Al Teatro di Mario Botta a Mendrisio s’incontrano architettura e fotografia
La mostra “What Mad Pursuit” riunisce in Svizzera i progetti fotografici di Bas Princen, Armin Linke e Aglaia Konrad, contaminandoli però con lo spazio, in un percorso che vede l’architettura non solo come cornice
“In natura le specie ibride sono generalmente sterili ma nella scienza è spesso vero il contrario. I soggetti ibridi sono molte volte eccezionalmente fertili mentre se la disciplina scientifica rimane troppo pura è destinata a deperire”. Sono le parole del neuroscienziato Francis Crick, legato alla scoperta del DNA, dal cui testo viene estrapolato il titolo della mostra al Teatro dell’Architettura dell’Università della Svizzera italiana (USI): What Mad Pursuit è l’eccellente risultato corale che vede la compresenza di Armin Linke (Milano, 1966), Aglaia Konrad (Salisburgo, 1960) e Bas Princen (Zeeland, 1975). Curata da Francesco Zanot, la mostra fotografica propone al pubblico opere in contrasto tra loro, dal punto di vista stilistico, geografico, cronologico e autoriale, e invita così il suo pubblico a una reazione di pensiero attivo di fronte alla coabitazione di storie che si intrecciano e arricchiscono, di cui l’architettura è spesso il soggetto.
Bas Princen e la riproduzione dell’immagine
Le opere di Bas Princen aprono l’esposizione incoraggiando riflessioni sul tema della riproduzione dell’immagine, della potenzialità del suo reinserimento in un contesto alternativo attraverso una nuova narrativa: Princen fotografa l’intero Atlante di Luigi Ghirri, un dettaglio della celebre Torre di Babele di Bruegel, e ancora un cianotipo di primo Novecento raffigurante un gargoyle della cattedrale di Notre Dame, e nella sua azione distorce le immagini esistenti, gioca con le loro scale e la loro dimensione, invitando il pubblico a un atto di riscoperta e interpretazione. Il lavoro di Princen instilla così un pensiero critico sulla società delle immagini in cui siamo immersi, oltre che il piacere interpretativo che si prova ammirando le sue fotografie.
Il rapporto tra fotografia e architettura per Armin Linke
Armin Linke presenta al pubblico una selezione di fotografie tratte dal suo archivio e scattate dagli Anni ‘80 a oggi in un corpus fotografico volutamente eterogeneo – dagli schizzi di Oscar Niemeyer alle vele di Scampia, fonderie di lingotti d’oro o ancora scene del G8 di Genova nel 2001 – concepito nell’intento di instaurare una nuova riflessione attorno al valore della fotografia in quanto immagine, in quanto messaggio e oggetto posto nello spazio architettonico esistente. Le fotografie di Linke si staccano dalla parete per inserirsi attraverso display progettati per la mostra nei fori del cemento prefabbricato del Teatro, in un dialogo diretto con il progetto di Mario Botta, che detta la coreografia espositiva. Le immagini sorprendono il pubblico nella loro inusuale collocazione, seguono il ritmo della costruzione ospitante creando un’attiva riflessione sulla relazione tra fotografia come oggetto inserito nello spazio, dell’architettura come soggetto e come luogo, e delle loro plurali potenzialità.
La fotografia tridimensionale di Aglaia Konrad
Il lavoro di Aglaia Konrad, Shaping stones, consiste invece in una raccolta fotografica in progress iniziata nel 2008, in cui la pietra e le sue diverse applicazioni nel mondo della costruzione costituiscono il centro. La pietra si staglia sulle pareti dello spazio come soggetto in trasformazione, fluidamente colto nei suoi peculiari passaggi dall’essere l’elemento eterno e immutabile al divenire parte di un processo industriale che la porta nei ritmi umani. La scelta di esporre le fotografie su grandi wallpaper è dovuta all’intenzione di abbracciare lo spazio e, aggrappandovisi, fa emergere nella fotografia una tridimensionalità nuova attraverso la carta stessa. La presenza di Konrad si esplicita anche nel foyer del Teatro dell’Architettura con una grande opera scultorea, nata anch’essa dalla combinazione di oggetti metallici trovati lungo la sua vita e combinati nell’opera: un ulteriore ed esplicito omaggio alla possibilità delle mescolanze e delle contaminazioni.
In What Mad Pursuit si entra in contatto con il risultato di una ricerca tematica, dove l’architettura fa da soggetto e filo rosso ma anche da cornice e spazio aperto a nuovi livelli di percezione e comprensione delle opere. Una fusione di tre corpus fotografici che generano un palinsesto ricco e accattivante: le storie si contaminano e iniziano un dialogo che prosegue nelle suggestioni del pubblico; la narrativa che ne risulta è del tutto affascinante.
In occasione del finissage della mostra, domenica 22 ottobre 2023 alle ore 15.00 si terrà l’ultimo open day in programma con una visita guidata insieme al curatore Francesco Zanot.
Sophie Marie Piccoli
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