Le architetture oblique di Vincenzo Castella in mostra alla Triennale di Milano
C’è tutta Milano nei giochi di linee rette delle strade che si intrecciano con i contorni degli edifici e dei grattacieli e che danno corpo agli scatti del grande fotografo napoletano
È una mostra concentrata Architetture oblique, dedicata a due concetti della ricerca di Vincenzo Castella (Napoli, 1952): le città e gli orti botanici. Lo spazio è limitato ma la mostra, curata da Lorenza Bravetta, è stata costruita con la cura che caratterizza ogni lavoro di Castella. Chi la visita viene accolto da materiali video a parete in cui lo sguardo viene fagocitato dal movimento. Sotto ad essi sono piccole immagini di città, prove a contatto. Sempre all’entrata è un lavoro composto da stampe a contatto degli anni Ottanta, dedicate alla costruzione dello Stadio di San Siro, un lavoro poco conosciuto che, tuttavia, ci spiega il suo metodo di indagine sulla città, che potrebbe essere spiegato con la lettura fenomenologica che Maurice Merleau Ponty offre della cézanniana montagna Sainte Victoire.
Le città di Vincenzo Castella
Grandi immagini di città, Rouen, Istanbul, e soprattutto Milano in cui attraverso la visione dall’alto si possono leggere i cambiamenti della città, del tessuto urbano di cui il building è l’unità di misura. Un’installazione di fotografie del 2012 che indaga la zona tra la Stazione Centrale e Via Melchiorre Gioia, è caratterizzata da giochi di linee rette delle strade che si intrecciano con i contorni degli edifici e dei grattacieli.
In una delle teche è contenuto un target, un bersaglio del quale spesso Castella parla. Bersaglio che diviene appunto una sorta di meta operativa.
I dettagli degli orti botanici, colti da uno sguardo assai ravvicinato, sono proposti all’interno di immagini di grande formato che creano in chi guarda una sorta di spiazzamento visivo, anche in relazione alle vicine immagini urbane. Qui la natura ingloba lo spettatore che percepisce un senso di partecipazione. La città e la natura sono in un parallelismo continuo che dichiara quanto, molte volte, non riusciamo a vedere nella realtà.
Angela Madesani
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