Nasce un archivio per l’artista Chiara Fumai. Intervista a Andrea Bellini e Milovan Farronato
Progetti, acquisizioni e un programma di mostre che vedrà in Italia il racconto dell’ultimo periodo dell’artista morta nell’agosto del 2017 a Bari. Ecco come si sta lavorando per tutelare opere e memoria
Ha solo 39 anni Chiara Fumai, artista di grande talento e già riconosciuta dal panorama internazionale dell’arte, quando decide di porre fine alla propria vita. Nata a Roma nel 1978, Fumai ha avuto fin da subito una carriera promettente. Si è laureata in architettura al Politecnico di Milano e frequentato il Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti. Ha messo al centro della sua pratica, che prediligeva l’utilizzo della performance, il ruolo della donna, anche in relazione al sistema dell’arte. Prima del #metoo, quando parlare di femminismo soprattutto in Italia era sconveniente e citare Valerie Solanas – se non in quanto colei che ha sparato ad Andy Warhol – e il suo manifesto SCUM era cosa rara, Fumai apriva la strada a tante e tanti artisti che nel tempo hanno poi affrontato questi temi, verso una nuova consapevolezza. La sua eredità e l’archivio che la tutela sono al centro di questo dialogo con i curatori che l’hanno creato: Andrea Bellini, anche Direttore del Centre d’Art Contemporain, Ginevra e Milovan Farronato, che ha voluto il lavoro della Fumai nel 2018 al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, in una partecipazione postuma. Ecco come nasce e come funziona.
Come nasce l’Archivio dedicato a Chiara Fumai?
Andrea Bellini: L’Archivio è nato grazie a un’intuizione della mamma di Chiara, Liliana Chiari, la quale è venuta a mancare nel mese di febbraio 2022. Non ricordo esattamente quando, ma dopo qualche settimana, un notaio di Bari ha chiamato me e Milovan Farronato, dicendoci che aveva appena trovato il testamento nella casa della signora Chiari. In buona sostanza Liliana ci ha lasciato in eredità le opere della figlia, compresi i quaderni, gli album fotografici, il computer e il suo archivio personale. Noi non abbiamo mai pensato che queste cose appartenessero a noi, ma che dovessimo – questo il senso del lascito di Liliana – valorizzarle.
Che fare? Come procedere?
Avevamo davanti a noi due differenti strategie, due possibili strade da percorrere, una più facile e sbrigativa e una più complessa e laboriosa. Quella facile, rapida e indolore, consisteva nel dividere tutto il lascito in due o tre lotti e donarli direttamente ad altrettanti musei nazionali e internazionali. In questo modo avremmo risolto la questione dignitosamente, evitando molte complicazioni. Quella più complessa invece, prevedeva la costituzione di un Archivio, l’individuazione di una sede, e quindi un lavoro sistematico di archiviazione di tutte le opere esistenti, nonché una strategia articolata per la valorizzazione di questo straordinario patrimonio.
Dunque, un progetto di ampio respiro e di lunga durata
Sì, che prevede anche un’attività di ricerca fondi: al momento non abbiamo aiuti economici di sorta. Quando il lavoro di archiviazione sarà terminato doneremo tutte le opere e l’archivio stesso a quei musei che si impegneranno a promuovere e divulgare l’opera dell’artista. Ecco, per tornare a quanto dicevo prima, Liliana sembra avesse intuito che io e Milovan avremmo scelto questa seconda strada, la più complessa ma anche – secondo noi – la più corretta.
Chi sono le figure coinvolte?
Oltre a me e Milovan c’è l’avvocato Micaela Paparella, Presidente dell’Archivio e amica di vecchia data di Liliana Chiari. E poi Roberto Spada, collezionista e commercialista, Vicepresidente dell’Archivio e suo amministratore. Infine, Alice Labor, come collaboratrice esterna, la quale ci sta dando un aiuto fondamentale. Poi c’è Luigi Bonfanti, un collezionista e amico di vecchia data, il quale ha realizzato il sito e ci aiuta – a titolo gratuito – con la comunicazione e diverse altre cose.
Veniamo alle questioni tecniche: di cosa si occupa esattamente l’Archivio, con quali premesse e quali obiettivi?
Grazie per questa domanda, la quale ci consente di fare chiarezza su quanto stiamo facendo. Sul sito web si trovano tutte le informazioni relative alle nostre attività. In breve, posso dire che l’obiettivo dell’Archivio è tutelare l’opera di Chiara Fumai, nonché l’immagine dell’artista curando le seguenti attività: la certificazione delle opere; la predisposizione dell’archivio digitale e cartaceo delle opere, dei libri, dei cataloghi e delle pubblicazioni; la tutela dell’immagine dell’artista, delle sue opere e dei diritti connessi; la tutela del diritto d’autore e del diritto di seguito. E poi ovviamente l’organizzazione di mostre e diverse altre attività di cui farei parlare Milovan più avanti.
Andrea Bellini, oggi con Milovan Farronato, per volontà della madre di Chiara Fumai, Liliana Chiari, siete in charge dell’Archivio e dell’eredità artistica di Chiara Fumai: che cosa comporta questo da un punto di vista professionale e umano?
È motivo di vero orgoglio per noi aver ricevuto un incarico di questo genere dalla madre dell’artista. Tuttavia, non ti nascondo che almeno inizialmente è stato molto complicato per noi: non avevamo una sede per le opere, non avevamo denari per iniziare il lavoro, non avevamo alleati. Ad un anno di distanza però abbiamo una sede in Puglia e diversi amici che ci stanno aiutando, soprattutto a Bari, ma non solo. Mancano ancora i fondi necessari per le attività di conservazione e promozione, ma ci stiamo dando da fare in questo senso.
