Quarant’anni di arte a Roma. Il Macro indaga il collezionismo capitolino: e partono le immancabili polemiche. Ecco la video-risposta di Pietromarchi, e tante foto dall’opening
“Ripensare in modo più articolato il rapporto tra istituzione pubblica e collezionismo privato, concentrandosi su di una prospettiva storica che a partire dai primi anni Sessanta giunge sino ai nostri giorni”. In una città come Roma. Questo lo statement della mostra Collezionismi#2 – Arte a Roma 1960–2001, che si inaugurava oggi – 28 novembre – […]
“Ripensare in modo più articolato il rapporto tra istituzione pubblica e collezionismo privato, concentrandosi su di una prospettiva storica che a partire dai primi anni Sessanta giunge sino ai nostri giorni”. In una città come Roma. Questo lo statement della mostra Collezionismi#2 – Arte a Roma 1960–2001, che si inaugurava oggi – 28 novembre – al Macro, assieme ad altre esposizioni dedicate a Pascale Marthine Tayou, a Jimmie Durham, a Miltos Manetas, a Ludovica Gioscia.
Ed era quindi evidente che una singola mostra, neanche grandissima come quantità di pezzi e spazi occupati, potesse esaurire quarant’anni di panorama creativo peraltro articolato e dinamico come quello – almeno in alcuni periodi – della Capitale. E invece sono partite le polemiche: manca quell’artista, c’è questo e non quel gruppo, il curatore ha voluto trascurare tizio, e invece ha glorificato caio: ma il paziente Bartolomeo Pietromarchi risponde, nel video che trovate in questa pagina.
La mostra – malgrado i maldipancia suddetti – è piaciuta, ed è parsa comunque necessaria, per iniziare una riflessione utilissima sul ruolo del collezionismo privato: opere in qualche caso conosciute, in altri meno, tante ne vedete nella ampia fotogallery; dove vedete anche chiccera a via Nizza…
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