Problematizzare il papato. Catherine Opie in mostra a Napoli

Negli spazi della galleria Thomas Dane, l’artista americana colpisce il Cattolicesimo al cuore. Il Vaticano è al centro di una serie di opere che mirano a contestare le dinamiche di potere della Chiesa

Frutto della residenza d’artista presso l’American Academy di Roma nell’estate del 2021, il ricco corpus delle opere di Catherine Opie (Sandusky, 1961) esposto presso la galleria Thomas Dane di Napoli costituisce la mostra Walls, Windows and Blood. Il tema della residenza era “l’idea di città”, che l’artista ha sviluppato con una originale ricerca sulla storia e l’architettura della Città del Vaticano, con le sue convenzioni e le sue leggi, con le sue contraddizioni e le sue crudeli bellezze. Tra denuncia e ammirazione, le opere di Opie catturano l’attenzione del pubblico attraverso una profonda esplorazione della genealogia del potere pontificio, discutendo il senso del Cattolicesimo e il suo impatto, perpetuato nei secoli, sulla società e sulle pratiche artistiche. 

La mostra di Catherine Opie a Napoli

Il mondo era oscurato dal lockdown, ma Opie lo scrutava con cristallina lucidità dalle stanze del Vaticano; l’artista aveva infatti accesso illimitato ai Musei Vaticani con la sola compagnia dei custodi e di alcuni studiosi. Con l’utilizzo sia di fotocamere e telecamere “tradizionali”, sia di sistemi di sorveglianza di ultima generazione, Opie ha analizzato i palazzi del Vaticano, fotografando Musei e mura di confine per sei settimane.
Walls. La mostra accoglie il visitatore con sette fotografie-sculture accostate alle colonne dell’atrio e appoggiate su piccoli piedistalli in marmo rosa-rosso (realizzati in loco da artigiani napoletani), eco degli altari e delle colonne presenti nelle chiese romane. I sette totem, imitando l’occhio delle telecamere di sorveglianza ritratte negli scatti, rappresentano le architetture e le strutture di potere e di controllo della sede pontificia e della religione in generale. 
Windows. Poetiche ed estatiche, le finestre del Vaticano, divisione parcellare di luci e di ombre, sono il punto ultimo di una soglia tra potere temporale e mistero ultraterreno. Sono fotografie che catturano un sapiente equilibrio tra opacità e trasparenza, tra nitidezza della forma architettonica e ambiguità del contenuto culturale. 
Blood. Per le opere disposte in serie di Blood – in una griglia che potrebbe ricordare la graticola di san Lorenzo – Opie ha fotografato e ingrandito ogni dettaglio di sangue, ferite, lacrime dei dipinti e degli arazzi della collezione dei Musei Vaticani. Tale dolore è per l’artista la dimostrazione delle violente storie radicate all’interno della Chiesa. Decostruire le vicende bibliche e storiche legate alla tradizione cattolica per plasmare, smembrando e ricucendo frammenti, simbologie inedite e più vicine al sentire contemporaneo è il fine ultimo di Blood; “Ogni componente è intenzionalmente separato” afferma, “affinché chiunque possa scegliere un sistema diverso, una storia diversa, se lo desidera”.

Catherine Opie, Walls, windows and blood, installation view at Thomas Dane, Napoli, 2023 © Catherine Opie. Courtesy of the artist, Thomas Dane Gallery and Regen Projects, Los Angeles. Photo M3Studio
Catherine Opie, Walls, windows and blood, installation view at Thomas Dane, Napoli, 2023 © Catherine Opie. Courtesy of the artist, Thomas Dane Gallery and Regen Projects, Los Angeles. Photo M3Studio

Le colpe della Chiesa nelle opere di Catherine Opie

La mostra si conclude con No Apology, dedicata alla congregazione domenicale del 5 giungo 2021. In quel particolare giorno, la Chiesa ha per la prima volta riconosciuto i corpi dei bambini indigeni trovati in fosse comuni in Canada, morti dopo aver subito abusi nelle scuole residenziali gestite dalla Chiesa e finanziate dal governo.
Opie focalizza il suo sguardo sul potere temporale della Chiesa, sul senso della cristianità tra dogma e morale e sulla relazione tra religione, identità e collettività. La sua mostra, elegante e profonda, è un antidoto necessario ai qualunquismi che spesso abitano l’arte contemporanea quando si avvicina alla critica delle religioni, e il sontuoso spazio di Thomas Dane ne è la culla perfetta.

Federica Maria Giallombardo

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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