In occasione della Giornata Mondiale dell’Architettura e approfittando della Biennale di Architettura di Venezia in corso, il 2 ottobre l’Hotel Aquarius di Venezia ha ospitato la mostra Arte, architettura e fotografia in Assassin’s Creed, pensata per promuovere il videogioco Assassin’s Creed Mirage di Ubisoft, e una conferenza su videogioco, architettura, fotografia e virtual photography (fotografia praticata all’interno dei videogiochi).
Il videogioco Assassin’s Creed Mirage
Più o meno ogni episodio della serie Assassin’s Creed di Ubisoft è ambientato in un’epoca storica diversa, dalla Grecia del quinto secolo a.C. (Assassin’s Creed Odyssey del 2018) fino alla Londra vittoriana (Assassin’s Creed Syndicate del 2015). Assassin’s Creed Mirage torna in Medio Oriente, ambientazione nel 2007 del primo episodio della serie, e ci fa giocare nel ruolo di un ladruncolo che diventa membro della setta degli Assassini, protagonista della saga, nella Baghdad del nono secolo.
La mostra arte, architettura e fotografia in Assassin’s Creed
Sotto a uno degli scenografici lampadari di Lu Murano dell’hotel, la mostra, della durata di un solo giorno e curata dal progetto artistico Neoludica Game Art Gallery, includeva stampe di concept art di Assassin’s Creed Mirage, di fotografie realizzate nei videogiochi della serie e di opere sempre ispirate ad Assassin’s Creed e realizzate dagli artisti che ruotano intorno a Neoludica. La conferenza è invece partita da un intervento (in collegamento video) del direttore artistico di Assassin’s Creed Mirage Jean-Luc Sala, che ha ricordato il lavoro di ricerca storica e documentaristica svolto da Ubisoft per ricostruire Baghdad nel suo momento di massimo splendore, con i suoi quartieri e l’architettura dell’impero abbaside che governò il mondo musulmano per cinque secoli. Poi la critica d’arte Debora Ferrari e lo scrittore Luca Traini di Neoludica hanno raccontato il loro progetto, la sua lunga attenzione verso Assassin’s Creed e in generale la sua storia, che comprende Art is a Game 2011-1966, evento collaterale per la LIV Biennale di Venezia. I virtual photographer Dario Giorgetti e Francesco Favero hanno spiegato la pratica della virtual photography e il loro metodo. E infine il fotografo Paolo Della Corte docente all’Accademia di Belle Arti di Venezia e l’artista digitale (ed ex grafico per videogiochi) Igor Imhoff docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino hanno presentato il loro lavoro come artisti. Intanto, per le sale si aggiravano i cosplayer (fan in costume) dell’associazione culturale Assassin’s Creed Cosplay Italia. Tutti questi spunti, di qualità altalenante, si sono susseguiti e sovrapposti in un modo un po’ disomogeneo, pure confuso. Ma, come ha per anni dimostrato la rivista specializzata Heterotopias, la combinazione di videogioco, architettura e fotografia non è per nulla forzata. Anzi, viene da sperare che più spesso vengano proposte simili e magari più ardite giustapposizioni, anche solo per scoprire cosa succede facendolo.
Virtual photography e pubblicità
In questo caso, l’incontro ci pare che abbia offerto l’occasione per fare il punto sulla relazione tra virtual photography, fotografia e promozione dei videogiochi. Per Favero, il rapporto tra aziende e virtual photographer è “win-win”: gli editori guadagnano pubblicità dagli scatti dei virtual photographer, che in cambio guadagnano visibilità dall’essere usati a scopo promozionale. Ma il risultato è che le persone che si dedicano alla virtual photography si riducono spesso a lavorare gratis pubblicando online immagini che valorizzano le qualità più note e già più pubblicizzate di un videogioco, come turisti che con le loro foto ribadiscono la rappresentazione degli scorci celebri di una città. Il volto ben inquadrato della protagonista, personaggi intenti alle loro azioni iconiche, un angolo dell’ambiente di gioco organizzato con cura dallo studio proprio per essere ammirato. Questo nella speranza che studi e editori notino gli scatti e li benedicano con un retweet (pardon, con un repost, ora che Twitter si chiama X). Nel suo intervento, Della Corte ha incoraggiato a realizzare una fotografia che abbia contenuto e significato, come la sua serie fotografica (R)esistere a Venezia sul sovraffollamento turistico della città. Invece, molta della virtual photography manca proprio di significato, soprattutto quando pensata per compiacere le compagnie e diventare immagine pubblicitaria. È raro un approccio almeno progettuale, come quello che Giorgetti ha sul suo sito Other Eyes Other Skies (https://www.othereyesotherskies.com/), dove in ogni episodio della sua serie Photostories prova a raccontare un videogioco con trenta scatti scelti tra le centinaia che realizza mentre gioca imitando l’immediatezza e l’improvvisazione della fotografia nel mondo fisico. Notevole, tra l’altro, l’opera di Giorgetti in mostra, Mirage: una foto in bianco e nero da Assassin’s Creed Origins (2017) in cui il volo di un’aquila trasforma il paesaggio dell’Egitto tolemaico in una composizione quasi astratta. Ma, restando su una fotografia (virtuale) che sia anche utilizzabile a scopo pubblicitario e promozionale, quello che oggi manca davvero è la volontà di sorprendere con l’inaspettato, di dare alla foto o alla serie di foto una sua individualità e una sua dignità indipendente (come fa la grande pubblicità) dal suo essere pubblicità, e persino dal videogioco originale. La voglia di osare, anche di scandalizzare, di non scattare in cerca del consenso, neppure quello di chi il videogioco lo sviluppa e lo pubblica. Insomma, dove è l’Oliviero Toscani della virtual photography? E l’industria videoludica è pronta a un Oliviero Toscani?
Matteo Lupetti
Assassin’s Creed Mirage di Ubisoft è disponibile dal 5 ottobre 2025 per PC, PlayStation 4 e 5 e Xbox One e Serie S e X.
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