindaco di Seravezza e invita a riflettere sui rischi del climate change e della privatizzazione dello spazio pubblico
La ditta Henraux spa di Querceta, anche nota per le numerose commissioni legate all’arte contemporanea, per il Premio omonimo e per la sua collezione, ha assunto – nonostante le proteste dei cittadini e degli ambientalisti – la proprietà delle cave di marmo sulle Alpi Apuane, in provincia di Lucca. L’artista Luca Bertolo scrive una lettera al Sindaco di Seravezza Lorenzo Alessandrini per riflettere sull’accaduto, sul tema dello spazio pubblico e sulle sfide che il cambiamento climatico pone.
Caro Sindaco,
lo scorso 1° luglio il consiglio da lei presieduto ha approvato una proposta di accordo con la ditta Henraux, che dovrebbe mettere fine a un contenzioso pluridecennale su alcuni terreni montuosi nel comune di Seravezza in provincia di Lucca, storicamente destinati agli usi civici, e dunque di proprietà collettiva, ma utilizzati finora da questa ditta, con o senza permessi, per l’escavazione del marmo. La mattina successiva i quotidiani locali titolavano : “Accordo storico sull’Altissimo [monte, ndr]. Così le cave diverranno proprietà dell’Henraux”.
Le proteste dei cittadini di Seravezza
Caro sindaco, vorrei qui lasciar perdere i dettagli e le polemiche che da settimane rimbalzano sui social, gonfiandosi ad ogni passaggio di maggiori inesattezze, malintesi, o semplici perfidie. Sorvolerò anche sugli epiteti memorabili – “ambientalisti de noiantri, menzogneri, sepolcri imbiancati, odiatori di professione” – con cui lei in quella sede ha voluto ridicolizzare i cittadini che nel frattempo sfilavano in strada per dimostrare civilmente il loro dissenso.
Caro sindaco, vorrei invece partire non già da qualche sua mancanza, bensì da alcune sue qualità: competenza e abilità nel gestire i compromessi, virtù politica per eccellenza.
Partiamo dalla prima. L’ho ascoltata parlare più di una volta e debbo dire di essere rimasto sinceramente colpito dalla sua conoscenza di ogni dettaglio storico, giuridico, geografico e anche tecnico (tipo di escavazione, qualità geologiche del materiale lapideo, numero di tonnellate escavate, fasce di prezzo etc).
L’accordo con la Henraux
Mi creda, caro sindaco, sono rimasto non meno affascinato dalla sua abilità nel trovare materia di compromesso, vero o apparente, in questioni che sembrerebbero polarizzare senza via d’uscita le opinioni dei cittadini. Per dirne una, lei ci ha spiegato che un tale accordo sarà vantaggioso economicamente, almeno a breve termine, sia per la ditta di escavazione che per l’amministrazione comunale e dunque per i cittadini. La politica è pur sempre la capacità di trovare vie d’uscita.
A questo punto, caro sindaco, vorrei proporle un cambio di prospettiva. Immaginiamo di sollevarci da terra su di un elicottero e guardiamo il paesaggio dall’alto: ecco, là si vede bene il monte Folgorito, poi l’Altissimo, il Corchia. Tutte le Alpi Apuane se ne stanno impettite in fila indiana. Quella che sembra neve è marmo e tutto intorno boschi e boschi. Più in là la Liguria, e appena dopo la Francia. Il cielo è azzurro e l’aria cristallina.
E il mare, quanto mare. Che meraviglia. Scendiamo a terra, fa un caldo terribile…
Il tema del climate change
Caro sindaco, dopo decenni di allarmi inascoltati da parte dell’intera comunità scientifica internazionale, pare che molti dei cittadini più indifferenti, molti dei giornalisti più incapaci, molti degli imprenditori più cinici, molti dei politici più meschini abbiano infine messo a fuoco il fatto che il nostro pianeta si trova in una situazione delicata. La Terra, come si usa dire, sta già presentando il conto: raccolti distrutti da ondate di calore sempre più lunghe, tifoni e nubifragi sempre più frequenti, incendi a macchia d’olio. Milioni di chilometri quadrati di territorio si desertificano e milioni di esseri umani migrano altrove per sopravvivere. Non so se lei abbia figli o nipoti, io sì. Quando l’ultimo ghiacciaio si sarà sciolto, le formiche continueranno a prosperare; dopo l’ennesimo incidente a un reattore nucleare, querce e licheni riprenderanno a crescere vigorosamente. Quando l’ultimo terreno pubblico sarà stato privatizzato, sfruttato e restituito inutilizzabile, ratti e scarabei ci faranno le loro tane. In generale – questo è il punto – il problema della sopravvivenza riguarda noi esseri umani. Delle nostre condizioni di esistenza si occupano in ultima analisi i cosiddetti ambientalisti, non di quelle della stella alpina, della capra nana o del panda gigante. Al pessimismo della ragione dobbiamo associare molto ottimismo del cuore, poiché secondo alcuni l’ultimatum che il buon Dio ci avrebbe dato per pentirci e cambiare condotta sarebbe già scaduto.
