A qualche mese dall’estate 2023, che l’ha vista protagonista delle mete vacanziere degli Italiani, il recente dibattito politico in relazione al nuovo accordo sulla gestione dei migranti e dei centri di permanenza torna a ricordarci che l’Albania di oggi non è solo un luogo di divertimenti, hotel e resorts invasi da turisti ed investitori attratti dalle spiagge ancora a buon mercato di Durazzo e Ksamil, ma una nazione; e la sua capitale Tirana, in particolare, si presenta come un interessante esperimento in bilico tra innovazione sostenibile e quartieri in cui c’è ancora molto da fare.
Tirana e l’architettura italiana
Molti i legami tra lo Stivale e il Paese delle Aquile: non a caso l’italiano è, dopo l’albanese, la lingua più sentita e parlata, sia dai circa 20.000 connazionali che negli ultimi tempi si sono trasferiti al di là dell’Adriatico, sia dai locali che lo comprendono meglio dell’inglese e lo hanno eletto un po’ ad idioma internazionale.
Le motivazioni storiche attraversano l’ultimo secolo, a partire dal Ventennio, passando per le generazioni cresciute con i programmi Fininvest che tanto hanno alimentato il mito de Lamerica così ben ritratta nel film di Gianni Ameliodel 1994.
Anche il landmark urbano porta la nostra impronta architettonica: tre, infatti, sono stati i piani regolatori cittadini affidati ad architetti italiani, il primo risalente ad Armando Brasini nel 1935, il successivo a Gherardo Bosio nel secondo dopoguerra e l’ultimo appena approvato di Stefano Boeri. È proprio il presidente della Triennale di Milano a firmare Tirana 2030, il nuovo masterlpan che promette di rivoluzionare la città e la sua vivibilità in termini ecosostenibili ed estetici e che è già una realtà in costruzione in alcuni quartieri come il Riverside district.
La capitale albanese è quindi, in molti suoi punti, un cantiere a cielo aperto: grandi studi internazionali come gli olandesi MVRDV (autori della riqualificazione della Piramide di Hoxha) e i danesi BIG e 3XN studio hanno realizzato progetti non solo in pieno centro, perfettamente integrati con gli edifici classicisti di Piazza Skanderberg, ma anche nelle periferie, come nel caso della difficile riqualificazione del blocco est della città.
In dialogo con la cima del monte Dajti, che troneggia sulla città, svettano all’orizzonte le cime dei grattacieli di Archea, ancora a firma italiana, e del MET del nostro Mario Cucinella, mentre i palazzi della gioventù albanese del Littorio e l’Opera del dopolavoro albanese sono oggi rispettivamente il Rettorato dell’Università Politecnica e l’Accademia delle Arti, a due passi dall’effervescente vita notturna del Blloku.
Tirana: affrontare e rivalutare il passato
Tirana è una città che non cancella il passato; lo rende piuttosto oggetto di un progetto di riqualificazione, al contrario del nervo scoperto di molta architettura nostrana. Basti pensare ai reiterati attacchi dall’estero, come quelli della storica americana Ruth Ben-Ghiat che sul The New Yorker si chiedeva: “Why are so many Fascist monuments still standing in Italy?”.
Forse la risposta è proprio nell’arte e nella sensibilità del Primo Ministro Edi Rama, al timone del Paese dal 2013, e nella collaborazione di personalità capaci di portare i segni di una sensibilità nuova che tiene conto della storia, senza cancellarne le tracce ma ricondizionandone i miti alla luce delle esigenze del nostro tempo.
Non stupisce allora questa dialettica tra un passato non negato, come nelle tracce ancora evidenti dei bunker che punteggiano la città, e una contemporaneità fluida e in divenire, fortissimamente voluta da Rama, che fu in grado di bloccare, in seguito alle proteste sollevate, il progetto per la demolizione del Teatro Nazionale.
Le università e i distretti culturali di Tirana
In ambito culturale, la prima cosa a colpire sono senza dubbio le università, quasi tutte straniere e private, il cui folto numero non frena tuttavia i molti studenti che scelgono di studiare in Italia, anche per la conoscenza della lingua, rendendoli tra i primi per presenza di Erasmus negli atenei italiani.
Stupisce quindi che proprio il quartiere universitario di Tirana sia situato in una delle zone più defilate, nell’area collinare e periferica di Qyteti Studenti, dove edifici contemporanei si alternano a vecchie botteghe di altri tempi e nuove villette in costruzione, molte di privati italiani.
Numerosi, infatti, i giovani imprenditori pugliesi che nella capitale hanno aperto i loro locali di ristorazione Made in Italy e che passano qui metà dell’anno facendo la spola con Bari. “Aprire il mio ristorante a Taranto sarebbe stato impossibile col mio budget iniziale” ci spiega Daniele, titolare di un ristorante con prodotti salentini. “Qui invece ho potuto realizzare il mio sogno lavorando per sei mesi all’anno. Il resto lo passo in Italia”.
