La figura del curatore in Italia e negli Stati Uniti. Le differenze
Mostre, questioni legali, lavoro di squadra, responsabilità. E riconoscibilità di una professione. C’è una grande differenza tra un curatore in Italia e uno in America. Se n’è parlato a Milano. Ecco in che termini
È stato questo il tema di un recente dibattito sul ruolo del Curatore nell’istituzione museale, (svoltosi il 12 ottobre alla Triennale di Milano con la partecipazione di Marco Sammicheli, direttore del museo del design italiano, e Sharon Hecker, storica dell’arte e curatrice indipendente, ndr.) che ha messo a confronto le pratiche curatoriali in Italia e negli Stati Uniti. Il Curatore è stato autorevolmente definito come quella figura garante dell’integrità scientifica della scelta, con ciò intendendosi quel professionista che si assume la responsabilità di compiere le scelte espositive delle opere da includere all’interno di una mostra. In altri termini, il Curatore si assume non solo l’impegno di trasferire una conoscenza, dunque delle informazioni, al visitatore, ma altresì di offrire al pubblico un’esperienza che sia memorabile e che contribuisca a stimolare la curiosità, sempre nel pieno rispetto del dovere di verità.
Curatore o direttore di museo? Il caso italiano
In Italia, la figura del Curatore non è definita secondo criteri chiari e precisi con la conseguenza che spesso viene confusa con quella del Direttore museale. Questi due ruoli, a ben vedere e stando alla riflessione portata avanti dagli operatori del settore, devono essere tenuti distinti perchè diverse sono le mansioni e le competenze richieste, oltre che le responsabilità connesse alle scelte messe in campo. In quest’ottica, si rende necessario evidenziare che nel nostro Paese per poter accedere alla professione di curatore non esiste un percorso accademico ben strutturato, né istituzioni o enti che certifichino le competenze di chi si appresta a svolgere tale mestiere e che allo stesso tempo tutelino la categoria e contribuiscano alla formazione della stessa.
Il curatore negli Stati Uniti
Diversamente da quanto accade in Italia, negli Stati Uniti il ruolo del curatore viene concepito in modo diverso e gode anche e soprattutto di un pubblico riconoscimento, che emerge fin dal percorso formativo richiesto. Infatti, l’accesso alla professione è riservato a coloro che abbiano conseguito – oltre alla laurea – un dottorato di ricerca nel campo dell’arte e abbiano maturato conoscenze in grado di rispondere alle esigenze di ogni pubblico. Si aggiunga che la formazione avviene in misura prevalente all’interno dei musei universitari. Inoltre, esistono numerose associazioni di categoria volte a valorizzare, promuovere e tutelare la professione. Un ulteriore aspetto distintivo tra la dimensione italiana e quella statunitense attiene alla mancanza nella maggior parte dell’organico museale di curatori interni. Secondo gli operatori del settore questo espone l’istituzione museale ad una situazione di fragilità culturale. In America, invece, anche i musei più piccoli hanno un curatore interno, senza contare che spesso e volentieri la mostra non è a firma del singolo curatore, ma è il frutto di un lavoro di un team di professionisti, per cui non è possibile individuare chi ha curato l’esposizione.
Musei e inclusione sociale
I relatori della tavola rotonda si sono confrontati anche sul tema dell’inclusione all’interno dei musei. La riflessione si è concentrata sul concetto di inclusione non in termini di accessibilità, ma di apertura delle istituzioni museali al “diverso” attraverso percorsi curatoriali dedicati. Infatti, il museo non si limita ad offrire al pubblico la fruizione delle opere, ma svolge altresì un ruolo etico contribuendo allo sviluppo di una coscienza sociale. Sul punto sono state istituite all’interno dei musei americani delle figure professionali dedicate a promuovere l’inclusione sociale e culturale. Le istituzioni museali devono dotarsi di una programmazione che tenga conto delle sfumature sociali e del carattere disomogeneo della società, ponendosi in una posizione di dialogo nei confronti di tutte le categorie di pubblico. È bene precisare che il tema dell’inclusione non si manifesta soltanto in sede di individuazione delle opere da inserire in mostra, ma emerge anche in sede di equilibrio di genere nella composizione dell’organico dell’istituzione museale. L’Italia da questo punto di vista presenta carenze strutturali che sta provando con le recenti normative a colmare. Infine, il dibattito è stato chiuso rispondendo ad una domanda: “sarebbe utile avere un ufficio legale interno?”.
La necessità di un ufficio legale nei musei
Tutti i relatori hanno risposto affermativamente sostenendo che un ufficio legale interno al museo potrebbe consentire ai propri operatori di arricchire le proprie competenze, oltre che offrire attività di consulenza ed assistenza all’attività museale. L’attuale situazione italiana vede i musei totalmente privi di un presidio legale interno. Ciò crea un vulnusche viene soltanto in parte colmato da una esternalizzazione dell’attività legale, che tuttavia non è in grado di offrire un supporto costante. Diversamente, in America la presenza di uno studio legale è riscontrabile anche nelle realtà museali più piccole. Concludendo dal dibattito è emersa chiaramente la necessità di un dialogo tra gli operatori del mondo dell’arte e i giuristi per favorire una sinergia virtuosa tra i due mondi.
Avv. Camilla Primomo e Luigi Fraietta
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