A Bergamo il FAI apre al pubblico Palazzo Moroni, gioiello seicentesco nella Città Alta
Nel 2019, l’accordo tra la Fondazione istituita dalla famiglia Moroni e il FAI garantiva l’avvio del cantiere di restauro che oggi consente di ampliare l’offerta culturale della città. La visita tra capolavori di pittura rinascimentale, affreschi barocchi, arredi ottocenteschi e uno straordinario giardino con orto urbano
Non è stato casuale, nel giugno 2020, il momento scelto dal FAI per restituire a Bergamo la fruizione di uno degli spazi all’aperto più preziosi della Città Alta: i giardini di Palazzo Moroni – estesi conterrazzamenti panoramici ai piedi della Rocca civica, sul colle di Sant’Eufemia – e la cosiddetta ortaglia, due ettari di campagna nel cuore dell’abitato storico, terreno acquisito nell’Ottocento per scopi agricoli, che conserva viti a pergola, alberi da frutto e di gelso, e il circolo di carpini che costituiva una voliera naturale per la caccia agli uccelli.
Il FAI e il recupero di Palazzo Moroni a Bergamo
Tre anni fa, la città lombarda diventava suo malgrado il simbolo della lotta al Covid: il recupero e la riapertura dei giardini, a concludere la fase più inaspettata e drammatica della pandemia, segnalavano la voglia di ripartire, facendo affidamento sul patrimonio culturale e l’identità bergamasca.
Ma il restauro di Palazzo Moroni, per la messa in sicurezza, la conservazione e la valorizzazione dell’edificio seicentesco, che prende il nome dalla famiglia che l’ha fondato e attualmente presiede la Fondazione Museo Palazzo Moroni istituita nel 2008, era iniziato nel 2019, quando l’immobile, con tutte le sue pertinenze, veniva affidato alla gestione del Fai, con l’intenzione di rendere il bene un patrimonio collettivo. Così Palazzo Moroni, grazie alla lungimiranza del conte Antonio Moroni (1919 – 2009), oggi rinsaldata da sua figlia Lucretia, fautrice dell’accordo con il FAI – diventava il primo palazzo urbano del Fondo per l’Ambiente Italiano: “La scelta di Antonio Moroni, nobile come quelle di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, di Pasino Bagatti Valsecchi e di Antonio e Marieda Boschi di Stefano, fa parte della storia più civile del nostro Paese dove ancora c’è chi ritiene che un gesto a favore della collettività sia un punto d’onore per il proprio nome e quello della propria famiglia” spiega il presidente FAI Marco Magnifico “E come tale ha dunque diritto di essere affidato al futuro e raccontato esattamente come le opere d’arte e di architettura oggetto di tanto dono. Nel segno della migliore tradizione italiana”.
Dunque alla riapertura dei giardini e dell’ortaglia (estesa per un decimo dell’intera Bergamo Alta) ha fatto seguito, nel 2021, la restituzione di quattro sale con affreschi barocchi seicenteschi (a opera del cremasco Gian Giacomo Barbelli), in concomitanza con le celebrazioni per il 500° anniversario della nascita di Giovanni Battista Moroni (Albino, 1520-1578) – tra i pittori più rappresentativi del Cinquecento lombardo e della ritrattistica rinascimentale italiana – di cui gli ambienti in questione conservano Il Ritratto di Isotta Brembati, quello di Giovanni Gerolamo Grumelli, meglio noto come Il Cavaliere in rosa, e il Ritratto di signora anziana.
Il restauro delle sale ottocentesche e il nuovo percorso di visita
E ora si completa il cantiere di restauro avviato nel 2020, che nell’ultima fase, a partire dal 2022, ha interessato cinque stanze ancora chiuse al pubblico, frutto delle modifiche che hanno interessato il palazzo intorno al 1835, in vista del matrimonio di Alessandro Moroni con la nobile milanese Giulia Resta (1838). Spazi raffinati per l’allestimento che fa largo uso di sete preziose, ceramiche orientali e francesi, arredi laccati e in stile impero, con decorazioni ad affresco che riproducono stucchi a trompe-l’oeil e si alternano a soggetti ispirati dal mondo classico ed esotico. A partire dal 22 novembre 2023, quindi, Palazzo Moroni torna ad aprire integralmente ai visitatori, che potranno percorrere l’intero piano nobile e tutto il mezzanino, oltre a continuare a godere dei giardini, che pure hanno beneficiato della sostituzione degli alberi e degli arbusti che si presentavano in condizioni fitosanitarie critiche, dell’integrazione di piante ornamentali nelle aiuole, della potatura dei tassi in forma e della realizzazione di percorsi in ghiaia a tutela dei prati. Oltre agli ambienti seicenteschi, il percorso di visita ampliato si articola tra Sala Gialla, Sala Rosa, Sala Azzurra, Salottino Cinese e Sala Turca – con arredi, tappezzerie antiche (restaurate con il contributo del Centro per la Conservazione e il Restauro La Venaria Reale) oggetti e opere d’arte originali che documentano il gusto e il modo di vivere aristocratico dell’Ottocento – e mezzanino, con il cucinone e l’appartamento utilizzato fino al 2009 dal conte Antonio Moroni. Si inaugurano, inoltre, gli spazi di accoglienza rinnovati, come la biglietteria con negozio, e nuovi servizi e strumenti di accompagnamento alla visita: proprio nel cucinone, un video-racconto con proiezioni immersive racconta, con la voce dell’attore e baritono Luca Micheletti, la storia della famiglia e del palazzo.
Al cantiere di restauro si è infatti associato un “cantiere della conoscenza”, avviando studi e ricerche coordinati dal FAI, a cominciare dall’archivio storico di famiglia. Nel 2024 queste informazioni confluiranno anche nel volume guida a Palazzo Moroni, edito da Skira. E sempre dal prossimo anno, in tema con l’impegno per l’accessibilità del sito museale, sarà disponibile una guida in linguaggio semplificato per orientare alla visita persone con disabilità intellettiva. Si organizzeranno, inoltre, visite guidate in LIS per persone sorde, mentre già allestiti sono i supporti tattili per non vedenti.
Dopo l’inaugurazione, Palazzo Moroni sarà visitabile dal mercoledì alla domenica, dalle 10 alle 18, al costo di 11 euro (salvo riduzioni).
Livia Montagnoli
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