Che cos’è la musica “drone”? Intervista alla compositrice Maria W Horn 

Il tredicesimo appuntamento della rubrica “Silver Walk of Muses”, curata dall’artista Samantha Stella, presenta il ritratto della compositrice sperimentale e artista visiva svedese Maria W Horn

Maria W Horn (Härnösand, 1989) è una musicista, compositrice e artista visiva svedese che vive a Stoccolma. Cresciuta tra le foreste del nord della Svezia, s’interessa in giovane età alla composizione musicale elettroacustica studiando al Royal College of Music di Stoccolma e l’Universität der Kunste di Berlino. Horn si inserisce inizialmente nel forte filone svedese della musica drone, capitanato dalla compositrice Catherine Christer Hennix: il drone è uno stile nato dal minimalismo, che enfatizza l’uso di suoni e note estesi e ripetuti a formare dei bordoni, utilizzati poi anche nell’evoluzione ambient, e fonda con altri musicisti, tra cui il fedele collaboratore Mats Erlandsson, la Sthlms Drone Society, collettivo con cui vengono allestiti ambienti sonori multicanali in lenta evoluzione armonica. La sua musica implementa suoni sintetici, strumenti elettroacustici e acustici e componenti audiovisivi, utilizzando sintetizzatori analogici, strumenti a corde, organo e cori, manipolati con linguaggi di programmazione e processi algoritmici, con cui esplora le potenzialità delle percezioni anche collegate a strutture di luce.  

Storia ed esoterismo nelle opere di Maria W Horn 

Armonie cupe e glaciali rivelano un soggetto spesso di natura gotica: il suo album di debutto Kontrapoetik del 2018, esprime la sua curiosità per la memoria storica e l’esoterismo popolare, indagando il legame nella regione dove è cresciuta tra i numerosi processi di stregoneria del XVII secolo, dove un quinto della popolazione femminile fu bruciata sul rogo o decapitata, e gli scontri armati del movimento operaio degli anni Trenta. Nell’ambito della ricerca, ha preso parte alla formazione di una setta femminista satanica che ha condotto una contro-lettura dei racconti della genesi cristiana, dove composizioni originali per organo, mellotron e sintetizzatore Buchla hanno accompagnato alcune cerimonie della setta, intesa come esperimento sociale.
Il successivo album Epistasis (2019), conferma il suo immaginario sacrale. Negli anni, Maria si è esibita in Europa e in America, prendendo parte a importanti festival e residenze artistiche. Nel 2020 debutta a Stoccolma il suo Dies Irae: al Tallinn Music Week Festival viene utilizzato un team di 40 coristi, a Milano viene presentato nella Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa. Nel 2022, dalla collaborazione con la musicista folk Sara Parkman, nasce Funeral Folk, album sulle pratiche del lutto. Il prossimo 23 novembre, Maria W Horn si esibirà in Italia al Transmission Festival di Ravenna. 

Maria W Horn, Dies Irae

Intervista a Maria W Horn 

La tua definizione di arte. 
L’arte dovrebbe trasmettere un’idea o un’espressione che evochi nozioni preconcette e abbia la capacità di stimolare la mia mente in qualche modo. Se paragonata a domini creativi come l’artigianato o il design industriale, l’arte dovrebbe a mio avviso distinguersi per un elemento di trasgressione, un processo di ricerca e una tensione verso nuove qualità espressive. 
 
La tua definizione di musica.  
Quando lavoro sulla musica il mio strumento principale è il senso della percezione, più precisamente l’atto di ascoltare. Quando sviluppo un’idea passo ore ad ascoltare e questo processo si evolve dalla strutturazione iniziale del materiale e dalla definizione di un quadro di riferimento, ma poco a poco il materiale diventa un’entità a sé stante che inizia a influenzare me e i miei sensi. Amo l’arte che ha questo aspetto trasformativo. 
 
Ti definisci un’artista?  
Di solito mi definisco una compositrice e un’artista, poiché spesso eseguo le mie composizioni da sola o in collaborazione con altri musicisti. 
 
