Cento anni fa moriva Gustave Eiffel. Storia e mito della Torre Eiffel
L’ingegnere francese viene celebrato a Parigi con una mostra e con un percorso attraverso i luoghi che raccontano la sua genialità. A partire dalla Tour Eiffel, che custodisce molti aneddoti e curiosità
C’è una storia, certo non inedita, ma finora indagata soprattutto dagli addetti ai lavori che è emersa nell’anno in cui si celebra il centenario della morte di Gustave Eiffel (Digione, 1832 – Parigi, 1923). Il nome dell’ingegnere è legato indissolubilmente alla torre diventata il simbolo di Parigi, ma c’è il suo zampino anche in un’altra opera iconica che sta dall’altra parte dell’Atlantico, la Statua della Libertà. L’opera donata dalla Francia agli Stati Uniti per celebrarne i cento anni di indipendenza è, come noto, opera dello scultore alsaziano Auguste Bartholdi, ma la sua struttura portante interna venne progettata dall’atelier di Gustave Eiffel.
Gustave Eiffel e la Statua della Libertà
Fu lo stesso Bartholdi a rendersi conto, nel corso della progettazione e dopo un sopralluogo a New York, che una statua alta 46 metri posta su un altissimo basamento in una rada battuta da forti venti avrebbe avuto bisogno di una solida ossatura per non cedere. In un primo momento si rivolse a Viollet-le-Duc (che immaginò una struttura in muratura), ma alla morte di quest’ultimo nel 1879 il progetto si arenò. Bartholdi concentrò allora l’attenzione sull’ingegnere di 46 anni, che vantava già una solida reputazione nel settore delle costruzioni in ferro. Nel lavoro di progettazione Eiffel fu assistito da un altro giovane e brillante ingegnere, Maurice Koechlin (1856-1946), un nome che avrà poi una parte importante anche nella realizzazione della torre per l’Esposizione universale del 1889. In pratica, nell’atelier Eiffel si costruì quella che sarebbe stata la colonna vertebrale di Lady Liberty. Alcune bellissime fotografie d’archivio hanno immortalato la costruzione dell’enorme statua a Parigi negli atelier Gaget, Gauthier et Co. nei pressi dell’attuale Parc Monceau: nel maggio del 1884 i parigini, posto l’ultimo rivetto, videro la statua svettare sulle basse case del quartiere, dopo due anni e otto mesi di lavoro. L’opera verrà poi rismontata per essere inviata via nave in America e trovar posto dove ancora oggi la possiamo ammirare. Va detto che il rapporto fra l’artista Bartholdi e l’ingegner Eiffel non fu scevro da incomprensioni: lo scultore badava al risultato estetico e alcune modifiche vennero apportate al progetto di Eiffel per rendere il braccio che regge la fiaccola più slanciato. A quanto attestano i documenti non si arrivò mai allo scontro: per Bartholdi la Statua della Libertà era l’opera più importante della sua vita professionale, per Eiffel soltanto una delle tante commissioni che lo impegnavano in quegli anni, e non fu presente nel 1886 a New York all’inaugurazione. Stava già lavorando alla torre alta 300 metri che doveva essere pronta per l’esposizione del 1889. Chi volesse approfondire le vicende costruttive della Statua può visitare il Musée des Arts et Métiers di Parigi, che ne espone una copia in sedicesimo, e dove una maquette illustra la tecnica utilizzata sia per modellare e fissare le lastre di rame sia per la realizzazione dei modelli in gesso.
Storia e mito della Tour Eiffel
La stessa Tour Eiffel su cui sembra sia stato scritto di tutto riserva ancora delle sorprese. Fin dalla sua costruzione divenne una fonte di ispirazione per artisti e fotografi: fra i primi a ritrarla, nel 1889, George Seurat, poi fu la volta di Marc Chagall che nel 1911, in occasione di un viaggio a Parigi, dipinse la torre di colore rosso. Una licenza d’artista, perché il quadro Il pont de Passy e la Tour Eiffel è un omaggio ai colori nazionali francesi, ma c’è un fondo di verità. Al debutto la vernice antiruggine utilizzata per proteggere la struttura metallica era proprio un Rouge de Venise. Soltanto la prima delle venti ridipinture successive che si sono alternate nel corso di 134 anni di vita della torre di Champ de Mars. Ora si è ritornati al “giallo-bruno” già utilizzato dal 1907 al 1953, il colore preferito dal suo costruttore.
