“Tutta la luce che non vediamo”, su Netflix la miniserie tratta dal libro di Anthony Doerr
Il romanzo Premio Pulitzer diventa serie tv per la regia di Shawn Levy. La protagonista è un’adolescente non vedente, sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Ma quali sono le differenze tra il libro e la sua trasposizione cinematografica?
È su Netflix una nuova miniserie dal titolo Tutta la luce che non vediamo. Quattro episodi, diretti da Shawn Levy, da vedere tutti d’un fiato, tratti dall’omonimo romanzo di Anthony Doerr divenuto best seller oltre che vincitore del Premio Pulitzer. La protagonista di questo romanzo è una ragazza cieca, e per il lancio della serie Netflix insieme a Diversity Lab ha organizzato un piccolo grande evento, qualcosa di meno mondano e di vera bellezza: un’anteprima accessibile con proiezione fruibile da persone con disabilità sensoriali (cieche o sorde, ipovedenti o ipoudenti) del primo episodio grazie all’audiodescrizione e ai sottotitoli per persone sorde in italiano. Tutta la luce che non vediamoracconta qualcosa di unico, di tremendo e di emozionante.
Tutta la luce che non vediamo. La protagonista è un’adolescente non vedente
La trasposizione dal libro alla miniserie non è del tutto riuscita eppure Tutta la luce che non vediamo restituisce allo spettatore un po’ di ‘luce’, la stessa del titolo, rispetto agli orrori della guerra, del razzismo, della solitudine. La storia ha per protagonista Marie-Laure LeBlanc, un’adolescente non vedente interpretata dall’esordiente Aria Maria Loberti anch’essa cieca, che si ritrova da sola in una soffitta a trasmettere alla radio messaggi criptati rivolti alla resistenza, oltre che al suo amato padre. Sulla figura del padre bisogna un attimo soffermarsi: a vestire i panni di Daniel LeBlanc è Mark Ruffalo, fabbro che si occupa di tutte le serrature del Museo di Storia Naturale di Parigi e che costruisce per la figlia un modellino del quartiere in cui abitano per insegnarle a muoversi da sola; le insegna inoltre a leggere il Braille e le regala Ventimila leghe sotto i mari, un libro fondamentale per tutta la storia. Sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale, in Francia, tra Parigi e Saint-Malo. La frequenza sulla quale trasmette è la 13.10, una linea che nasconde qualcosa di magico (e che per ovvi motivi non riveliamo). Un assiduo frequentatore di questa linea radiofonica è il soldato tedesco Werner (Louis Hofmann), esperto di radiocomunicazioni: è soldato per divisa e per costrizione, in realtà si tratta di un’anima gentile e tenace, sottratto giovanissimo dall’orfanotrofio dove è cresciuto. Da un lato la devastazione, la paura, la violenza della guerra, e dall’altra il calore della voce, della cultura, del sapere, e poi c’è la radio, strumento di comunicazione ma anche vessillo di luce, accoglienza e conoscenza.
Tutta la luce che non vediamo. Una storia che va oltre gli orrori della guerra
Tutta la luce che non vediamo è stata girata tra Budapest e il nord della Francia, ed è un progetto a più mani: la produzione e la regia sono del canadese Shawn Levy, creatore di Stranger Things, affiancato dalla compagnia di produzione 21 Laps Entertainment che ci ha regalato storie come Arrival e Shadow and Bone.Shawn Levy, lo stesso regista anche di Una notte al museo, The Adam Project e l’atteso Deadpool 3, ha dichiarato riguardo al libro: “l’ho semplicemente divorato, sono rimasto colpito non solo dalla tensione narrativa propulsiva di questi destini che si intersecano, ma anche dalla storia della persistenza della speranza sullo sfondo dell’oscurità e della guerra, e di un mondo in cui il male esiste, ma l’innocenza in qualche modo sopravvive e il legame umano diventa salvezza”. Nel 2017, quando il libro di Anthony Doerr è uscito in Italia, è stato presentato come “lirico, potente, malinconico, un romanzo sulla follia della guerra e le conseguenze del destino”, e mai descrizione è stata più azzeccata. Il libro rispetto alla miniserie ha un arco temporale molto più esteso, va dal 1934 al contemporaneo e non è in alcun modo una storia di coraggio. È un racconto intenso, forte ed emozionante che permette di vedere oltre il bene e il male, di vedere qualcosa di buono lì dove è impossibile, di vedere una luce anche dove non c’è. Da un passo dello stesso libro: “quando ho perso la vista, Werner, mi hanno detto che ero coraggiosa. Quando se n’è andato mio padre, mi hanno detto che ero coraggiosa. Ma il mio non è coraggio; non ho scelta. Mi sveglio e vivo la mia vita. Tu non fai lo stesso?”.
Margherita Bordino
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