L’opera di arte visiva che più ami.  
Per motivi nostalgici dovrò scegliere l’arte del pittore svedese John Bauer. Ha illustrato una serie di libri iconici per bambini con folklore e fiabe intitolata Tra gnomi e troll, e da bambina adoravo queste illustrazioni. Sono cresciuta in campagna circondata da grandi foreste e i dipinti di John Bauer hanno avuto un grande impatto nel coltivare il mio rapporto con la foresta. I suoi dipinti catturano quello speciale livello di realtà che esiste solo nelle profondità delle vecchie e fitte foreste di abeti rossi, una sorta di calma e malinconia. 

Maria W Horn. Photo Marta Tishner
Maria W Horn. Photo Marta Tishner

La canzone che più ami. 
Le mie abitudini di ascolto sono piuttosto cicliche, ascolto intensamente uno o due album per alcuni mesi e quando li esaurisco ascolto tonnellate di nuovi dischi finché non ne trovo di nuovi per cui ossessionarmi. Negli ultimi due mesi le mie ossessioni sono state i primi dischi delle band svedesi Witchcraft e Graveyard, musica perfetta per le corse nella foresta. Ma se devo scegliere un’opera che ha avuto un grande impatto su di me nell’arco di diversi anni, direi Trilogie de la Mort di Eliane Radigue. 
 
I tuoi recenti progetti. 
In autunno pubblicherò un nuovo album intitolato Panoptikon. Qualche anno fa ho composto un’installazione audiovisiva/ciclo vocale per un’ex prigione chiamata Vita Duvan, che tradotto significa “la colomba bianca”. La prigione si trova a Luleå, nella parte settentrionale della Svezia, ed è stata utilizzata tra il 1856 e il 1979. L’edificio è piuttosto particolare, poiché è l’unica prigione svedese costruita sulla base dell’idea del Panopticon formulata dal filosofo britannico Jeremy Bentham. L’idea era che la struttura circolare della prigione e il suo sito di monitoraggio centrale creassero un senso di onniscienza invisibile, la cui funzione principale era quella di rendere i detenuti consapevoli di poter essere controllati in qualsiasi momento, senza avere alcun modo di verificare se questo fosse effettivamente il caso. Ho trascorso circa una settimana a costruire un’installazione sonora e luminosa multicanale in cui il materiale sonoro principale era costituito da registrazioni di un ciclo vocale da me composto – le voci individuali immaginate dei detenuti. Ho collocato un altoparlante in ciascuna cella della prigione, separando ogni voce grazie all’isolamento forzato dell’architettura carceraria. Insieme formano un corpo sonoro che cerca la comunanza.  Le registrazioni di questo ciclo vocale – filtrate attraverso l’acustica della prigione – saranno pubblicate a novembre su XKatedral, un’etichetta di Stoccolma che gestisco con alcuni amici. 
 
Un ricordo della tua vita.  
Ho molti ricordi del mio primo gatto, un grosso e ispido gatto delle foreste norvegesi. Arrivò da noi come un piccolo gattino quando io e mio fratello gemello compimmo un anno; siamo cresciuti insieme e per molti anni è stato una costante della nostra vita. Questo gatto era il mio migliore amico e lo ricordo come la creatura più attenta. Sapeva sempre quando ero triste, conosceva tutti i miei nascondigli nella foresta e veniva sempre a confortarmi quando ne avevo bisogno. Ho un ricordo vivido di quando ero sdraiata sulla schiena nel prato sotto casa nostra, con l’erba alta e tutti i fiori di mezza estate in fiore, il gatto allungato sul mio busto. Fa le fusa e io lo coccolo mentre guardo le nuvole che si spostano lentamente sopra di me. Anche se il mio gatto è morto più di vent’anni fa, continua a farmi visita nei miei sogni, apparendo spesso come una forza protettiva e amorevole. 

Samantha Stella 

https://www.mariahorn.se/

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Samantha Stella

Samantha Stella

Samantha Stella, nata a Genova, vive a Milano. Artista visiva, performer, set & costume designer, regista, musicista, cantante. Sviluppa principalmente progetti focalizzati sul corpo e pratiche di discipline live utilizzando differenti linguaggi, installazioni con elementi strutturali e corporei, fotografia, video,…

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