La vita dell’Homo Sapiens sulla Terra
Caro sindaco, forse lei troverà questi toni eccessivamente apocalittici. Immagino non sia il solo. E poi cosa c’entrano pochi ettari di montagna pietrosa “buona solo per le capre” con la fine del mondo? Risaliamo in elicottero. L’aria è oggi così limpida che da quassù, a guardar bene, si riesce a vedere anche il passato: una, dieci, cento generazioni fa… Dicevamo degli esseri umani. Se fossimo stati solo la specie di mammiferi più avida e boriosa non ci saremmo cacciati in questo pasticciaccio. Siamo troppi e produciamo una quantità mostruosa di scorie di ogni genere. Ma c’è di peggio: siamo troppo intelligenti. Parlo dell’intelligenza che ci ha permesso di calcolare con buona precisione il raggio terrestre già più di duemila e fa, di costruire le cattedrali gotiche, l’intelligenza che ha progettato la bomba atomica e gli smartphone. È lo stesso tipo di intelligenza grazie a cui si è potuto razionalizzare la produzione e la distribuzione di merci, creare un’economia dell’accumulo, una finanza regolata da algoritmi, un sistema che permette oggi a una manciata di individui di possedere tanto denaro quanto quello di un miliardo di persone. Potrò sbagliare, ma mi pare che questa intelligenza sia stata un po’ sopravvalutata. Come scrive il biologo Stefano Mancuso, “si è calcolato che la vita media di una specie è di circa 5 milioni di anni. L’homo sapiens esiste solo da 300.000 anni; quindi, per raggiungere l’obiettivo, deve durare per oltre 4,7 milioni di anni (se scompare prima avrà provato di essere una specie stupida) e per farlo deve usare al meglio il suo cervello, diversamente da quello che ha fatto e sta facendo”.
Politica e futuro
Ed eccoci qui, caro sindaco. Cosa ce ne facciamo dunque della competenza e dell’abilità politica se non sono messe al servizio di una visione ampia, che immagini un futuro praticabile per le prossime generazioni – di ragazzi, non di panda? Cosa ce ne facciamo di un tipo di intelligenza incapace di riconoscere il valore di un territorio (l’unico che abbiamo) al di qua della sua immediata convertibilità in risorsa economica?
Caro Sindaco, vivo da oltre quindici anni in una delle belle frazioni montane del suo comune. Siamo ai bordi del parco delle Alpi Apuane, dove è comprensibile, per quanto fastidioso, che case e terreni siano sotto vincolo paesaggistico e i permessi per la costruzione di un minuscolo antibagno nel proprio giardino possano risultare più difficili da ottenere di quelli per costruire un supermercato in pianura. Anche per questo ogni mattina osservo con doppio sgomento la voragine che si allarga sul monte davanti a noi. Non che io non sappia apprezzare la durezza di questo paesaggio, testimonianza di un mondo duro, fatto di cavatori, artigiani specializzati e agricoltura di sussistenza. Ma quel mondo è finito. Il suono costante dei caterpillar e dei camion in transito coi blocchi di marmo; la scarsa regolamentazione e i pochi o inesistenti controlli dell’attività estrattiva; l’incredibile velocità con cui tonnellate di marmo vengono oggi escavate a fronte di miseri affitti o contributi o tasse comunali; il numero ormai esiguo di lavoratori coinvolti in tutta la filiera; i profitti dei pochi imprenditori massimizzati da una sempre maggior quantità di marmo sbriciolato in carbonato di calcio: come faccio a non percepire tutto questo come un’attività rapace fuori tempo massimo?
Caro sindaco, avrà capito che non ce l’ho in particolare con lei o con i suoi assessori, né con una ditta o l’altra in particolare. Ce l’ho con tutti noi, ancora incapaci di trovare un senso di marcia comune. E a proposito di rapaci: da quassù non è raro vedere una o due poiane che volteggiano sulla valle del Serra. Sono animali bellissimi, sembrano aquile. È tardo pomeriggio, i motori e le seghe sono state spente sulla cava Trambiserra. Tutto tace a parte le cicale. Le poiane si cullano su correnti d’aria ascensionali. Chissà che visioni hanno loro. Chissà se domani farà un po’ più fresco.
Luca Bertolo
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