La storia di Villa Litta e del suo giardino di meraviglie alle porte di Milano
La città metropolitana di Milano è coronata di ville gentilizie di campagna, gioielli di arte, ingegno e paesaggio. A Lainate ce n’è una che ha affascinato letterati, artisti e poeti; e ancora oggi sorprende con il suo ninfeo e i giochi d'acqua
Milano è una città peculiare, che non si è sviluppata lungo una direzione longitudinale seguendo l’orientamento di un grande fiume. Eppure l’acqua è onnipresente in città e nell’area che la circonda, e come un albero la città ha seguito uno sviluppo organico, per cerchi concentrici, dall’ipercentro costituito dal Duomo (e come potrebbe essere altrimenti?) verso la periferia. Questo ha prodotto un fenomeno tipico della città meneghina: il fitto tessuto edilizio che fino a qualche decennio fa caratterizzava l’intero centro cittadino. Le numerose residenze gentilizie milanesi, pertanto, avevano come pendant una villa nella fertilissima campagna circostante, caratterizzata da innumerevoli fontanili spontanei e piccole vie d’acqua in grado di alimentare giardini, orti e coltivazioni di ottima qualità.
Le ville gentilizie nella campagna intorno a Milano
Le ville gentilizie che costellano come una vera e propria corona di delizie la città metropolitana sono un’occasione straordinaria per scoprire la storia e le alterne fortune delle grandi famiglie milanesi, le cui sorti spesso dipendevano dal favore (o meno) concesso dalle potenze di turno.
Di recente è stata ad esempio restaurata la straordinaria Villa Arconati di Bollate, esempio di residenza gentilizia di campagna che ha più affinità con un palazzo reale che non con un edificio rurale, tant’è vero che è popolarmente nota come il “Castellazzo” per via delle dimensioni monumentali.
Un altro complesso che esemplifica in maniera eccellente questa unicità milanese è Villa Litta di Lainate, risalente a un periodo ben preciso, la Milano del XVI secolo, che aveva a che fare con le direttive del cardinal Carlo Borromeo e con la sua “nuova estetica” della Controriforma.
I precedenti di Villa Litta di Lainate: il modello della villa di delizie
Nonostante il nome moderno con il quale è comunemente nota, il nome completo dell’edificio ci mette sulla buona strada per comprenderne meglio il contesto storico culturale: i lavori per la costruzione di Villa Visconti Borromeo Arese Litta iniziarono nel 1585. Il mecenate che la ispirò fu Pirro Visconti Borromeo, guardando alle ville toscane dell’epoca. In particolare Lorenzo de’ Medici era solito risiedere per lunghi periodi nella salubre tenuta della villa medicea di Careggi, dove si riuniva l’Accademia Neoplatonica o il Cenacolo di Marsilio Ficino; mentre qualche decennio più tardi, nel 1576, a Roma Ferdinando de’ Medici acquistava la tenuta sul Pincio che prenderà il nome di Villa Medici. E nel 1583 il papa Gregorio XIII Boncompagni decise di finanziare con ben 20mila scudi la realizzazione di un edificio disegnato dall’architetto Ottavio Mascarino: la villa sarebbe sorta sulla proprietà Carafa sul colle del Quirinale. La proprietà era ricca di giochi d’acqua, di fontane e di organi idraulici che sorprendevano i visitatori. Ai decenni precedenti, invece, risalivano gli esempi di Villa d’Este a Tivoli, ideata da Ippolito d’Este, e la deliziosa Villa Giulia a Roma, voluta dal papa Giulio III nel 1551 e oggi sede del Museo Nazionale Etrusco. Erano sogni di natura e di architettura, di giardini e di logge ariose.
La fortuna di Villa Litta di Lainate
Questo era il mondo che Pirro Visconti Borromeo desiderava emulare, e il suo sogno appena fuori Milano ebbe un successo strepitoso, tanto che Vincenzo Scamozzi, architetto vicentino continuatore dell’opera di Andrea Palladio, nel suo saggio Idea dell’architettura universale del 1615 descrisse i giochi d’acqua in questi termini: “Non meno di honorevolezza, che di comodità, e bellezza apportano le fontane, che si fanno per via di Loggie, e Portici, e Stanze, e Grotti Portici sotto, e sopra in terra in volto, e selicate de’ Ciottoli, e rinvestite, de Tuffi, e altre materie impetrite in varie forme dalla Natura: e poi adornate quà e là di Nicchie con Statue di pietra, e talhor di metallo; le quali per via di spilli gettino, e spruzzino le acque, come si trovano in molte Vigne di Roma”.
Qualche decennio dopo, nel 1666, Galeazzo Gualdo Priorato conferma che già allora l’edificio di Lainate era visto come un vero e proprio capolavoro dell’architettura, grazie al suo delizioso giardino, descrivendo con entusiasmo il “sontuoso, e a meraviglia vago palazzo del Conte Pirro Visconte Borromeo, con giardini, fontane, giuochi d’acque, e altre delitie non inferiori a qualsiasi altro luogo d’Italia”.
