Dai Fauves a Picasso, fino ai protagonisti del secondo Novecento americano. E poi l’omaggio a Spike Lee e la curiosa mostra sui manifesti d’artista ambientalisti
La stagione espositiva dell’autunno newyorkese, anticipata dal consueto appuntamento con le fiere di fine estate, è ricca di spunti. C’è tanta storia dell’arte americana, con il secondo Novecento ben rappresentato da Ed Ruscha, Ruth Asawa, Bartley L. Hendricks; ma anche l’omaggio a Picasso, nel 50esimo anniversario della sua morte, con i focus proposti da MoMa, MET e diverse gallerie in città. Poi spazio alla riflessione sulla fugacità della vita di Cecily Brown, all’intelligenza artificiale (con Refik Anadol), alla rivoluzione dell’arte coreana degli Anni ’60 e ’70. A Brooklyn si celebra il regista che ha reso celebri molti angoli dell’altra New York, Spike Lee; ma una menzione per la mostra più curiosa spetta alla Poster House, per i manifesti-avvertimento d’artista contro la crisi ambientale. Prima di partire, con buon anticipo, è necessario assicurarsi di avere tutti i documenti in regola per entrare a New York (e, in generale, su tutto il territorio statunitense): oltre al passaporto valido per l’intera durata della permanenza, è richiesto un ESTA, documento elettronico che funge da autorizzazione di viaggio digitale, la cui intera procedura di richiesta si svolge online. Ora procediamo con i suggerimenti delle mostre da non perdere.
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Refik Anadol/ Ed Ruscha – MoMa
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Rirkrit Tiravanja – MoMa PS1
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Cecily Brown, Manet e Degas – The MET
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Picasso a New York
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Arte in Corea tra gli Anni ’60 e ’70 – Guggenheim
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Ruth Asawa – Whitney Museum
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Giambattista e Domenico Tiepolo – The Morgan Library
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Barkely L. Hendricks – Frick Collection
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Judy Chicago – New Museum
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Spike Lee – Brooklyn Museum
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Manifesti d’artista per l’ambiente – Poster House
C’è tempo fino alla fine di ottobre per “entrare” nella macchina dei sogni di Refik Anadol (Istanbul, 1985), che attraverso l’intelligenza artificiale rilegge oltre due secoli d’arte conservati al MoMa. Unsupervised – Machine Hallucinations è il nome della grande installazione in continuo mutamento che l’artista turco ha creato per l’occasione, utilizzando l’AI per condurre lo spettatore nel mondo della fantasia e dell’irrazionalità, anziché, come più comune, cercare di imitare la realtà. Un’operazione che conduce alla comprensione del processo creativo, per cercare di connettere l’arte del passato con il futuro.
Sessant’anni di attività dell’artista e fotografo americano Ed Ruscha (Omaha, 1937) sono invece oggetto di un’antologica che ne restituisce la vicinanza con la poetica Dada e l’interesse per la tipografia (Ruscha gravitò tra gli Anni ’50 e ’60 nella stampa commerciale, impaginando anche la rivista Artforum, con lo pseudonimo di Eddie Russia), evidente nei suoi primi dipinti, che giocano anche con il collage e il montaggio. Grande sperimentatore, Ruscha ha esplorato l’acquaforte, l’acquatinta, la serigrafia, si è avvicinato negli Anni ’70 alla cinematografia. Ma oltre alla pittura, il suo mezzo prediletto resta la fotografia. Al MoMa sono confluiti più di duecento lavori, che testimoniano l’influenza esercitata dall’artista su generazioni di artisti, designer, architetti.
Fino al 29 ottobre Refik Anadol. Unsupervised MOMA
11 West 53 Street https://www.moma.org/
Fino al 13 gennaio 2024 Ed Ruscha/ Now Then
Installazioni, film, sculture, fotografie, “dimostrazioni”. Dai primi lavori, raramente esposti, ai progetti più recenti che testimoniano l’attivismo dell’artista. Tutto è funzionale a ripercorrere quarant’anni di carriera di Rirkrit Tiravanja (Buenos Aires, 1961; cresciuto in Thailandia), che per la mostra nella sede distaccata dal MoMa, nel Queens, ha ideato anche cinque opere partecipate, attivate periodicamente attraverso performance site-specific, sempre con l’obiettivo di creare relazioni e portare le persone a trovare punti di incontro, alla base dell’intera attività dell’artista.
