Community culturali. Tre gallerie d’arte e design a Milano che puntano al territorio

Sono architetti, critici e curatori. Nel nord-est di Milano, tra Porta Venezia e NoLo, hanno trasformato format espositivi itineranti in esperienze ibride geolocalizzate. E in luoghi dove incontrarsi per fare rete

Dalla vetrina su strada alla vetrina su Instagram: la creatività adotta nuove forme di comunicazione per confondere i confini tra analogico e digitale, muoversi liberamente nello spazio, preservare la propria comunità di riferimento. E questa, l’arte del networking, è un tratto peculiare di Milano che, nonostante tutto, sopravvive alle mille polemiche che ciclicamente la investono. Perché fare rete è una pratica che vivifica la curiosità e, fisico o metafisico che sia lo spazio di incontro, ciò che conta è riconoscersi e appartenere.

Il Crepaccio, Milano. Veduta dell’esterno della galleria, courtesy Il Crepaccio
Il Crepaccio, Milano. Veduta dell’esterno della galleria, courtesy Il Crepaccio

Il Crepaccio. Dallo spazio fisico al web

È sulla base della condivisione di questi codici non scritti che un progetto ha più o meno successo. Ce lo ricorda Caroline Corbetta, tra le curatrici d’arte più autorevoli e tra le prime a sperimentare il passaggio dal ‘Verso al Meta-verso’, ovvero dall’affaccio su strada all’affaccio sul web. “L’idea di una galleria online, dove inaugurare ogni settimana le opere di un giovane artista, mi è venuta nel 2017 mentre stavo ordinando tutto il materiale raccolto in quattro anni di Crepaccio ‘fisico’ in via Lazzaro Papi”. Il format che prevedeva di occupare la vetrina del ristorante Carpaccio di Milano, è nato nel 2012 durante un pranzo con Maurizio Cattelan: “Erano gli anni di recessione pre-expo. Milano non era affascinata dagli spazi ibridi e di contaminazioni. E l’arte si muoveva prevalentemente nei circuiti istituzionalizzati”. Ma Caroline ha fiuto, e da attenta osservatrice del mondo dell’arte, capisce che è tempo di ritagliare per i giovani luoghi di indipendenza e di offrire loro l’opportunità di raccontarsi. “Avevo voglia di fare progetti curatoriali nella mia città, lavorando su due miei chiodi fissi: i giovani artisti e Milano”. Esibizionista, inclusivo e trasversale, il Crepaccio è stato davvero una vetrina su strada aperta a tutti, anche a passanti e abitanti di quel quartiere multietnico, e ha saputo coinvolgere persone al di fuori del mondo dell’arte, come i veri progetti di cultura sanno fare: “riguardando le foto vedo tante, ma proprio tante facce sorridenti e ricordo unavventura totalmente non-profit basata sul ‘volontariato’ di curatori e artisti. Il Crepaccio era la cosa giusta al momento giusto”. C’è davvero da chiedersi se c’è di nuovo spazio e attenzione per operazioni come queste. C’è da dire, però, che nonostante l’antagonismo culturale latiti, se ci spostiamo qualche kilometro più in là, in zona NoLo, Milano ci sorprende con altri due spazi di aggregazione, più istituzionali nella pianta, meno nel tipo di esperienza che attivano, ma ugualmente riconosciuti dalla comunità del design.

Alessandro Mensi e Frederik De Wachter, courtesy Oxilia Gallery
Alessandro Mensi e Frederik De Wachter, courtesy Oxilia Gallery

Artisti emergenti e design di ricerca a nord di Loreto. L’esperienza di Oxilia Gallery

Fondata da Alessandro Mensi e Frederik De Wachter, con le sue due ampie vetrine su strada Oxilia Gallery racconta della relazione virtuosa tra design, modernariato, arte e artigianato e chiama a raccolta una comunità eclettica di creativi. Sino al 30 novembre, è in scena la produzione di Aleksandra Liput: l’artista polacca tratta tematiche legate alla paura, ai meccanismi di traumi ereditari, alla spiritualità e al pensiero magico. “I suoi lavori si riferiscono al mondo utopistico di sogni e desideri che riportano alla mente gli oggetti creati dalle antiche tribù, associati alle pratiche magiche e religiose”, ci spiega Frederik. Nell’esposizione Foul Air, l’artista ha radunato tutti questi elementi, creando uno spazio in cui possiamo immergerci per affrontare i nostri timori e capire quanto sia forte l’impulso di comunicare con il mondo fuori. In attesa di inaugurare, il 12 dicembre, la personale dedicata a Réjean Peytavin e alle sue scultoree ceramiche di Limoges.

Alcova Project Space. Tra spazio fisico e virtuale

Poco distante è anche Alcova Project Space, spazio in via Padova dedicato alle opere selezionate da Valentina Ciuffi (studio Vedet) e Josef Grima (Space Caviar) e in vendita online su Alcova Design Shop. In linea con l’impegno dei fondatori di Alcova di promuovere opere di produttori affermati ed emergenti provenienti da tutto il mondo, la piattaforma si pone come autorevole palcoscenico in grado di individuare i percorsi di ricerca e sperimentazione che possono agire concretamente sul futuro della disciplina del progetto. “Siamo interessati alle forme di pensiero collettivo che esplorano nuovi materiali per definire i codici di una nuova estetica e farsi manifesto di una nuova sostenibilità, attenta alle fragilità di genere e di giustizia sociale”, affermano Valentina e Josef. Alcova è pronto a migrare a Design Miami, negli spazi del Selina Gold Dust Motel, uno dei motel più iconici del quartiere Biscayne Boulevard/MiMo (al 6 all’11 dicembre). Insieme ai suoi designer, tra i quali spiccano i nomi di Architetti Artigiani Anonimi, Stefano Fusani, Stefania Ruggero, Massimiliano Marchesani ed NM3.

Paola Carimati

Il Crepaccio, via Lazzaro Palazzi 19
ilcrepaccio.org

Oxilia Gallery, via Nino Oxilia 9
@oxilia_gallery

Alcova Project Space, via Padova 29
alcova.xyz

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Redazione

Redazione

Artribune è una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria, del giornalismo e delle nuove tecnologie.

Scopri di più