Come tutti i monumenti iconici anche la Dame de fer ha delle storie incredibili da raccontare. Se la Fontana di Trevi fu venduta da Totò a un improvvido turista italo-americano, ma solo nella finzione di un film, nel 1925 la Tour Eiffel venne davvero “venduta” a un incauto imprenditore di materiali metallici. Il genio ideatore di questa truffa si chiamava Victor Lustig, un impostore di professione, che convocò i possibili acquirenti all’Hôtel de Crillon in place de la Concorde, a poche centinaia di metri dal monumento simbolo di Parigi, che in quegli anni era in calo di popolarità e su cui correvano voci di demolizione. Spacciandosi per un alto funzionario pubblico convinse il miglior offerente, un certo André Poisson, commerciante di ferraglie arrivato dalla provincia, che avrebbe potuto entrare in possesso delle 7.300 tonnellate di metallo una volta smontata la struttura. Appena incassato l’assegno (la cifra esatta è incerta, ma si avvicina al milione di euro attuali), Lustig era già in fuga dalla Gare de l’Est (anni più tardi finirà i suoi giorni ad Alcatraz) e il povero Poisson comprenderà presto di essere stato raggirato in modo umiliante, rifiutandosi quindi di sporgere denuncia.
La Tour Eiffel dopo l’Esposizione Universale
Per scoprire un angolo segreto della torre, bisogna pazientemente mettersi coda, salire i primi due piani con gli ascensori obliqui che non turbano la purezza delle linee della parte bassa dell’edificio. Dal secondo al terzo piano è invece un ascensore verticale, interno alla struttura, che con un balzo vertiginoso porta a 300 metri di altezza (oggi la torre con le antenne sfiora i 330 metri). A questo livello Gustave Eiffel si era fatto costruire un appartamento privato con mobili in legno, tappeti, tappezzeria, una vera alcova parigina e un ufficio (oggi solo parzialmente visitabili) dove amava ritirarsi per lavorare in tranquillità e riceveva una strettissima cerchia di personalità. Fra queste ci fu Thomas Edison che, in visita a Parigi nel 1889, portò in dono all’ingegnere francese una delle sue invenzioni, il fonografo. I due uomini sono immortalati da due statue di cera all’ingresso dell’appartamento-museo mentre stanno conversando, vegliati da Claire, la figlia di Eiffel che fu la figura femminile di riferimento dopo la morte prematura della moglie Marguerite. La torre non fu smantellata come previsto nel 1909 anche per merito del suo costruttore, che vi fece installare laboratori scientifici utilizzati anche a scopi militari. Qui, sfruttando l’altezza, venivano effettuate rilevazioni metereologiche e astronomiche e realizzati i primi test per la telegrafia senza fili.
Com’è noto, la torre ebbe anche acerrimi nemici e le petizioni per demolire “il mostro di metallo” raccolsero firme illustri. Fra queste, quella di Guy de Maupassant che la descriveva come “un squelette disgracieux et géant”. L’anno dell’inaugurazione l’autore di Bel-Ami fu sorpreso da un giornalista a pranzare al primo piano della torre. “Come, voi qui?“, fu la domanda. “È l’unico punto da cui non la vedo“, la pronta risposta dello scrittore. Oggi i sei milioni di visitatori annui (dato del 2022, il record è del 2014 con circa 7 milioni) hanno probabilmente sentimenti meno dirompenti e, come Maupassant, possono fermarsi a pranzare e cenare da Madame Brasserie (menu firmato dallo chef stellato Thierry Marx) o nel ristorante gastronomico Le Jules Verne.
Un itinerario a Parigi cercando Gustave Eiffel
L’itinerario parigino sulle tracce dell’ingegnere digionese – nato come Alexandre Auguste Bonickhausen (gli antenati erano originari della regione tedesca dell’Eiffel e il nome geografico venne utilizzato per liberarsi dell’ingombrante patronimico germanico) – ci porta alla Cité de l’Architecture et du Patrimoine, nel vicino Palais de Chaillot, dove è allestita la mostra La Paris de Gustave Eiffel. Pochi minuti a piedi e si arriva al Palais Galliera che oggi ospita il Musée de la Mode, dove Eiffel realizzò la struttura metallica dell’edificio. Poi è un affascinante puzzle da nord a sud della capitale: la passerella sospesa nel parco delle Buttes Chaumont, il cabaret Le Paradis latin ricostruito da Eiffel nel 1889 dopo la distruzione avvenuta durante la guerra Franco-Prussiana, l’ingrandimento del grande magazzino Le Bon Marché nel 1879, la struttura metallica dello Shack, oggi un affascinante cocktail bar e spazio per il coworking di fronte all’Opéra Garnier.
Alcune delle principali opere di Gustave Eiffel
Francia
-La passerelle Saint-Jean, Bordeaux, 1858
– Faro, Mentone, 1878 (identico al faro di Moguériec in Bretagna)
– Le viaduc de Garabit, Alvernia, 1884 (scene finali del film Cassandra Crossing)
– Cupola dell’Osservatorio astronomico, Nizza, 1887 (Woody Allen vi ha ambientato alcune scene di Magic in the moonlight)
– L’Hotel Hermitage (cupola e giardino d’inverno), Monaco, 1896
Altrove in Europa
– Faro di Ristna, Estonia, 1874
– Ponte Maria Pia, Porto, 1876
– Stazione Nyugati, Budapest, 1877
Dario Bragaglia
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati