Giorgio Manganelli, tra parole e immagini. La mostra a Roma
Lucio Fontana, Fausto Melotti e Carol Rama sono solo alcuni degli artisti esposti nella mostra dedicata a Giorgio Manganelli, intellettuale tra i più eccentrici del secondo Novecento
Il Museo di Roma in Trastevere rende omaggio a Giorgio Manganelli (Milano, 1922 – Roma, 1990) documentando i suoi frequenti sconfinamenti nei territori dell’arte (con articoli, saggi, prefazioni di cataloghi) attraverso le opere degli artisti che gli furono amici, che promosse, che in vario modo influenzò con la sua attenta scrittura evocativa. Attivo tra gli anni Sessanta e Ottanta a Roma e a Milano, i due poli culturali che predilesse e che contribuì ad alimentare, Manganelli fu uno degli intellettuali più eccentrici e complessi del nostro secondo Novecento.
La mostra su Giorgio Manganelli a Roma
Paradossale, irriverente, enigmatica, lambiccata, apocalittica, visionaria, funambolica: la prosa manganelliana, indocile agli schemi, non è facilmente rubricabile. Apprendiamo che non amava definirsi “scrittore”. Nella sua ultima fatica letteraria, Encomio del tiranno, scrisse di se stesso: “Io sono niente più che un giocoliere, forse un buono, forse uno scadente giocoliere, ma insomma un uomo che gioca”. Ricordiamo che fece parte del Gruppo 63, un movimento letterario eterogeneo e fortemente attratto dalla sperimentazione linguistica; e che collaborò a lungo con la RAI in qualità di autore assieme a Eco, Ceronetti e Calvino. Il palinsesto di questa mostra, ci spiega il curatore Andrea Cortellessa, è un libro (da lui compilato e chiosato) dal titolo Emigrazioni Oniriche, appena pubblicato per i tipi di Adelphi, che raccoglie gli scritti di Manganelli dedicati alle arti visive.
Gli artisti in mostra al Museo di Roma
Distribuite didascalicamente in tre sale, ci attendono le opere di Lucio Fontana, Fausto Melotti, Gastone Novelli, Carol Rama, Achille Perilli, Gianfranco Baruchello, Toti Scialoja, Giosetta Fioroni, Luigi Serafini, Franco Nonnis, Giovanna Sandri. Dinanzi ad ognuna di esse pazientemente ci attardiamo, con l’intento di cogliere, nel coacervo di stili e di esiti formali così dissimili, quel provvidenziale fil rouge che giustifichi o spieghi la loro reciproca prossimità nonché la predilezione estetica del loro originalissimo mentore. È ancora Cortellessa a soccorrerci e a fornirci, insieme, un indizio e un viatico, rivelandoci che “negli scritti di Manganelli c’è spesso un allusione al fatto che il territorio dell’arte è una sorta di realtà parallela, quindi, se vogliamo, un al di là”. Un mondo immaginale – ma fin troppo vitale – dunque, ben distinto dal nostro, più corrivo, precauzionalmente isolato da una insospettabile cortina, allusa con misterica levità dai fantasmatici Pulcinella di Serafini, dall’effimera plasticità musicale di Scialoja, dall’ermetica scultura polimaterica di Melotti, dalle improbabili geometrie eccentriche di Perilli.
Luigi Capano
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