La straordinaria opera incompiuta di Oscar Niemeyer a Tripoli in Libano

Mentre il conflitto tra Israele e Hamas rischia di espandersi in Medio Oriente, la storia dell’opera progettata a Tripoli dal celebre architetto brasiliano Oscar Niemeyer riporta l’attenzione sulle ambizioni di modernità del Libano. Tragicamente naufragate con la guerra civile, quasi cinquant’anni fa

Nei primi giorni di agosto decido di partire per Beirut – nonostante le (eccessive) raccomandazioni che leggo dal sito della Farnesina –, dove ad aspettarmi avrei trovato un mio amico libanese, architetto, che mi avrebbe fatto da guida per tutto il viaggio. L’idea non era di una vacanza estiva, nel senso instagrammabile del termine, piuttosto di usare quei giorni di riposo dal lavoro per allontanarmi dalle cose che già conoscevo e vivere un’esperienza che sapevo, seppur in minima parte, mi avrebbe fatto compiere dei nuovi passi, in avanti. Una sorta di terapia in cui il viaggio diventa momento di distacco dalla quotidianità e di ricongiungimento con sé stessi. 
Arrivo intorno alla mezzanotte in una Beirut umidissima, a causa di una heat wave anomala, e quasi interamente buia, per via della scarsità di energia elettrica disponibile solo in alcune ore della giornata. Dopo i primi giorni passati a capire la differenza tra sunniti e sciiti, la ricostruzione di Solider, ad immaginare l’esplosione del 2020, la convivenza tra le moschee e le chiese cristiane, il caldo asfissiante, l’hummus e i generatori di corrente a gasolio, andando su e giù per la costa, feste sui rooftop, muezzin dai minareti, checkpoint per controllo documenti e un po’ di filo spinato qua e là decidiamo di andare verso nord: destinazione Tripoli (c’è una città in Libano che porta lo stesso nome della Capitale libica) che è la seconda città più grande del Libano. È lì che mi era stato detto avrei visto la faccia autentica del paese ma soprattutto è lì che avremmo avuto l’opportunità di visitare una delle opere di architettura più potenti e poco raccontate del Novecento. E così è stato. 

La storia del centro fieristico di Oscar Niemeyer a Tripoli

Diamo appuntamento ad un altro nostro amico (che abbiamo scoperto solo per caso avere in comune) non lontano dall’ingresso del Rashid Karameh International Exhibition Center, uno dei più spettacolari, e tra i cinque più grandi complessi fieristici del mondo, disegnato da Oscar Niemeyer tra il 1962 e il 1967, in un’area che si estende su circa 70 ettari su un impianto di forma ellittica, situata tra il porto e il centro storico di Tripoli. A causa dello scoppio della guerra civile, nel 1975, tutti gli edifici della fiera sono rimasti incompleti, arrivando a noi oggi in pieno stato di abbandono. Per tentare di preservarne il più possibile di recente sono stati aggiunti nella lista World Heritage Tentative List dei siti Unesco. Per entrare nell’area serviva un’autorizzazione che noi non avevamo ma eravamo lì, sotto 40 gradi: mentre i miei amici cercavano di convincere la guardia a lasciarci passare, mi sono avvicinato alla recinzione in metallo da cui si intravedono solo la grande pensilina di ingresso e il grande arco in cemento armato. Questo bastava ad aumentare l’emozione e la voglia di fotografare tutto di uno dei più grandi esempi di architettura modernista, sconosciuto ai più, che era lì a pochi metri, incorniciato dal sole battente e dai condomini in cemento prefabbricato.

International Fair of Tripoli. Lebanon by Oscar Niemeyer, 1962-77 © Philip Cheung
International Fair of Tripoli. Lebanon by Oscar Niemeyer, 1962-77 © Philip Cheung

In Libano un eccezionale esempio di architettura modernista

Ad accoglierci troviamo le geometrie, uniche e riconoscibili, di uno dei massimi autori del XX secolo: contraddistinguono e identificano una serie di edifici a carattere educativo, ricreativo e culturale immersi in un giardino tropicale, collegati da vasche d’acqua e passaggi pedonali. A nord, una rampa conduce all’anfiteatro all’aperto, sormontato da un arco monumentale che costituisce una porta simbolica verso la modernità e un landmark per la città di Tripoli. Proseguendo troviamo una cupola interamente in cemento armato che è la copertura di un teatro dalla pianta circolare, un luogo che, grazie al suo stato di abbandono, è una scatola magica in cui il riverbero che si crea ad ogni passo diventa vibrazione materica. A sud troviamo l’edificio principale della Fiera, un enorme spazio espositivo coperto che si snoda su una pianta ad S, sotto il quale sarebbero dovuti essere installati i padiglioni espositivi dei diversi paesi. Verso l’uscita ci aspettando gli archi dorati del padiglione nazionale del Libano, un esempio di mediazione tra il linguaggio dell’architettura tipica araba e i colori e la libertà compositiva di quella brasiliana. Un cammino, tra caldo e cemento, per conoscere uno dei massimi esempi di architettura brutalista che appare come sospeso nel tempo e in attesa di essere riconosciuto, un po’ come i personaggi di Pirandello. Un viaggio nel viaggio, in cui scopriamo un’architettura svuotata dalla sua missione politica di cui oggi ne resta solo la forma; un luogo del possibile e della potenza inespressa che, attraverso la geometria pura ed elementare, avrebbe potuto emozionare gli occhi curiosi di circa un milione visitatori.

Oscar Niemeyer's Museum of Lebanon, Rashid Karami International Fairground Tripoli. © UNESCO Beirut Office
Oscar Niemeyer’s Museum of Lebanon, Rashid Karami International Fairground Tripoli. © UNESCO Beirut Office

Il brutale e sensuale “teatro dell’altrove” di Niemeyer

Niemeyer si inserisce nello scorrere del tempo disegnando una delle opere più rappresentative dell’architettura moderna: una perla ruvida e rara incastonata in un territorio intensamente contraddistinto dall’incedere violento della storia. Una quinta scenica, un grande teatro dell’altrove fatto di cemento, duro e brutale, ma anche soffice e sensuale con oggetti che si dichiarano per contrasto nel paesaggio circostante. Il maestro brasiliano scolpisce un luogo privo di riferimenti, uno stargate in grado di congiungere le sponde del Mediterraneo con quelle dell’Oceano Atlantico, con forme e cromìe che non appartengono a quei luoghi ma che in qualche modo lo hanno da sempre abitato. Negli ultimi anni è crescente l’attenzione per la conservazione e la ri-funzionalizzazione del sito: la più recente testimonianza è il concorso internazionale del 2019 vinto da MDDM, uno studio di progettazione di Beirut. Ma chissà se davvero quest’area avrà mai un futuro… 

Gianluca Ferriero

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Gianluca Ferriero

Gianluca Ferriero

Gianluca Ferriero è architetto con dottorato di ricerca in progettazione architettonica, urbana e degli interni al Politecnico di Milano, di cui una parte svolta come ricercatore al Het Nieuwe Instituut di Rotterdam.. Ha partecipato a diversi progetti di ricerca nazionali…

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