Dal 12 ottobre al 4 marzo 2024 Rirkrit Tiravanja. A Lot of People MOMA PS1
22-25 Jackson Avenue, Queens https://www.momaps1.org/
Sul tetto del Met, fino al 22 ottobre, sarà possibile apprezzare l’intervento site-specific commissionato a Lauren Hasley (Los Angeles, 1987) per il Roof Garden dell’edificio, tra geroglifici egizi e utopie architettoniche degli Anni ’60.
All’interno, invece, la programmazione espositiva è ricchissima di spunti. Selezioniamo la personale di Cecily Brown (Londra, 1969), primo focus sull’artista inglese di un museo di New York, da quando, negli Anni Novanta, Brown ha scelto di vivere e lavorare in città. In mostra circa cinquanta lavori, tra pitture, disegni e schizzi che affrontano temi ricorrenti nella pratica dell’artista, a partire dalla natura morta come memento mori e rappresentazione per esplorare la vanità umana e la brevità della vita. Tra astrattismo e figurazione, con una peculiare attitudine alla grandiosità della composizione.
Ma l’appuntamento più atteso dell’autunno al Met è indubbiamente la mostra incentrata sul dialogo tra Édouard Manet (Parigi, 1832 – 1883) ed Edgar Degas (Parigi, 1834 – 1917), più o meno coetanei, influenzati dalle stesse spinte, talvolta molto vicini, in alcuni passaggi della carriera su posizioni distanti. Amici, poi rivali e antagonisti sul lavoro, i due artisti legati al circolo degli Impressionisti, che però sempre hanno conservato una visione indipendente, sono presentati a New York attraverso più di 150 opere, in un percorso sviluppato in collaborazione con il Musées d’Orsay e l’Orangerie di Parigi.
A cavallo tra XIX e XX secolo si muove invece l’indagine sulle origini del movimento Fauves, che individua nel 1905 – anno dell’incontro tra Henri Matisse (Le Cateau-Cambresis, 1869 – Nizza, 1954) e André Derain (Chatou, 1880 – Garches, 1954) a Collioure – il momento fondamentale per la formalizzazione di un linguaggio pittorico di rottura, fondato sull’uso “emozionale” del colore per filtrare la rappresentazione della realtà. Un approccio che al Salon d’Automne di Parigi, nel 1905, fu definito “bestiale”.
Dal 13 ottobre al 21 gennaio 2024 Vertigo of Color: Matisse, Derain and the Origins of Fauvism
Anche New York omaggia Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) in occasione del 50esimo anniversario della sua scomparsa. E sono diverse le mostre da visitare in città. Al MoMa, fino a febbraio 2024, va in scena Picasso in Fontainebleau, focus centrato sull’elaborazione di due grandi soggetti (entrambi replicati in due versioni): Tre donne alla fontana e Tre musicisti, realizzati nell’estate del 1921, nel garage della villa affittata dall’artista a Fontainebleau. La mostra ricostruisce il lavoro di quell’estate, esponendo le quattro grandi tele, ma anche disegni, schizzi, e fotografie d’epoca dello studio estemporaneo.
Al MET, si torna indietro al 1910, quando Picasso riceve l’incarico di decorare l’abitazione di Brooklyn del collezionista Hamilton Easter Field, conosciuto l’anno precedente a Parigi. Il progetto prevedeva la realizzazione di undici pannelli per le pareti della biblioteca: un ciclo decorativo che l’artista non porterà mai a termine, sebbene avesse iniziato a lavorare, nel suo studio parigino, ad alcune figure e nature morte. La mostra del MET (fino al 14 gennaio 2024) ricostruisce la vicenda, riunendo i lavori preparatori e materiali d’archivio, per esaminare il rapporto tra il Cubismo e la decorazione di spazi architettonici.
Mentre inaugurano entrambe il 10 novembre, le mostre dedicate a Picasso alla Gagosian Gallery e alla Pace Gallery, rispettivamente intitolate A Foreigner called Picasso e Picasso: 14 Sketchbooks, 1900-1959. La prima (fino al 22 dicembre), a cura di Annie Cohen-Solal (autrice della biografia Uno straniero chiamato Picasso, 2021), riunisce opere da collezioni private e musei d’Europa e Stati Uniti, dagli autoritratti giovanili alle sculture, ai capolavori cubisti in arrivo dal Philadelphia Museum of Art e dalla Fondazione Beyeler di Basilea. Un focus è dedicato al tema di Arlecchino, affrontato più volte nell’arco della carriera, e con esiti formali ed espressivi differenti.