L’opera di Chiara Fumai è stata all’avanguardia. Molti dei temi trattati nelle sue opere in tempi in cui non erano all’ordine del giorno, ora lo sono. Qual è l’eredità che la Fumai lascia agli artisti oggi?
L’eredità che ci lascia Chiara sono le sue straordinarie opere, profetiche e nuove dal punto di vista del linguaggio artistico che mettono in scena. Non dimenticheremo mai il suo volto e la sua voce, e i suoi straordinari viaggi nella mente e nel corpo di un pantheon di donne fuori dal comune, forti e visionarie come lei. Chiara ha pagato un prezzo altissimo per la sua devozione alla causa del femminismo e a quella dell’arte. È stata una grandissima artista, noi sentiamo il dovere di proteggerne l’opera e valorizzarla.
L’Archivio avrà la responsabilità di tutelare l’opera e l’immagine dell’artista. Sono previste delle azioni, invece, in termini di ricerca?
Milovan Farronato: Parlavo pochi giorni fa con il nuovo direttore del Museo Reina Sofia, Manuel Segade, di quanto sia stata importante la mostra di Chiara a La Casa Encendida — tappa conclusiva di un progetto itinerante voluto da Andrea, iniziato al Centre d’Art Contemporain di Ginevra e curato da me e Francesco Urbano Ragazzi, — per una nuova generazione di artisti spagnoli che hanno avuto il modo di conoscere il suo lavoro e attraverso di lei quello di altre, tra cui, ad esempio, Carla Lonzi. Chiara è stata un veicolo fertile per tante storie e le sue collaborazioni in vita e in qualche modo anche in morte sono tante e tutte avvincenti e fruttifere. Ci piacerebbe, come azione specificatamente di ricerca, raccoglierle, catalogarle, monitorarle e soprattutto inseguirle.
Quali progetti ha già in cantiere l’Archivio e cosa invece vi piacerebbe fare nel nome dell’artista?
Ci piacerebbe in primis raccogliere tutti gli scritti. Dai copioni delle performance, spesso duplici, talvolta triplici, alle scritture automatiche che contornano buona parte dei suoi collage o conquistano le pareti degli spazi in cui ha lavorato e esibito. Una cosa è certa, l’artista, dall’inizio alla fine della sua carriera, ha sempre imbrattato le pareti e scritto sul muro, una costante in qualche modo inviolabile e declinata in una varietà di modalità suggestive e qualificanti. In tutti i casi sarà fondamentale un adeguato studio delle varianti, per capire come le ‘vicende’ di Fumai si siano evolute nel tempo. Perché per lei le traduzioni non erano mai, e poi mai letterali. In questa pubblicazione immaginiamo anche certi testi più ufficiali scritti di proprio pugno, indirizzati a colleghi e amici per richiedere risposte. Certo dovranno trovare asilo tutte le lettere che Annie Jones leggeva all’interno della sua The Moral Exhibition House di Documenta 13 (2012).
Anche in Italia è in programma una mostra
Per il prossimo autunno, data da confermare, ma direi più o meno in questo periodo, presso la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare, metteremo in scena e in mostra l’ultimissima Chiara Fumai, una stagione intima, intensa, e molto produttiva per quanto evidentemente tragica, composta da molte opere inedite e mai esposte. Un progetto questa volta affacciato sul mare che possa essere punto di avvio per un altro pellegrinaggio in altre istituzioni nel mondo.
Ci sono altre azioni in cantiere?
Stiamo anche parlando con la Regione Puglia per la donazione di un’opera sonora che possa far tuonare la voce dell’artista due volte all’anno, a inizio e a conclusione della stagione teatrale, in cima al teatro Kursaal Santalucia, in prossimità dei Giardini che il Comune di Bari le ha recentemente dedicato.
E poi c’è Milano, dove comunque Chiara si è formata e ha avuto la sua prima stagione creativa, importante, fondamentale. Stiamo parlando con il Museo del Novecento, e il suo direttore Gianfranco Maraniello per una donazione significativa che coincida con la valorizzazione nel capoluogo lombardo di questa sua speciale residente.
Quando un artista scompare, i temi legati alla sua eredità sono complessi e scottanti. Di molti importanti artisti, con una pratica e una ricerca significativa, non rimane spesso traccia a causa di assenza di eredi, conflitti familiari, a volte incapacità di prendere in carico la gestione ereditaria, o disinteresse istituzionale. Ci sono a vostro parere delle strategie per colmare questi vuoti? Cosa possono fare i musei, la critica d’arte, ma anche le istituzioni per ovviare a questi possibili oblii?
Credo che un’attività di archiviazione certosina che incorpori non solo le opere ma anche i testi, le fonti, le collaborazioni, sia il baluardo più solido contro l’oblio. Per questo è molto importante che ora la catalogazione digitale sia completa ed esaustiva. Buona parte dei materiali di studio dell’opera di Chiara Fumai sono già stati donati dalla madre al Castello di Rivoli e al suo centro di ricerca. La sua biblioteca, ma anche i suoi costumi di scena e la sua discografia sono consultabili nella sede del Museo. Dobbiamo assolutamente continuare in questa direzione offrendo ulteriori stimoli e supporti per lo studio e la ricerca.
Santa Nastro
https://www.archiviochiarafumai.it
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