Mimmo Jodice e la felicità del fotografare. Intervista a Roberto Koch

Prosegue fino all’inizio del 2024 la importante mostra che Gallerie d’Italia Torino dedica al grande fotografo napoletano che si appresta a festeggiare 90 anni. Ne abbiamo parlato con il curatore Roberto Koch

Un mondo noto, eppure sconosciuto, si dispiega davanti agli occhi di chi entra in connessione con gli scatti di Mimmo Jodice (Napoli, 1934). È l’universo poetico, straniante, atemporale, ma vividissimo, catturato dallo sguardo del fotografo campano, che sin dagli Anni Sessanta ha colto le molteplici opportunità del mezzo fotografico per creare visioni di realtà svincolate dalla contingenza documentaristica.
A curarne la retrospettiva (Mimmo Jodice. Senza tempo) allestita alle Gallerie d’Italia di Torino, secondo capitolo di un ciclo di appuntamenti espositivi avviato dal museo di Palazzo Turinetti nel 2022 con Lisetta Carmi per omaggiare La Grande Fotografia Italiana, è Roberto Koch.
Abbiamo parlato con lui della mostra e della programmazione correlata, per il public program aperto gratuitamente al pubblico che si protrarrà il mercoledì sera, da ottobre a gennaio.

Mimmo Jodice, Testa di Apollo, Baia, 1993
Mimmo Jodice, Testa di Apollo, Baia, 1993

Intervista a Roberto Koch

Jodice porta alle Gallerie d’Italia la sua capacità di scavalcare la contingenza temporale per abbracciare il tempo lungo della comprensione, comunque centrato sul desiderio di mostrarci la realtà. Che impatto hanno le sue foto sul pubblico?
Mimmo Jodice è uno dei più importanti fotografi italiani in assoluto; e questa è una splendida occasione per poter offrire al pubblico in modo completo la sua poetica, basata sulla profondità dell’indagine. Il suo modo di affrontare la fotografia esprime e divulga la felicità del fotografare, che Mimmo ha ricercato e praticato per tutta la vita. La sua coerenza e la sua passione sono state e sono così forti da portarlo ad affermare che ogni fotografia che ha fatto la rifarebbe di nuovo, ancora una volta, per poterne rivivere la felicità del momento e potersi di nuovo esaltare come ha fatto durante tante serate, trascorse in camera oscura ad agire con la superficie sensibile, con l’ingranditore, con la luce e con la pienezza dei mezzi che dominava nei dettagli con naturalezza. Mimmo sottolinea che prima di ogni sua fotografia c’è una visione (ed è questo che lo affascina come – appunto – visionario), che poi lui controlla e perfeziona nel processo di compimento della stampa, unico suo “vero” originale.

Per Intesa Sanpaolo, Jodice ha realizzato un ciclo sulla natura, esposto per la prima volta in una retrospettiva sul fotografo, approfondendo ulteriormente un interesse maturato nel tempo. Cosa aggiunge alla sua ricerca?
Il lavoro sulla Natura (iniziato nel 1980) è stato condizionato da un estremo sentimento di disagio verso la vita quotidiana che Mimmo ha vissuto in quel periodo, che era cupo. 
Una realtà senza speranza diventa anche un panorama indecifrabile e, quindi, enigmatico. Queste fotografie raccolgono quindi il malessere che provo rispetto alle cose che vedo e che sento e la natura che fotografo e che vedo trasformata agisce in modo aggressivo verso la realtà. In queste immagini l’atmosfera è sospesa, metafisica, rarefatta. Il vuoto, l’assenza, il silenzio diventeranno, da questo momento, le parole chiave del mio lavoro”.

Mimmo Jodice. Photo Daniele Ratti
Mimmo Jodice. Photo Daniele Ratti

La mostra è affiancata dal public program #INSIDE, a partire dal mese di ottobre. Cosa dobbiamo aspettarci?
Come è ormai tradizione nelle mostre della grande fotografia italiana, personaggi di rilievo vengono a raccontare, durante la mostra, la poetica di Mimmo Jodice. Tra loro il critico Andrea Viliani, direttore del Museo delle Civiltà di Roma, o il regista Mario Martone, che ha anche lavorato recentemente su un film documentario su Mimmo Jodice, e altri ancora, da Isabella Pedicini, autrice della biografia Saldamente sulle nuvole (Contrasto, 2023), alla storica e critica della fotografia Roberta Valtorta.

Livia Montagnoli

Aggiornamento dell’intervista pubblicata su Grandi Mostre #35

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