Alla Pace Gallery (fino al 23 dicembre) saranno invece esposti diversi album dei disegni dell’artista spagnolo, per offrirne una lettura centrata sull’elaborazione del processo creativo. Gli album coprono un lungo arco temporale, dagli inizi del XX secolo al 1959, e saranno accostati in mostra a dipinti, ceramiche, fotografie e materiali d’archivio.
Nel Dopoguerra, gli artisti coreani hanno ampiamente contribuito alla rivoluzione culturale che ha trasformato la Corea del Sud in modo radicale. L’avanguardia locale, esplosa tra gli Anni ’60 e ’70, è stata ribattezzata Korean Experimental Art (silheom misul), e la mostra del Guggenheim ne ripercorre gli esiti, evidenziando l’approccio multidisciplinare e innovativo alla pratica artistica, attraverso installazioni, video, performance. Ad animare quegli artisti fu soprattutto la volontà di utilizzare l’arte come strumento per contrastare le derive autoritarie, senza paura.
Nella spazio della celeberrima Rotunda di Lloyd Wright, con la rampa a spirale che sale verso l’alto, dal 20 ottobre saranno esposte le opere della mostra Going Dark: The Contemporary Figure at the Edge of Visibility, selezionate per il gioco visivo tra il vedo/non vedo, emblematico della tensione tra il desiderio di essere guardati e quello di restare nell’ombra. Oltre cento lavori, per 28 artisti, in gran parte afroamericani (più della metà sono donne). In un arco temporale che dagli Anni ’60 si muove fino al presente.
Fino al 7 gennaio 2024 Only the Young. Experimental Art in Korea 1960s-1970s GUGGENHEIM MUSEUM
1071 Fifth Avenue https://www.guggenheim.org/
Trough Line è il titolo rivelatore della mostra che il Whitney Museum dedica alla scultrice americana Ruth Asawa (Norwalk, 1926 – San Francisco, 2013), però presentata da un’angolazione inedita, scavando all’origine della pratica artistica, per esporre la sua corposa produzione grafica. Asawa – celebre per le sue sculture sospese, fatte di fili intrecciati – si dedicava quotidianamente al disegno, momento essenziale per lo sviluppo del processo creativo, ma pure strumento di indagine della realtà quotidiana, di cui l’artista, proprio attraverso il costante esercizio grafico, isolava istanti di bellezza. “Il disegno è per me il piacere più grande, e il più difficile”, spiegava Asawa. In mostra, oltre cento disegni, alcuni mai esposti prima.
Fino al 28 gennaio il museo progettato da Renzo Piano ospita anche la personale di Henry Taylor (Los Angeles, 1958), esponendo le sue pitture meno note (B Side), ritratti in gran parte, vocati all’empatia con la comunità afroamericana. Taylor racconta così uno spaccato degli Stati Uniti che discriminano i Black Americans, tra povertà, soprusi da parte delle forze dell’ordine, emarginazione. In mostra anche disegni, sculture e due installazioni realizzate dall’artista per l’occasione.
Fino al 15 gennaio 2024 Ruth Asawa. Trough Line WHITNEY MUSEUM
99 Gansevoort Street https://whitney.org/
Dal 27 ottobre la Morgan Library espone i disegni di Giambattista e Domenico Tiepolo, di cui conserva uno dei più vasti e prestigiosi corpus al mondo (oltre 300 fogli). Per Spirit and Invention, la collezione della biblioteca newyorkese si arricchisce di prestiti selezionati, per evidenziare l’importanza del disegno nel processo creativo all’origine dei magnifici cicli affrescati dai Tiepolo tra gli Anni ’40 e ’50 del XVIII secolo. Per la prima volta, sono esposti gli studi a penna per la volta affrescata sullo scalone di Wurzburg nel 1752, e un gruppo di schizzi per l’affresco in Santa Maria della Pietà a Venezia.
