A Milano è comparsa una Madonnina nelle acque della Darsena
L'installazione di protesta dell'artista Fabrizio Spucches, che rievoca un progetto pronto ma mai approvato, è pensata per far riflettere sul cambiamento climatico. Chiamando in causa l'Arciprete di Milano
Sono molti i luoghi in cui abbiamo visto comparire la Madonnina del Duomo di Milano, da Expo 2015 al Palazzo della Regione Lombardia, ma mai era comparsa a pelo dell’acqua nel bel mezzo della Darsena. Quella emersa dallo specchio d’acqua della movida milanese alle 19 di venerdì 8 settembre 2023 non è però una visione, ma il progetto installativo a sorpresa Souvenir del fotografo e artista Fabrizio Spucches, che richiama l’attenzione sul cambiamento climatico a un mese di distanza dai nubifragi che hanno stravolto la città. E che chiama in causa l’Arciprete di Milano.
La Madonnina “pirata” nella Darsena di Milano
Questa Madonnina, pensata per fare capolino dalla Darsena come se il resto dell’edificio vi fosse sommerso, è una apparizione “pirata”, perché Spucches ha deciso di realizzare il progetto nonostante gli siano stati negati (per un soffio) i permessi per farlo. L’operazione era inizialmente prevista a luglio 2023 come punto di avvio di una raccolta fondi a favore delle popolazioni alluvionate del Pakistan; nonostante lo stato dei lavori avanzato e il via libera delle autorità e istituzioni competenti, però, l’installazione era stata bloccata a due giorni dall’inaugurazione dall’Arciprete di Milano, il monsignor Gianantonio Borgonovo. Il motivo? “Ragioni connesse alla mercificazione dell’immagine della Madonnina”.
La risposta di Fabrizio Spucches al monsignor Borgonovo
Allora è arrivata la reazione di Spucches, che è prima di tutto una provocazione, insieme a una lettera di fuoco indirizzata proprio al monsignore. Che si apre così: “Caro Monsignor Borgonovo, sembra inutile, perché tutti conosciamo la terribile situazione, ripetere quanto il cambiamento climatico sia un problema sempre più grave e sempre più attuale. Eppure, per altri motivi, è stato inutile ripeterlo a lei”. La lettera continua, ricordando la genesi dell’opera: “Per uno strano gioco del destino, proprio nei giorni in cui il clima metteva in ginocchio Milano con un nubifragio, un’installazione che avevo progettato avrebbe dovuto essere esposta in un punto nevralgico della nostra Città: una copia del simbolo più rappresentativo, la nostra Madonnina, doveva emergere dalla Darsena, come se Milano si fosse svegliata completamente allagata. Lo stavamo progettando da mesi: finanziato con fondi dell’Unione Europea, patrocinato dal Comune e promosso e organizzato da un’importantissima associazione umanitaria, che attraverso questa operazione avrebbe fatto una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi per le popolazioni del mondo che, a causa dei cambiamenti climatici, hanno visto la loro vita andare in frantumi. Era tutto pronto: architetti e ingegneri avevano messo in sicurezza l’operazione, straordinari artigiani avevano replicato la statua, decine di persone avevano lavorato all’organizzazione di questa operazione. Lei, però, ha deciso di porre un categorico veto: ‘La figura della Madonnina non si mercifica’. Nemmeno per raccogliere fondi per gli ultimi, per donne e bambini disperati”.
Quindi la scelta, irriverente, di andarsi a comprare una replica della Madonnina dallo shop ufficiale della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, da cui la decisione di intitolare il progetto Souvenir: “Mentre mortificato dal suo divieto passeggiavo in Piazza Duomo, ho pensato che dovete avere un senso del concetto di “mercificazione” diverso dal mio, perché in pochi metri ho incontrato centinaia, migliaia di souvenir della Madonnina. Solo nel vostro shop ufficiale ci sono modellini di diverse dimensioni, oltre al fatto che l’effigie della Madonnina è riprodotta su tazze, profumi e persino alcolici. E sa che ho pensato? Che il peccato più grande sia invece stare con le mani in mano: così ho comprato proprio da voi il modello più prezioso, una Madonnina in bronzo da 790 euro, e l’installazione l’ho fatta ugualmente”.
Dura, ma ironica, la chiosa della lettera: “Quella che avevano realizzato i nostri artigiani, alta più di quattro metri, giace in un magazzino. Forse se anche su quella avessi inizialmente riconosciuto una royalty a voi sarebbe andata diversamente, ma questo non lo sapremo mai. Da questa che ho comprato nei vostri shop “ufficiali” chissà quanto guadagnate. Non mi interessa; l’unica cosa che mi importa è che questo piccolo gesto contribuisca a portare in luce, oltre al tema iniziale che mi ero proposto, anche la necessità di rivedere il vocabolario alla voce ‘mercificazione’”.
Giulia Giaume
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