A Bologna un parco logistico si trasforma in museo di urban art
Prologis ospita all’interno dei propri spazi quattro opere degli artisti Moneyless, Etnik, Zed1 e Joys, che danno l'occasione di riflettere sulla rigenerazione degli spazi attraverso il linguaggio espressivo dell'urban art
Sotto la direzione artistica di Enrico Sironi, in arte HEMO, la società americana Prologis ha invitato quattro urban artist a ripensare una grande area dedicata alla logistica, l’interporto di Bologna. Il progetto, frutto di un’operazione più ampia iniziata nel 2021 nei parchi di Lodi e Romentino, va a riqualificare gli spazi per permettere ai dipendenti di lavorare in un ambiente migliore e per aprire un nuovo spazio d’arte alla città. Oltre a campi sportivi, percorsi e aree relax, sulle facciate dei magazzini sono comparsi così quattro grandi interventi artistici, come il grande Panorama vibrante, che ha una estensione di 2.000 metri quadri. L’opera, la più grande mai realizzata in Italia, è stata ufficialmente presentata in occasione di una tavola rotonda tenutasi al MAMbo, L’Urban Art e la Rigenerazione dei Luoghi, che è andata a indagare il significato dell’urban art, soprattutto per una città come Bologna, storicamente riconosciuta come la culla del movimento, e comprendere in che modo questa può arginare le distanze sociali.
L’interporto di Bologna come un museo a cielo aperto
L’origine del progetto è strettamente legata a una necessità fondamentale di Prologis: trasformare gli ambienti di lavoro, inizialmente freddi e alienanti, in spazi più accoglienti. La soluzione a questa sfida è stata trovata nell’arte, in particolare nell’urban art, tanto da avviare una riqualificazione di questo luogo che ambisce a diventare un museo aperto 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, non solo per i dipendenti, ma per tutta la comunità cittadina.
Moneyless, Etnik, Zed1 e Joys sono gli artisti coinvolti, tutti pionieri della street art con oltre 25 anni di esperienza e i cui linguaggi, dal figurativo all’astratto fino al graffuturism, garantiscono una visione eterogenea e completa. Lo spazio d’azione, concepito come non-luogo, si trasforma in una dimensione alternativa e attuale, capace di leggere la società in cui si inserisce e per questo in dialogo costante con la città. Si tratta quindi di una conferma che l’arte rappresenta sempre di più uno strumento di rigenerazione in cui istituzioni pubbliche e private dovrebbero indirizzare i loro investimenti. Lo suggerisce anche il country manager di Prologis, Sandro Innocenti: “Mi auguro che il nostro esempio volto a valorizzare gli artisti e a promuovere il benessere psicologico delle persone che lavorano all’Interporto di Bologna possa essere seguito da altri “mecenati” dell’urban art per giungere alla realizzazione di un museo di arte urbana a cielo aperto.”
Carolina Chiatto
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