Dal 27 ottobre al 28 gennaio 2024 Spirit and Invention. Drawings by Giambattista and Domenico Tiepolo THE MORGAN LIBRARY
225 Madison Avenue https://www.themorgan.org/
Nella sede temporanea della Frick Collection – quel Breuer Building che dalla primavera del prossimo anno diventerà il quartier generale di Sotheby’s a New York – i ritratti di Barkley L. Hendricks (Philadelphia, 1945 – New London, 2017) raccontano la storia degli afroamericani. Formalmente, l’opera del pittore americano risulta debitrice ad alcuni grandi ritrattisti del passato, da Bronzino a Rembrandt e Van Dyck. E la mostra avvicina i suoi lavori – grazie a prestiti da collezioni pubbliche e private – ai quadri dei maestri del passato conservati in collezione permanente.
E alla fine di novembre arrivano da Vienna i Tre filosofi di Giorgione, in mostra, per la prima volta a confronto, con il San Francesco nel deserto di Giovanni Bellini (in collezione Frick). Un tempo, entrambi appartenevano a Taddeo Contarini, probabilmente esposti in pendant.
Fino al 7 gennaio 2024 Barkley L. Hendricks: Portraits at the Frick FRICK COLLECTION AT MADISON
Breuer Building https://www.frick.org/
La prima retrospettiva newyorkese dedicata a Judy Chicago (Chicago, 1939) va in scena al New Museum, omaggiando sessant’anni di carriera vissuti all’insegna della sperimentazione di più mezzi, dalla pittura alla scultura, all’installazione, a fotografia e ricamo. Passando dal Minimalismo degli Anni Sessanta ai lavori che ispirarono il movimento femminista nei Settanta, alla ricerca sui temi della nascita, della mortalità, della mascolinità, tra gli Anni Ottanta e Novanta. Costante è stato l’impegno nel rivendicare un ruolo per le artiste nel sistema dell’arte, e forte il suo impatto sull’arte americana contemporanea. La mostra si inquadra nell’allestimento di più ampio respiro intitolato The City of Ladies, che riunisce i lavori di oltre ottanta tra artiste, scrittrici, intellettuali, per tracciare una storia del talento al femminile, da Artemisia Gentileschi a Virginia Woolf, a Hilma af Klint.
Dal 12 ottobre al 14 gennaio 2024 Judy Chicago: Herstory NEW MUSEUM
235 Bowery https://www.newmuseum.org/
Creative Sources è il titolo della mostra che omaggia la carriera del regista Spike Lee (Atlanta, 1957), newyorkese d’adozione, e particolarmente legato proprio a Brooklyn. Il racconto procede attraverso installazioni immersive, cimeli, opere in arrivo dalla collezione privata del cineasta afroamericano. Un’occasione per affrontare tematiche cui Lee ha sempre dato spazio nei suoi film, concentrandosi sulla storia e la cultura dei neri, la lotta per i diritti civili, ma anche su sport, musica, politica.
A Chelsea, il museo dedicato all’arte del manifesto è in attività dal 2019. La mostra We Tried to Warn You! Environmental Crisis Posters, 1970–2020 affronta, attraverso 33 lavori, il tema della sostenibilità e della sicurezza ambientale attraverso gli “avvertimenti” che hanno preceduto la crisi contemporanea. Utilizzando la sintesi grafica, talvolta in stile apocalittico, più spesso con intuizioni bizzarre, ma efficaci. I manifesti in questione furono commissionati in gran parte da associazioni o istituzioni federali per campagne di sensibilizzazione ed eventi, anche di rilevanza internazionale, come la prima Giornata della Terra del 1970 o la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile del 1992. E, negli anni, hanno visto all’opera artisti affermati come Amos Kennedy, Robert Rauschenberg, Per Arnoldi, Tom Eckersley, Freidensreich Hundertwasser, Hans Erni e Milton Glaser, i cui lavori sono visibili in mostra.
Fino al 25 febbraio 2024 We Tried to Warn You! Environmental Crisis Posters, 1970–2020 POSTER HOUSE
119 W. 23rd Street https://posterhouse.org/
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Refik Anadol/ Ed Ruscha – MoMa
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Rirkrit Tiravanja – MoMa PS1
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Cecily Brown, Manet e Degas – The MET
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Picasso a New York
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Arte in Corea tra gli Anni ’60 e ’70 – Guggenheim
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Ruth Asawa – Whitney Museum
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Giambattista e Domenico Tiepolo – The Morgan Library
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Barkely L. Hendricks – Frick Collection
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Judy Chicago – New Museum
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Spike Lee – Brooklyn Museum
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Manifesti d’artista per l’ambiente – Poster House
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