La Canestra di frutta di Caravaggio vola in Piemonte. All’Ambrosiana di Milano resta una copia digitale

A Milano sarà esposta una copia digitale, che comparirà su un monitor ad altissima definizione. E fioccano le polemiche: cosa rimane da vedere nei musei se si presta sempre tutto?

Palazzo Mazzetti, ad Asti, annuncia una mostra su Caravaggio dal 25 novembre 2023 al 7 aprile 2024. E fin qui tutto regolare. Cuore dell’esposizione sarà la celebre Canestra di frutta di Michelangelo Merisi, e qui sono emerse le prime problematiche: la Canestra è ciò che di meglio ha da mostrare al pubblico la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, che per sei mesi offrirà ai visitatori (il cui biglietto intero è di 15 euro) una… copia digitale. E la polemica serpeggia.

La copia digitale della Canestra di frutta all’Ambrosiana di Milano

La copia esposta nel museo di piazza Pio XI, ci tiene a far sapere l’Ambrosiana, non è una semplice riproduzione ma una serigrafia digitale certificata. Nello specifico, si tratta di un Daw, cioè un digital artwork prodotto dall’azienda Cinello, che comparirà su un monitor ad altissima definizione inserito in una cornice per dimensione e fattura uguale a quella dell’opera prima.

La polemica per i continui viaggi delle opere d’arte

Non solo l’opera va in trasferta per cinque mesi, ma nel museo verrà sostituita da una copia  bellissima meravigliosa fedelissima insomma i soliti discorsi. Ma mandare in giro la strabiliante copia e tenersi al museo il forse ancora più strabiliante originale no?!“, commenta la pagina satirica Mo(n)stre. Che riporta in auge l’annosa questione: è corretto prestare per così tanto tempo delle opere che rappresentano la parte più importante del patrimonio di un museo? Vero è che non si tratta di un prestito internazionale – su cui vigono divieti ben stabiliti (che avevamo affrontato qui) – ma di uno di poco più di un centinaio di chilometri. Che però significa per il museo una perdita temporanea significativa in termini di offerta espositiva, non diversamente dai casi del Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini, esposto per molti mesi all’Aeroporto di Fiumicino, e dei Corridori di Ercolano, continuamente prestati (anche per sfilate, come nel caso di Bottega Veneta) dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Che alcuni mesi fa è finito al centro di un’altra polemica del movimento Mi Riconosci per lo stesso motivo: è di giugno il post che chiede, per terzi, come sia possibile aver “pagato 23 euro d’ingresso […] per non vedere tantissime opere. Entro nella prima sala e ne mancano 3, nella sala successiva ne mancano altre, in quella dopo altre ancora e poi ancora e ancora e ancora; incluse opere tra le più famose, come i corridori di Ercolano e la cd. Saffo, ma anche un Donatello non c’era. Ho anche dovuto fare attenzione, perché alcune di queste opere mancanti erano state sostituite da stampe o copie di alta definizione. Ho finito per passare un sacco di tempo a guardare i vuoti e cercare di capire dove fossero tutte queste opere. Sono in prestito in almeno 15 mostre diverse, alcune concluse da mesi, dalla Corea, all’Austria, a Roma“. Che sia tempo di stabilire delle regole sulle tempistiche dei prestiti, anche nazionali, delle opere più significative di un museo?

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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