Il Sudafrica è primo per Pil tra i Paesi africani, ma anche primo al mondo per i decessi dovuti all’Aids. Primo nel continente per la rete infrastrutturale, primo per le telecomunicazioni, primo nell’estrazione di minerali preziosi; ma disoccupazione e analfabetismo restano alti. Le lingue ufficiali parlate sono 11, i gruppi etnici almeno 4, le religioni principali 5. A Johannesburg (12 milioni di abitanti) fioriscono gli shopping mall e si muove la cultura: durante una cena a casa di italiani come per incanto si è materializzato l’artista Pietro Ruffo, presente grazie a una residenza artistica alla fondazione Nirox.
A Johannesburg il parco macchine è impressionante: Lamborghini e Porsche, Mercedes e Lexus sfrecciano lungo la strada a quattro corsie che porta all’aeroporto. Anche Ferrari, che girano senza targa perché con 50 dollari i poliziotti chiudono gli occhi, cosa che non accade alle telecamere di sicurezza che stanno un po’ dovunque.
Già, perché qui la sicurezza è un problema. Nelson Mandela ha 94 anni e la sua prima casa a Soweto oggi è una meta turistica. A Soweto ci si sente sicuri, ma ad Alexandra, nella zona nord est della città, nessuno osa avventurarsi. Anche a Sandtone, l’hub finanziario più forte del continente, dagli alberghi a cinque stelle, dopo il tramonto è sconsigliato uscire senza un taxi con motore acceso all’ingresso. La presenza della microcriminalità pesca nel vasto bacino della prima immigrazione. Viene da popolazioni dei paesi limitrofi al Sudafrica che hanno vissuto guerre e carestie e cercano in ogni maniera di sopravvivere. Ondate di diseredati provenienti dal Mozambico, dal Malawi e dallo Zimbabwe…
Eppure non mancano progetti politici illuminati. È il Sudafrica la nazione leader del SADC (Southern Africa Development Community) già oggi zona di libero scambio ed entro il 2016 mercato unico con moneta unica per i 14 Stati partecipanti. Di più. Con l’Egitto nell’incertezza e la Libia senza più identità, il Sudafrica si candida oggi alla leadership dell’Africa intera. Certo le pelli di leopardo che Jacob Zuma esibisce sovente in alternativa alla divisa da manager fanno uno strano effetto, ma non bisogna dimenticare che questo nero di origine zulu è il terzo presidente di una Repubblica che ha saputo gestire un processo di transizione dall’apartheid alla democrazia su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo.
Aldo Premoli
trend forecaster
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9
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