Moda e sport: il caso della maglia di Lionel Messi

L’impennata della domanda per la nuova maglia del calciatore argentino rappresenta un caso di marketing da manuale. Che spinge a riflettere sulla relazione tra moda e mondo dello sport

Quello che indichiamo con il nome “moda” è un fenomeno vasto. Faticano a registrarlo nella sua complessità i media che se ne occupano, che sembrano attivarsi a strappi e per compartimenti stagni. La frequenza del loro battito regolarmente aumenta in vista degli show, può avere improvvisi picchi d’attenzione per il cambio di casacca del designer star, più di recente ha dato segni di qualche attenzione alle incursioni dei maggiori gruppi del lusso nel mondo dell’arte (più o meno contemporanea). Tuttavia il termine avrebbe ragione di comprendere molte più persone di quelle che frequentano showroom, boutique o piattaforme del lusso. L’enciclopedia Treccani offre della “moda” una definizione così sintetizzabile: “Fenomeno sociale che consiste nell’affermare, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, modelli estetici e comportamentali. Modelli estetici che contribuiscono a rendere riconoscibile la cultura che esprimono”. 
“Modelli estetici e comportamentali” non sono per necessità solo quelli suggeriti dalle strategie di marketing di questo o quel brand. Ecco cosa è successo ad esempio quando la maglia #10 rosa indossata da Lionel Messi per un club di Miami dopo una sola estate è divenuta un fenomeno senza precedenti. il 7 giugno scorso Messi ha annunciato alla stampa spagnola la sua intenzione di raggiungere l’Inter Miami, una squadra tra le peggiori della Major League Soccer americana. Nel giro di un paio di giorni Adidas, che ne produce le divise, ha ricevuto quasi 500.000 richieste da negozi di ogni parte del mondo, da esaudire con il tessuto specifico nella tonalità specifica: Pantone 1895C. Oggi la #10 Rosa è il capo di abbigliamento sportivo più alla moda del pianeta. La si trova appoggiata sulle spalle dei tifosi del Nord e Sud America, a Buenos Aires come a Rio; piace ai ragazzini di Manchester ma pure a quelli di Bangkok.  

Louis Vuitton per l'America's Cup
Louis Vuitton per l’America’s Cup

Il caso della maglia di Messi

Il caso della #10 rosa va esaminato come una combinazione irresistibile della riconoscibilità di uno degli atleti tra i più amati; di un colore distintivo ed esotico; e della spietata (quanto spesso criminale) efficienza delle fabbriche tessili del sud-est asiatico. Resasi conto di quanto stava accadendo, Adidas ha reperito il poliestere riciclato il più vicino possibile alle fabbriche che le avrebbero prodotte e lo ha fatto addirittura prima della firma del contratto definitivo di Messi, avvenuta il 15 luglio successivo. Una scommessa che ha reso possibile la consegna delle prime edizioni a Miami entro il 18 luglio (va specificato che ordini e consegne segnano normalmente un arco temporale di sei-nove mesi). Nonostante questo il clamore si è rivelato così grande che le contraffazioni hanno altrettanto velocemente inondato il mercato globale. A Buenos Aires, dove Messi ha uno status equivalente a quello di tesoro nazionale, ci sono maglie rosa in vendita in ogni negozio, chiosco o bancarella lungo la centrale via dello shopping Calle Floridano, come al mercato di San Telmo. In una nazione sull’orlo della bancarotta, un falso arriva anche a costare 50 dollari. Fanatismo locale? Per niente. In Europa le maglie del team di Miami sono apparse a Miami durante una sessione di allenamento per i bambini delle scuole elementari, a Manchester insieme a quelle del Manchester United, Manchester City e del Liverpool.
Quanti pezzi tra ufficiali e contraffatti di questo capo siano stai venduti negli ultimi quattro mesi nessuno è in grado di calcolarlo.

Il rapporto tra sport e moda

Detto che Messi è il miglior giocatore della sua generazione (probabilmente il migliore di tutti i tempi) il caso della #10 rosa si accompagna al sempre più evidente interesse per lo sport attivo e i suoi eroi mostrato dal più potente tra i gruppi del lusso. Adidas (guidata a partire dal 1° gennaio 2023 dal CEO Bjørn Gulden e quotata alla borsa di Francoforte) in questo settore prospera da sempre, ma non è così per LVMH (CEO Bernard Arnault, quotata alla borsa di Parigi). Da LVMH è però venuto l’annuncio dell’accordo raggiunto come main sponsor per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi 2024, all’interno del quale sosterrà inoltre una serie di atleti individuali, tra cui il nuotatore francese Léon Marchand, la ginnasta Mélanie de Jesus dos Santos e lo schermidore Enzo Lefort. Subito dopo è arrivato l’annuncio del suo brand Louis Vuitton come main sponsor della 37° America’s Cup: il Graal della navigazione in programma a Barcellona a fine 2024. Due iniziative comunque non isolate. Negli ultimi anni Louis Vuitton ha realizzato bauli per i trofei di eventi sportivi come la Coppa del Mondo, le Finali NBA, il Gran Premio di Formula 1 di Monaco e la Coppa del Mondo di Rugby. Ambasciatori di Louis Vuitton sono tra l’altro Carlos Alcaraz il tennista spagnolo testa di serie numero 4 al mondo, che ha posato in una campagna di abiti formali, mentre Eileen Gu, sciatrice sino-americana campionessa olimpionica di free style ha sfilato per la Collezione Crociera di questo 2023. 
Di fronte a questo movimento compatto poteva rimanere in silenzio Kering (CEO Henry Pinault, quotata in borsa a Parigi e Milano) l’altro mega gruppo del lusso? Certo che no, e difatti il suo mobilissimo brand Balenciaga ha annunciato pochi giorni fa l’arrivo, per il 15 novembre, della sua prima collezione dedicata agli sport invernali. Se Moncler (CEO Remo Ruffini, quotata alla borsa di Milano) da brand nato con una specializzazione in questo segmento dello sport ha percorso la strada del total look, Kering con questa collezione di Balenciaga sembra muoversi sul tragitto inverso: la collezione comprende oltre a ready-to-wear, accessori e attrezzature specifiche di ogni tipo. 

Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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