Never Fade Away – La Sfida di Cyberpunk 2077 è un nuovo “documentario” videoludico – così viene presentato – realizzato dalla “indie cinema crew” italiana Nebraska insieme a RoundTwo, che è principalmente un canale Twitch fondato da Francesco Fossetti e Marco Mottura e che si sviluppa però anche in podcast, video su YouTube e articoli. Ma più che un’opera giornalistica o documentaristica Never Fade Away è in realtà una lunga pubblicità per l’ultima espansione del videogioco Cyberpunk 2077 di CD Projekt Red, Phantom Liberty.
Documentari come marketing
All’estero il principale rappresentante di questo filone documentaristico incentrato sui making of dei videogiochi è probabilmente il canale Noclip – Video Game Documentaries, fondato da Danny O’Dwyer. Finanziato interamente dal pubblico attraverso la piattaforma Patreon (una forma di crowdfunding), Noclip afferma di non accettare sponsorizzazioni e non monetizza neanche i suoi video YouTube. Ma il tono e la tempistica dei video chiariscono il loro essere, o almeno il loro diventare spesso, parte delle strategia di marketing delle compagnie e non operazioni giornalistiche. È un problema che anche O’Dwyer ha esplicitamente riconosciuto a marzo 2021, quando annunciò riorganizzazione e ampliamento del progetto.
Never Fade Away è una esemplare estremizzazione di queste problematiche, perché è una “co-produzione firmata RoundTwo, CD Projekt e Nevraska ICC”, come ci ha confermato l’agenzia di comunicazione che si occupa della sua promozione. Cioè è coprodotto dal soggetto del documentario stesso. È un aspetto che probabilmente non capirete guardando il documentario: bisogna googlare i nomi delle due produttrici esecutive per scoprire che sono responsabili della comunicazione in CD Projekt Red. Ma il sospetto può venire vedendo che Never Fade Away è composto da un tour della compagnia, insieme a un altro responsabile della comunicazione, inframezzato da quattro interviste autorizzate.
Il cosiddetto documentario si inserisce chiaramente nella campagna di rilancio del videogioco Cyberpunk 2077, uscito a dicembre 2020 con gravi problemi tecnici e dopo una campagna promozionale, che ne aveva decisamente esagerato le qualità e che aveva nascosto i difetti delle sue versioni per console, non fornendo codici per le recensioni su questi hardware. La sua versione per PlayStation 4 venne persino ritirata temporaneamente dal mercato, ma anche sulle console più recenti, come PlayStation 5, Cyberpunk 2077 era a volte ingiocabile.
Never fade away: una lunga pubblicità a Cyberpunk 2077
Never Fade Away esce poco prima dell’espansione Cyberpunk 2077: Phantom Liberty, che sarà accompagnata anche da un corposo aggiornamento dell’intero gioco. Né l’aggiornamento, né l’espansione usciranno sulle console precedenti Sony e Microsoft, cioè PlayStation 4 e Xbox One. Se avete comprato Cyberpunk 2077 per queste console, peggio per voi (di nuovo).
Il cosiddetto documentario, pur promettendo di enfatizzare “il lato umano” dello sviluppo del videogioco, ignora quasi totalmente la questione della qualità della vita lavorativa all’interno di CD Projekt Red, uno studio che sappiamo da vari (veri) reportage giornalistici abbracciare una “cultura del crunch”, cioè di intensi periodi di lavoro con decine di ore di straordinario a settimana, per mesi. Secondo il giornalista di Bloomberg Jason Schreier, nelle ultime fasi dello sviluppo di Cyberpunk 2077, alcune persone arrivarono a dover lavorare cento ore in una settimana. Secondo quanto dichiarò a The New York Times Marcin Iwiński, cofondatore dello studio, il crunch è un male necessario per sviluppare videogiochi, ma in Never Fade Away la pratica viene appena citata e mai esplorata.
Never Fade Away è, insomma, un chiaro esempio di come nel mondo del videogioco (ma non solo) la grande industria usi oggi il linguaggio del giornalismo per nascondere i suoi progetti promozionali e controllare la narrazione. Il problema esiste dai tempi delle riviste di videogiochi, ma è ulteriormente peggiorato quando abbiamo iniziato ad affidare la nostra educazione videoludica a content creator e influencer che vivono proprio grazie a stretti rapporti personali con l’industria.
Matteo Lupetti
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