Anche il “milanese” d’adozione Marie Henri Beyle Stendhal era innamorato della villa di Lainate. Così ne parla nel suo libro “Rome, Naples et Florence” del 1817:
“Leinate, un giardino pieno di elementi architettonici, di proprietà del Duca Litta, mi è piaciuto … Conviene guardarsi bene dal passeggiare soli a Leinate; il giardino è pieno di getti d’acqua fatti apposta per inzuppare gli spettatori. Posando il piede sul primo gradino di una certa scala, sei getti d’acqua mi sono schizzati tra le gambe”.
Queste parole sono perfettamente attuali: chi visita la villa Litta Visconti Borromeo di Lainate resta sorpreso dal ninfeo, e dagli inattesi e garruli giochi d’acqua delle fontane nascoste.
Villa Litta e gli artisti dell’Accademia dei Facchini
Quello sognato da Pirro Visconti Borromeo era un mondo in cui la natura non era una tabula rasa in cui inserire un aggressivo elemento umano, ma al contrario, andava valorizzata con un attento disegno. Questo è il fascino del progetto realizzato probabilmente dall’architetto Martino Bassi, autore di alcune delle più belle architetture sacre della Milano cinquecentesca. Bassi lavorò al cantiere del Duomo, ma i suoi trionfi principali sono gli interventi alla basilica di San Vittore al Corpo a Milano, alla lunga navata di Santa Maria della Passione, alla superba facciata in marmo di Carrara della “chiesa delle spose”: Santa Maria presso San Celso. Sempre del Bassi è anche il disegno della nuova cupola di San Lorenzo alle Colonne, la cui antichissima cupola, simbolo e orgoglio della Milano medievale, era crollata per via di un incendio nel 1573.
Eppure Martino Bassi era solamente uno dei protagonisti del Cenacolo culturale noto con il colorito nome di Accademia dei Facchini della Val di Blenio, nata a Milano nel 1560, che aveva nella figura del mecenate Pirro Visconti Borromeo un suo ispirato finanziatore. Pirro promosse il lavoro di Bernardino Campi, e chiamò a lavorare alla villa di Lainate artisti della caratura di Camillo Procaccini e Pier Francesco Mazzucchelli, meglio noto come il Morazzone, autore forse degli affreschi dell’atrio e in due stanzette del livello superiore. Quello dell’Accademia dei Facchini della Val di Blenio era un mondo che aveva enormi ambizioni artistiche, e alla cui guida si trovarono personalità straordinarie, come quella di Giovanni Paolo Lomazzo, grande pittore, ammiratore di Leonardo da Vinci e sommo trattatista. A lui, che potremmo ben definire il “Vasari” lombardo, dobbiamo il Trattato dell’arte de la pittura del 1584, in cui troviamo numerose e preziosissime testimonianze del periodo milanese di Leonardo da Vinci. Si sa infatti che il Lomazzo lesse gli appunti che Leonardo aveva steso per il suo Trattato della pittura, grazie all’amicizia con Francesco Melzi, allievo del genio toscano.
Villa Litta, dal Cinquecento al presente
Tutte queste ispirazioni convergono nel progetto della villa di Lainate, che verrà poi completata nel Settecento da Giulio Visconti Borromeo: nel 1720 decise di erigere il corpo principale, il “quarto nuovo” che si può vedere alla sinistra della corte d’onore, entrando nell’edificio. Poi, il marchese Pompeo Litta, nel secondo Settecento, decise di aggiornare le facciate del ninfeo secondo l’estetica della “finta ruina” tipica dell’epoca. L’ultimo intervento alla villa di Lainate si colloca all’inizio dell’Ottocento, quando l’architetto ticinese Luigi Canonica realizzò un boschetto all’inglese.
Nel 1932 Alberto Toselli compra la villa e inizia i primi lavori di restauro e manutenzione. Ma solo l’acquisto da parte del Comune di Lainate nel 1971 darà il là a lavori di restauro su larga scala, che hanno consentito il ritorno alla fruizione pubblica del bene.
Oggi, soprattutto d’estate, è un piacere esplorare i suggestivi ambienti ombreggiati del ninfeo con i suoi giochi d’acqua e le sue decorazioni in ciottoli di fiume, che a un primo sguardo ricordano quelle della fontana dell’organo dei giardini del Quirinale, ideata da Ippolito II d’Este. Al tempo stesso, le decorazioni elegantemente bicrome e la disposizione “a mosaico” riportano agli ambienti delle Grotte del Palazzo Borromeo sull’Isola Bella.
“Omnia ad empyreo”, si legge al centro dell’affresco sulla volta di una delle sale più grandi dell’edificio, opera di Camillo Procaccini. L’espressione latina significa “tutto scende dal cielo”. In effetti, anche questo incredibile paradiso terrestre alle porte di Milano sembra calato dal cielo: un miracolo di arte, natura e architettura.
Thomas Villa
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