Shirin Neshat: “La libertà è un privilegio per pochi”
L'incontro con Shirin Neshat è stata l'occasione per compiere un viaggio nel suo mondo, alla scoperta del suo lavoro audace, che sfida con maestria le convenzioni culturali e la complessa realtà dell'Iran. Ecco la videointervista
Abbiamo incontrato Shirin Neshat (Qazvin, 1957) al PAC – Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, durante il talk con l’artista ed i curatori Diego Sileo e Beatrice Benedetti. In questa occasione è stato dato l’annuncio della mostra antologica di Shirin Neshat, la prima retrospettiva italiana dedicata all’artista, prevista per il 2025 e patrocinata dal Comune di Milano, come ci ha spiegato l’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi durante la presentazione del progetto.
L’arte per Shirin Neshat
Per Shirin Neshat l’arte è un’urgenza, è un modo di vivere. Con le sue opere ci conferma che l’unica ragione per cui lei è diventata un’artista: l’impulso di dover rispondere alle domande che aveva per se stessa, come donna, da iraniana che vive in esilio, per dare un senso al proprio destino. Un destino che fin dalla sua giovane età è stato segnato profondamente dalle questioni sociopolitiche e religiose molto complesse del suo paese di origine, l’Iran.
Shirin Neshat nasce nel 1957 a Qazvin, città dell’Iran nord-occidentale a 140 km circa dalla capitale Tehran, una città che si trova ai piedi dei monti Elburz, quella barriera geografica e climatica tra la depressione del mar Caspio e l’altopiano iranico. In quel luogo l’artista trascorre gran parte della sua infanzia e alcuni anni della sua adolescenza.
Neshat, poi, per volere del padre, emigra con sua sorella negli Stati Uniti e per motivi di studio vi rimane a tempo indeterminato, a causa della rivoluzione che in Iran dal 1979 al 1989 vede l’imposizione del regime dell’Ayatollah Khomeini. La sua esperienza personale di esilio e di vita all’estero ha influenzato in modo significativo il suo lavoro artistico, portando alla creazione di opere che riflettono con lucidità le complesse esperienze della diaspora iraniana.
Neshat non ha mai visto la sua vita artistica separata dalla realtà quotidiana; il suo lavoro è un’espressione del modo in cui vede il mondo e del suo viaggio come essere umano. Attraverso l’arte si sente sempre giovane e riesce a dare voce alla sua parte più pura, come se improvvisamente ritornasse bambina per evolversi ed al tempo stesso, per continuare a vedere il mondo con nuovi occhi.
L’essere artista le permette di essere finalmente libera, respirando quel privilegio che lei stessa definisce con tutta la sua forza: “un privilegio per pochi”. Noi in Occidente diamo per scontato il concetto di libertà, quando in Iran, le sue connazionali vengono quotidianamente private di qualsiasi tipo di diritto e dignità, “nella scala sociale iraniana subito dopo gli animali, vengono le donne”, ci racconta con grande amarezza.
Le donne iraniane nelle opere di Shirin Neshat
In “The Fury” (2022), la video-installazione a doppio canale, presentata al pubblico italiano proprio al PAC il 16 ottobre 2023 in occasione del talk, lo spettatore viene travolto dalla forza dirompente delle immagini. La protagonista è una donna che balla su uno schermo, mentre nell’altro appaiono dei militari dagli occhi di ghiaccio, che la osservano con durezza e colmi di giudizio. Sotto questo assalto, la donna comincia a girare in una danza che rivela il suo terrore ed il presentimento che il suo futuro non sarà più lo stesso. Nella musica struggente e nella contrapposizione delle immagini, c’è il concetto di peccato, di colpa e di vergogna, che è alla base dei sentimenti predominanti delle donne iraniane.
Neshat si definisce un’artista nomade, ed è proprio quel nomadismo che le dà l’impulso creativo e la libertà di passare da un medium artistico ad un altro con tanta facilità e con brillante maestria. Dalle iconiche foto di “Women Of Allah” (1993-97) che l’hanno resa celebre al mondo intero alla videoarte e ai film. Le sue potenti immagini fotografiche evocano un’ambivalenza tra potere e vulnerabilità e sollevano domande sul ruolo delle donne nella società iraniana.
L’uso della calligrafia nelle sue opere rappresenta anche la complessità della cultura iraniana, che combina tradizione e modernità, le poesie incise sulle foto sono di Forough Farrokhzad, le sue metafore attraversano tutti quei confini, sia culturali che geografici e quelle barriere che Neshat con il suo lavoro vuole infrangere una volta e per sempre.
