Anche Roma si merita un museo di rappresentanza tipo Louvre?
Se Madrid ha il Prado e Parigi ha il Louvre, anche Roma dovrebbe avere il suo museo che ne rappresenti la storia. Come potrebbe o dovrebbe essere?
Negli ultimi giorni è emerso, nella stampa specializzata, un dibattito legato alla relazione tra Roma e i Musei. Tra le varie riflessioni che sono state pubblicate sul tema, sono sorte posizioni che meritano un approfondimento. In particolare, degna di maggiore riflessione è l’idea che Roma non possa avere, – per via della propria storia – un Museo pienamente rappresentativo, come in altre capitali europee ed internazionali. Si tratta di una posizione estremamente autorevole, che, volendo riassumere in poche battute, indica come non possa esserci per Roma ciò che il Louvre è per Parigi, o il Prado per Madrid. Questo perché, a differenza delle storie di tali città, la città di Roma ha presentato un ben più articolato pluralismo di potere, che ha dato vita ad un altrettanto visibile pluralismo della storia del patrimonio storico, artistico e culturale presente nella città. Senza entrare nello specifico del dibattito, è da segnalare che le conclusioni cui il dibattito è giunto sono ineccepibili soltanto se consideriamo il nostro presente fuori dalla Storia di Roma. Affermare che Roma non possa avere il proprio Museo significa ragionare, in altri termini, in un ventaglio temporale che attraversa i secoli e si ferma a ieri. L’oggi – in un ragionamento di questo tipo – è dedicato alla tutela e alla valorizzazione della storia. Del domani, nessuna traccia. Se si assume una prospettiva temporale differente, Roma non solo può avere il proprio museo, ma deve averlo. Un Museo che oggi non esiste, ma che va pian piano costruito. Perché la Storia di Roma, tra un secolo, sarà il nostro presente, e tra un secolo i cittadini del mondo avranno diritto di conoscere cosa sia successo alla città eterna dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi.
Come dovrebbe essere il Museo di Roma del futuro
Si tratta di un tema che presenta più margini di ambiguità, e che pertanto vanno fugati. Il primo è che non necessariamente il Museo di Roma debba includere esclusivamente opere di arte contemporanea: sicuramente tale collezione dovrà avere un ruolo importante, ma non totalizzante all’interno delle scelte curatoriali. Il secondo è che il Museo di Roma non per forza dovrà essere pubblico: sicuramente un museo pubblico risponderebbe meglio agli obiettivi di una tale istituzione, ma è anche vero che un museo privato potrebbe mostrare criteri gestionali di management più coerenti con le esigenze di una collezione che necessita di crescere nel tempo. Il terzo possibile fronte di ambiguità è il legame con la storia della città: un elemento estremamente rilevante, che tuttavia deve tener conto, e riflettere, la composizione sociale, politica ed economica che oggi caratterizza la città.
Ridimensionare le ambizioni di Roma e del suo Museo
Infine – ed è questo il passaggio più importante di tutti – avviare un percorso di questo tipo vuol dire accettare, in modo proattivo ed onesto, che la città di Roma non presenti più quella grandezza che ha mostrato nella storia. Accettare, in altri termini, che un po’ per le responsabilità della nostra politica, un po’ per le evoluzioni che nel frattempo hanno attraversato il pianeta, Roma è ben distante dall’essere tra le città più importanti del mondo. Non è Londra, o New York. Non è una delle capitali dell’estremo oriente. Non è una capitale finanziaria. Né una capitale dell’arte contemporanea. Né la capitale del cinema. Questo significa, in altri termini, che il Museo di Roma, almeno nelle possibilità attuali, non dovrebbe ambire ad essere il più grande del Mondo, perseguendo obiettivi poco raggiungibili sia sul lato culturale che sul lato economico. Dovrebbe semplicemente ambire a essere il più importante di Roma, sia per la propria collezione, sia, e soprattutto, per i servizi erogati. Una scelta lungimirante per il futuro culturale di Roma Tra duecento anni, l’Impero romano sarà una tappa storica ancora importantissima, così come il Rinascimento. Forse l’inizio di questo Millennio, a parte alcuni elementi degni di nota, non rappresenterà un capitolo storico avvincente come altri, ma iniziare a costruire un’istituzione che ambisca a crescere nel tempo, finanziata tanto dal pubblico, quanto dai soggetti privati, può essere l’inizio di un processo che potrebbe portare il Museo di Roma a divenire una delle tappe obbligate per il turismo dei prossimi secoli. Sebbene la città oggi non viva il massimo del proprio splendore, costruire un’istituzione che abbracci una visione pluridecennale di sviluppo, impostando in modo chiaro obiettivi di gestione, culturali e scientifici, potrebbe rappresentare una scelta forte e lungimirante, utile a innescare processi ulteriori, sia nell’ambito dell’arte, sia nel più generale ambito delle industrie culturali e creative. Sarebbe il segno di una città che non ha smesso di nutrire ambizioni, ma che abbia piuttosto imparato a calibrarle. Soprattutto, sarebbe il segno che Roma ha una prospettiva di lungo periodo.
Stefano Monti
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