Sdoganare gli stereotipi e offrire una ricca panoramica culturale sembra essere uno dei leit-motiv della capitale, basta solo saperle cercare ed essere buoni camminatori. Merita infatti la lunga passeggiata fino al Kino Studio District, a nord est del centro, lo spettacolo di tradizionali laboratori trasformati in ateliers (dove s’insegna ancora l’antica manualità della lavorazione della lana) e di vecchi garages e magazzini destinati a sale concerto o piccoli cineclub di quartiere. Gli stessi che promuovono la rassegna estiva di cinema, quotidiana e gratuita, nello spazio Open Air Tirana all’interno del Parku i Madh, dove si proiettano su maxischermo titoli internazionali e cinema d’autore per i moltissimi che frequentano anche i concerti ospitati dall’auditorium a poca distanza. Il parco infatti, vero polmone verde della città, è una delle zone più vivaci della città in termini di attività e offerta: non solo luogo dove rilassarsi in uno dei padiglioni internazionali dono di qualche Paese o artista straniero (come nel caso di The Cloud, l’installazione a griglia di Sou Fujimoto per il Serpentine Pavilion a Kensington Gardens nel 2013 che ora troneggia vicino a Piazza Skenderbej) ma anche sede di spettacoli ed eventi nell’Amfiteatri i Tiranes o lungo la costa del Liqeni Artificial i Tiranes, il lago cittadino.
Luci ed ombre di uno sviluppo a metà
Altro luogo in cui immergersi per respirare l’atmosfera storica della città, è quello di Pazari i Ri che ospita, nella città vecchia, il bazaar con il mercato del pesce e delle spezie. Un richiamo dell’atmosfera ottomana che si può respirare nel Distretto di Berat o ad Argirocastro, patrimonio UNESCO, per i pochi coraggiosi che affittando una macchina sono disposti a sfidare la dissestata rete stradale albanese.
A colpire in negativo è infatti sicuramente l’aspetto trasporti, sia all’interno della città, che non è dotata di rete metropolitana, sia all’esterno a causa dell’assenza di una ferrovia, come testimoniato dalla solitaria, simbolica locomotiva della vecchia tratta verso il porto di Durazzo in quello che è oggi lo scenario agreste del quartiere Stacioni i Trenit.
Procedendo invece a nord-ovest, prima di arrivare nel nuovo quartiere Don Bosco, ci si può imbattere nel Mozaiku i Tiranes, antico reperto romano della Chiesa di San Giorgio risalente al III secolo e che è oggi valorizzato come lacerto di una storia e di un legame con l’Italia che affonda le sue radici ben oltre il Ventennio.
In questo mix ideologico e culturale convivono, equamente distribuiti, musulmani e cristiani ortodossi, con una minoranza cattolica fedele al culto di Madre Teresa. Con la stessa naturalezza, visi antichi che sarebbero piaciuti a Pasolini si mischiano a giovani con piercing a bordo di monopattini o vecchi Sì della sempre nostrana Piaggio.
Il vero lusso qui è tutto italiano, che riguardi i prodotti più o meno originali o contraffatti delle nostre griffe: uno degli aspetti caratterizzanti del rapporto tra Italia ed Albania è infatti proprio il volume dell’interscambio, in particolar modo con riferimento all’agroalimentare, settore dal trend in continua crescita in fatto di esportazioni.
Le prospettive europee di Tirana
Ad oggi, nonostante il cambio vantaggioso della valuta (il Lek) e una realtà sociale che nella sua leggerezza e semplice spontaneità ricorda un po’ la nostra di qualche anno fa, l’Albania si presenta come un Paese dai forti contrasti e dalle palpabili contraddizioni, le stesse che hanno alimentato la disgregazione della zona balcanica e che hanno accompagnato la fine del regime comunista di Enver Hoxha.
Tirana: città caotica che stupisce per la quantità di vetture di lusso e fuoriserie circolanti con targa inglese, così come per il numero dei negozi di telefonia, ma al tempo stesso luogo che, forse protetto dai monti che lo circondano, mantiene vive le tradizioni secolari di pastorizia, ulivi e prodotti tessili, prime voci dell’export nazionale. Un centro urbano che è ancora capace di mantenere salda la sua identità di città portatrice di un pensiero meridiano legato alla sua storia, comprese le tracce ottomane e romane.
Chissà se questa crescita ambiziosa, insieme al nocciolo duro delle radici che resistono insieme a vecchi filmati d’epoca, troveranno un equilibrio stabile che renderà Tirana una metropoli solida, cosmopolita e in grado di traghettare l’Albania, con l’orgoglio della sua aquila bifronte, dentro l’Unione Europea in breve tempo.
Francesca Pompei
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