L’arte generata dall’intelligenza artificiale non ha diritti d’autore, dicono negli Usa
La sentenza di un Tribunale di Washington, in piena linea con l'Ufficio del Copyright degli Stati Uniti, è che a queste opere non spetti alcuna protezione perché sono prive di “coinvolgimento umano”
Un nuovo tassello si aggiunge alla già complessa giurisprudenza che piano piano comincia a normare il rapporto tra intelligenza artificiale e mondo dell’arte. A margine delle numerose cause intentate per violazione del diritto d’autore nel corso degli scorsi mesi, e tutt’ora in corso, un giudice federale di Washington D.C. ha stabilito che le opere d’arte generate dall’intelligenza artificiale non possono beneficiare della protezione del copyright. La decisione, in piena linea con le affermazioni dello scorso marzo dell’Ufficio del Copyright degli Stati Uniti, è dovuta al fatto che questi lavori sono “immeritevoli di copyright” perché privi di “coinvolgimento umano”.
Niente copyright per le opere create dall’IA
Lo scorso 25 agosto il giudice Beryl A. Howell della Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia ha negato, nello specifico, la concessione della protezione del copyright a un’opera d’arte creata tramite Creativity Machine dallo scienziato informatico Stephen Thaler, che ha fondato la società di tecnologia di rete neurale Imagination Engines e progettato la stessa Creativity Machine. Thaler aveva citato in giudizio l’Ufficio del Copyright nel giugno 2022 dopo il loro rifiuto di proteggere l’immagine A Recent Entrance to Paradise (che ritrae un arco verdeggiante sopra dei binari ferroviari). Stando a Thaler, l’opera era stata “creata autonomamente da un algoritmo informatico in esecuzione su una macchina”: l’Ufficio del Copyright aveva trovato questa descrizione in contrasto con i principi fondamentali della legge sul copyright, che suggeriscono che l’opera deve essere il prodotto di una mente umana. “Thaler deve fornire la prova che l’opera è il prodotto della paternità umana oppure convincere l’Ufficio ad allontanarsi da un secolo di giurisprudenza sul diritto d’autore. Non ha fatto nessuna delle due cose”, avevano comunicato dall’Ufficio, che aveva anche respinto una richiesta simile a proposito delle immagini generate attraverso Midjourney (nonostante l’argomentazione dell’artista secondo cui il sistema faceva parte del processo creativo).
La nuova frontiera del diritto d’autore sull’intelligenza artificiale
La stessa opinione è stata sostenuta anche dal giudice Howell, in quella che è diventata la prima sentenza degli Stati Uniti (che ricordiamo, si rifanno alla Common Law, basata sui precedenti giurisprudenziali) che va a stabilire i primi confini delle tutele legali per l’arte generata dall’IA, il cui intensivo e popolare utilizzo – spesso gratuito per gli utenti – ha aperto a un panorama giuridico estremamente incerto. “Indubbiamente, ci stiamo avvicinando a nuove frontiere nel diritto d’autore poiché gli artisti inseriscono l’intelligenza artificiale nella loro ‘cassetta degli attrezzi’ da utilizzare nella creazione di nuove opere visive e altre opere artistiche”, ha detto il giudice. D’altra parte, Howell ha anche aggiunto che “questo caso in particolare non è poi così complesso” perché Thaler (che ora farà ricorso) aveva dichiarato nella propria richiesta di copyright di non essere stato direttamente coinvolto nella generazione dell’opera.
Giulia Giaume
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