La grande mostra di Turner a Monaco di Baviera

Un’importante retrospettiva quella dedicata dalla Lenbachhaus di Monaco al grande protagonista del Romanticismo inglese. Circa 80 opere per raccontare il lato pubblico di Turner ma anche quello privato e meno noto

Introverso cui non mancava un tocco di britannica eccentricità, Joseph Mallord William Turner (Londra, 1775 – 1851) è stato l’artista che ha rivoluzionato la pittura di paesaggio, alla quale era interessato sin da giovanissimo; amante delle passeggiate nei boschi e in campagna, sviluppò, sulla scia del filosofo Jean-Jacques Rousseau, quel senso di ammirazione e partecipazione della natura che fu uno degli aspetti della cultura romantica e che, insieme a un innovativo uso del colore, fa di Turner uno degli artisti più importanti per quanto riguarda la nascita di una pittura, soprattutto di paesaggio, capace di lasciarsi alle spalle la freddezza dell’accademia e aprire la strada al Simbolismo, all’Astrattismo e persino al Surrealismo.

La mostra di Turner a Monaco

I curatori Karin Althaus e Nicholas Maniu hanno allestito la mostra su due percorsi, entrambi cronologici: sul lato sinistro della vasta Kunstbau, si può apprezzare il Turner “pubblico”, con le opere che espose in vita e una piccola sezione con i vari disegni tecnici con cui approfondiva le sue lezioni di professore di prospettiva alla Royal Academy of Arts di Londra, cattedra che tenne dal 1807 al 1837; sul lato destro, invece, sono esposti acquerelli, bozzetti e altri dipinti che invece rimasero celati al pubblico, molti dei quali per la prima volta visibili in Germania. Si tratta quindi di una mostra di studio, che approfondisce il punto di vista su un artista in larga parte già noto al grande pubblico. L’esposizione è organizzata in collaborazione con la Tate, che conserva quasi tutto il corpus delle opere di Turner, e fa parte di un progetto di scambio che nell’aprile 2024 vedrà il Blaue Reiter in mostra a Londra.

Turner e la vocazione per il paesaggio

Già negli anni della sua formazione presso la Royal Academy, il talento di Turner emerse abbastanza chiaramente, anche se la pittura di paesaggio che tanto lo interessava non era parte del curriculum scolastico, essendo in Gran Bretagna considerata assai meno significativa della pittura storica. Per essere libero di dipingere quello che preferiva, nel 1804 aprì la sua galleria personale in Harley Street. Qui affiancò alla lezione paesaggisti del passato – quali Canaletto, Lorrain, Poussain, de Loutherbourg e altri – la diretta osservazione della natura. Nel corso della sua vita compì, infatti, numerosi viaggi fra Inghilterra, Galles e Scozia, ma la sua voglia di scoprire altri luoghi (rivelando quel profondo senso dell’elsewhere che fu un altro tratto caratteristico del romanticismo britannico) lo portò anche in Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Svizzera, rallentato soltanto dalle guerre napoleoniche. Ovunque andasse rimaneva affascinato dai giochi di luce creati dalla natura, dai tramonti, dalle nebbie, dalle tempeste, in conformità al suo temperamento passionale ma anche umorale e solitario che, anche per le sue vicende sentimentali, lo apparenta a Vittorio Alfieri, altro irascibile contemplatore della natura. Fu John Ruskin a parlare di Turner come dell’artista che sapeva “misurare in modo emozionante e veritiero gli umori della Natura“. E mai la personalità della natura si era mostrata tanto drammaticamente come nei suoi dipinti, da cui sembra trasudare l’umidità della pioggia, la durezza della roccia, il tepore del sole al tramonto. 

La modernità di Turner

Nella fase matura della sua carriera, Turner apportò ulteriori innovazioni alla sua pittura, anticipando l’Impressionismo, ma gettando anche le primissime basi del Simbolismo e, forse, anche dell’Astrattismo: in ossequio al Romanticismo, che osservava la realtà dal punto di vista delle sensazioni interiori, i suoi dipinti si sganciano dalla chiarezza della realtà, per scivolare verso l’impressione, l’indefinito, il misterioso. Interessato agli studi sui fenomeni ottici e sul magnetismo (questi ultimi all’epoca in fase pionieristica, sviluppati da Mary Somerville e Michael Faraday), li tradusse in pittura per realizzare scene in cui la luce e il colore avessero il sopravvento, sospendendo la natura (e di riflesso anche l’osservatore) in un momento artistico indefinito in cui lo stato d’animo è l’unica chiave di lettura efficace. All’epoca, una simile concezione dell’arte stupì il pubblico e suscitò varie polemiche, al punto che il successo commerciale di Turner ebbe brusca fine e concluse i suoi giorni in povertà. I posteri, invece, hanno celebrato la sua prodigiosa modernità: anche se si dibatte ancora quanto dell’astrattismo di Turner sia dovuto alla mancata conclusione del dipinto o all’intenzione del pittore, è un fatto che quelle figure abbozzate, che sembrano cambiare forme e lineamenti a seconda della distanza e dell’inclinazione con cui si osservano, anticipano Monet, William Blake e Redon. Su queste basi Turner, solitario sognatore, è considerato uno straordinario innovatore dell’arte europea, che riportò in primo piano la bellezza e il mistero della natura.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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