Il dualismo e l’atemporalità di Shirin Neshat
Il dualismo di Shirin Neshat è la cifra espressiva della sua creatività: lei è una donna forte, ma è anche fragile; vive in Occidente, ma ci parla dell’Oriente; non è completamente iraniana, ma nemmeno completamente americana. Anche nel suo essere madre nella vita quotidiana, si è ispirata in modo non convenzionale a donne creative, che proprio come lei hanno avuto un solo figlio, ma non hanno mai rinunciato alla loro carriera, alla loro visione ed al loro attivismo sia politico che culturale. Con il film “Land of Dreams” (2019), ci racconta i sogni degli americani, per poi scoprire che alla fine proprio quei sogni in realtà non sono poi così diversi dai suoi e nemmeno dai nostri.
Tutto il suo lavoro ha quella caratteristica tanto anelata dagli artisti: l’atemporalità. Lei ci spiega che così come i corsi ed i ricorsi storici rappresentano il cammino dell’umanità, quella iraniana è una cultura profondamente poetica e piena di misticismo. Una cultura che trascende dal tempo e dal luogo. La poesia e la letteratura iraniane, con i più grandi mistici come Rumi, Hafez, Saadi, hanno scritto in un modo che parla agli occidentali, così come alla loro popolazione locale e la loro rilevanza è “infinitamente senza tempo”.
In “Turbulent” (1998), video installazione che ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale D’Arte di Venezia del 1999, Neshat esplora le dinamiche di genere attraverso la musica tradizionale persiana. Il video presenta due schermi, uno di fronte all’altro, che mostrano un uomo e una donna che cantano in stanze separate, simboleggiando quella separazione di genere, così profondamente radicata nella cultura iraniana.
L’attualità secondo Shirin Neshat
Secondo Neshat, il momento storico che stiamo vivendo, ci impone di non restare spettatori impotenti di fronte alle tragiche notizie di attualità, ma bisogna agire e pregare per la pace affinché il bene possa prevalere ed aiutare la risoluzione dei gravissimi conflitti attualmente in corso.
Il premio Nobel per la Pace del 2023 è andato ad una donna iraniana: l’attivista Narges Mohammadi, che si trova tutt’ora in carcere dopo essere stata arrestata dal regime iraniano ben 13 volte, dal 1996. Narges è stata insignita del Nobel per la sua battaglia contro l’oppressione delle donne in Iran e per l’aver promosso diritti umani e libertà per tutti. Sono proprio questi i temi al centro della ricerca artistica di Shirin Neshat, come la questione dell’identità, sia individuale che collettiva.
In “Women Without Men” (2009), adattamento cinematografico del romanzo dell’autrice Shahrnush Parsipur – con cui Shirin Neshat ha vinto il Leone d’Argento alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia del 2009 – troviamo una narrazione surreale che segue la vita di quattro donne in Iran durante il colpo di Stato del 1953. Ognuna di queste donne sta scappando da questioni personali ben distinte e qualunque sia la loro oppressione, famigliare o religiosa; quello che le accomuna è che tutte scappano dalla città di Teheran, per poi trovare una forte connessione tra di loro mentre si riuniscono in un giardino, nel loro frutteto, cercando di vivere insieme in modo indipendente dagli uomini.
In questo contesto il paese dell’Iran diventa il quinto personaggio femminile, anch’esso alla ricerca di quella tanto anelata idea di libertà. In “Looking for Oum Kulthum” (2017) Neshat celebra una donna molto speciale, facendola conoscere per la prima volta fuori dai suoi confini geografici: si tratta di Oum Kulthum, l’artista più iconica del XX secolo nel mondo arabo.
Le storie di tutte queste donne che hanno vissuto e che sono sopravvissute ad una società dominata dagli uomini, che nonostante tutte le difficoltà sono riuscite a diventare degli individui, con la loro vita e con la loro tenacia ci aiutano ad essere delle persone migliori. Shirin Neshat nel raffigurarle, in tutte le loro sfaccettature, con la loro forza e la loro debolezza, si inserisce nelle loro storie e narrazioni per insegnarci, ma soprattutto per insegnare a se stessa, come andare avanti a testa alta nella propria vita, celebrando una “sorellanza femminile” nel nome di una energia più grande: il cuore pulsante ed espressivo della sua Arte.
Francesca Francone Maitreya
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