Intuizioni artistiche e produzioni imponenti. Radomir Damnjan in mostra a Milano
La collezione privata in mostra da Spazio Roseto comprende tutti gli stili approfonditi dall’artista jugoslavo. Temi, approcci e concetti si sviluppano all’interno del linguaggio pittorico, segnando la storia dell’arte del secondo Novecento
Linee, colori, segni e monocromi animano le opere di Radomir Damnjan (Mostar, 1936), artista jugoslavo le cui evoluzioni pittoriche, sviluppate tra gli anni Cinquanta e Ottanta, tornano oggi con Dalla Pittura alla Pittura n.1, mostra che riunisce venti opere della collezione Roseto, ospitate nell’omonimo spazio espositivo in Corso Garibaldi, a Milano. Il progetto, a cura di Federico Bianchi e Milo Goj, offre al pubblico una panoramica completa della produzione pittorica di Damnjan.
Dalla Pittura alla Pittura n.1: la mostra di Radomir Damnjan a Milano
All’interno dello spazio espositivo, lo spettatore incontra opere diventate iconiche come le Spiagge, realizzate da Radomir Damnjan negli anni Cinquanta e ancora attuali grazie alla moderna resa dei piani sovrapposti e dei moduli prospettici. Ed è proprio da questo filone prettamente geometrico che si parte per approdare al minimalismo degli anni Sessanta, dove il rigore della forma, della linea e del colore diventano elementi nodali all’interno del quadro. Negli anni Settanta, invece, c’è la volontà di esprimersi e di prendere una posizione, e Damnjan lo fa producendo una serie di monocromi. Infine, si torna alla pittura con macchie di colore che riempiono l’intero spazio della tela, catturando lo sguardo e la curiosità dello spettatore.
Damnjan da Spazio Roseto, a Milano. Parola al curatore Federico Bianchi
“Radomir Damnjan rappresenta uno dei grandi artisti storici mondiali ancora vivente che con il suo lavoro ha attraversato le avanguardie storiche del secondo Dopoguerra”, spiega il curatore Federico Bianchi ad Artribune. “Tutta la sua pittura è venata di un concettualismo analitico in una evoluzione che lo rende attuale in ogni decade, dalle Spiagge degli anni Cinquanta attraverso la sintesi formale dei Sessanta e la disinformazione dei Settanta per arrivare alle ‘macule’ degli Ottanta e Novanta. Un riferimento per tutta l’arte dell’est Europeo e non solo, luoghi dove oggi non è considerato un maestro ma ‘Il Maestro’”.
Valentina Muzi
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