Il bosco come palcoscenico. Storia e produzioni del progetto Teatro Selvatico
Il mondo contadino, la ricerca su un pre-teatro, una sede che è stata un convento, poi un bordello e poi abitata da una strega. La storia di un progetto multidisciplinare che si sviluppa tra workshop, laboratori e grazie a un festival
“Ci piace definirci una comunità transitoria che offre disservizi. Nel nostro spazio, le docce sono fredde, i bagni compostabili, l’alloggio è una tenda all’aria aperta e durante i laboratori ci sporchiamo di terra. Crediamo fortemente che la fatica sia uno strumento di crescita, meno hai e più ti ritroverai in cerca di qualcosa”. Con queste parole, il formatore teatrale Isacco Caraccio Anghilante introduce Teatro Selvatico, il progetto, nello stabile di Torre Mondovì, in Piemonte, da lui fondato nel gennaio 2020 insieme a Marta Maltese e Alessio Lazzaro che si avvale dell’interazione con ambienti naturalistici per stimolare la resistenza psicofisica, l’ascolto sensoriale, la presenza consapevole all’interno di uno spazio abitato da una ricca biodiversità.
Non c’è alcuna pretesa di rivoluzione nelle azioni performative e formative di Teatro Selvatico, piuttosto il desiderio di un ritorno alla terra che si realizza intrecciando la visione di un pre-teatro espressivo con la proposta di pratiche mutuate dal mondo contadino. E proprio dagli agricoltori e dai boscaioli del suo paese natale, Caraccio riferisce con orgoglio di aver appreso lo sforzo fisico e la tenacia osservando i contadini di Sampeyre nella cura dell’orto, nella lavorazione del terreno o nella costruzione di una diga. Quell’energia rituale, quell’antica gestualità, quell’umile presenza nel paesaggio rurale sono alcuni degli elementi di cui il collettivo si è riappropriato, continuando a cercare e sperimentare uno stile performativo “selvatico”.
I workshop della casa di Torre Mondovì
I temi che attraversano questa ricerca prendono dunque le distanze dall’attitudine addomesticata dell’essere umano, sperimentando la cecità “per vedere meglio”, la nudità e l’istinto sensoriale, il silenzio ma anche il canto come richiamo dello stormo. I loro workshop si svolgono infatti nella casa di Torre Mondovì (CN) e nel paesaggio circostante: il bosco, il fiume, la grotta, la stalla e i tre ettari di terreno sono le scenografie spontanee che ospitano gli incontri organizzati durante l’anno. Sono numerose, però, anche le attività realizzate fuori dal Piemonte e progettate dalle “sentinelle” di Teatro Selvatico. Oltre ai nove membri del collettivo, infatti, la comunità transitoria menzionata all’inizio da Caraccio unisce soci, amici selvatici e volontari, molti dei quali – le sentinelle, appunto – contribuiscono a nutrire e ampliare l’offerta culturale del gruppo organizzando eventi nella propria città o attivando altre collaborazioni sul fronte della ricerca e della didattica. Un meccanismo che permette di assecondare l’indole nomade del gruppo, a cui sono cari i concetti di migrazione e di casa temporanea.
Ogni anno il progetto si apre a nove vincitori delle borse di studio che, oltre all’accesso gratuito a tutti i training, hanno l’opportunità di essere formati sul piano della progettazione culturale, del marketing e della comunicazione. E se il baricentro professionale di Teatro Selvatico è sicuramente quello performativo e teatrale, vi sono però anche altre professionalità che partecipano alla vita del progetto, dall’immancabile lavoro di grafici, fotografi e progettisti, a quello di antropologi, psicologi e architetti.
Le produzioni teatrali di Teatro Selvatico
A Isacco Caraccio Anghilante si deve inoltre l’ideazione delle produzioni teatrali di Teatro Selvatico, un altro importante tassello che si aggiunge alle esperienze dei laboratori intensivi e delle residenze artistiche. Tra i principali eventi autobiografici, il fondatore del collettivo vanta la partecipazione all’edizione 2019 del F.L.I.P.T. il Festival Interculturale di Pratiche Teatrali organizzato dal Teatro Potlach di Fara In Sabina, dove risulta uno dei sedici artisti selezionati per partecipare alla masterclass con Eugenio Barba. E proprio dalla visione di Eugenio Barba, Jodorowsky, Sista Bramini e altri maestri apprende alcune delle pratiche che riporta poi nei workshop di Teatro Selvatico e, soprattutto, nelle performance. Una delle più recenti, Voci dal micelio, nasce dalla lettura del testo di Merlin Sheldrake L’ordine nascosto – la vita segreta dei funghi e approfondisce il tema della pervasività di questi organismi di cui conosciamo solo il 6% delle specie ma che sono presenti ovunque, nel nostro corpo, nel sottosuolo, nell’aria che respiriamo e nelle acque degli oceani. La regia dello spettacolo è fortemente integrata con il paesaggio che ne ospita la rappresentazione, come d’altronde tutto il lavoro di ricerca del collettivo, e intende stimolare l’empatia nei confronti di soggetti non umani per ribaltare l’ordinaria gerarchia delle relazioni affettive.
Il programma dell’Hemera festival
Lo spettacolo andrà in scena durante l’Hemera festival. Oltre l’umano, la festa di Teatro Selvatico nelle Valli Monregalesi del Piemonte che quest’anno giunge alla sua terza edizione. Laboratori di scultura e teatro, performance sul fiume, meditazioni, pittura rituale, talk, letture di poesie e concerti nella grotta: queste le attività che si svolgeranno dall’8 al 10 settembre 2023 a Torre Mondovì e tutte mirate all’esplorazione delle interconnessioni tra forme di vita. Ma perché un festival nel bosco? Per rieducare il corpo a stare in natura, recuperando e celebrando quell’ancestrale ascolto del paesaggio tanto caro alla mitologia e alla simbologia delle antiche comunità tribali. “Se abbiamo bisogno di nuovi miti perché non ci riconosciamo più in quelli passati, dobbiamo ricostruirli attraversando ciò che è vero e reale. Le erbe selvatiche, i funghi, le creature del bosco sono esistenze umili e potentissime, e noi vogliamo parlare di umiltà, partendo dai nostri nomi e dalle nostre storie”.
Asia Neri
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