Museo di Arte Orientale di Torino acquisisce quattro nuove opere d’arte contemporanea
Marzia Migliora, Lee Mingwei, Kengo Kuma e Francesco Simeti sono i quattro artisti appena entrati nella collezione del museo grazie a un programma di commissioni site-specific
Nonostante Artissima sia giunta al termine, l’art week torinese continua a sorprendere presentando novità e iniziative. Una di queste è sicuramente il programma di residenze e acquisizioni site-specific del Museo di Arte Orientale di Torino, che porta nella sua collezione permanente quattro opere di altrettanti artisti di fama.
Il programma Declinazioni contemporanee del MAO di Torino
Fortemente voluto nel 2022 dal direttore del MAO, Davide Quadrio, il programma Declinazioni contemporanee nasce con l’intento di lanciare uno sguardo agli artisti del nostro tempo nell’ottica di favorire un dialogo mai statico con la stessa struttura museale. Concepito come progetto pluriennale, il format offre inoltre la possibilità di attuare scambi culturali dando non solo ospitalità agli artisti selezionati ma mostrandone anche i frutti in altre importanti istituzioni del resto del mondo.
Migliora, Mingwei, Simeti e Kuma: i nuovi quattro artisti della collezione del MAO
Le quattro opere fresche di acquisizione s’inseriscono all’interno del Museo ora in punta di piedi, come nel caso di Kengo Kuma e di Lee Mingwei, ora in maniera fragorosa e spiazzante, Marzia Migliora e Francesco Simeti. Ad accompagnare il pubblico nell’atrio è l’installazione luminosa Flying Kodama dell’architetto nipponico Kengo Kuma: una sorta di “sfera esplosa”, del diametro di 120cm, formata da tessere di frassino massello chiaro incastrate fra di loro. Un inaspettato oggetto fluttuante, dalle sembianze di un giocattolo-rompicapo giapponese, che grazie a una serie di strisce led invisibili pulsa dall’interno disegnando misteriosi giochi di luci e penombre in armonia con la fisicità della volta dalla quale pende. Sempre al piano terra è possibile ammirare i wallpaper dai rimandi medievali di Francesco Simeti. Intitolato Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità, il lavoro invade le pareti della zona di accoglienza del MAO per creare un ponte con Casa Giglio (dove l’opera è stata concepita e allestita in forma permanente), una realtà sociale sita nel centro storico di Torino che dal 2002 offre ospitalità gratuita alle famiglie prive di mezzi con bambini ricoverati all’ospedale Regina Margherita.
Le opere di Marzia Migliora e di Lee Mingwei
Imponente e solenne è invece Il rituale del serpente, l’incredibile opera di Marzia Migliora prodotta in collaborazione con il progetto A Collection di Giovanni Bonotto. Costituito da cinque arazzi realizzati in filo di carta e lana di pecora nera, il lavoro – anch’esso sospeso – invita lo spettatore a percorre lo scalone che porta ai piani superiori avvolgendolo nella sua monumentalità. Si tratta di un lavoro complesso e stratificato che, partendo da un confronto con le opere custodite nei depositi del Museo, attinge dagli studi iconografici di Aby Warburg per parlarci, tra disegni e frottage, tanto del potere immaginifico dei simboli achetipici quanto della forza del femminino. A chiudere il tutto è infine Le son de la pierre, l’installazione minimale e silenziosa di Lee Mingwei dedicata all’antica tecnica del kitsugi. Composta da un disco in ceramica, un sasso e un supporto di granito, l’opera si mimetizza fra le sculture in terracotta della sala dedicata alla dinastia Han per riflettere sulla forza resistente e rigenerante insita in ognuno di noi.
Le parole di Davide Quadrio
“Credo che in questo momento storico così triste e incredibilmente senza speranze”, sottolinea il direttore del MAO, Davide Quadrio, “il Museo debba aver proprio un obbligo morale di diventare un luogo sociale, di possibilità, di apertura proprio alle generazioni che vengono dopo di noi. Stiamo proprio lavorando con il Museo per interpretare l’attuale, non tanto il contemporaneo ma che cos’è rilevante per noi in questa società, in questo momento storico. Questo credo che sia una delle cose che cerco di portare proprio del sistema museale torinese”.
Valerio Veneruso
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