Siamo soli ma sottoposti a molti sguardi. Lili Reynaud-Dewar in mostra a Parigi 

L’artista francese mette in mostra al Palais de Tokyo camere d’albergo ed atmosfere popolari. Una mostra impenativa per chiedersi a cosa serve, oggi, essere artisti

Negli amplissimi spazi al pianterreno del Palais de Tokyo di Parigi, la mostra Hello, my name is Lili and we are many gioca con lo spettatore. Il titolo fa riferimento ai personaggi che, coralmente, prendono parte allo sviluppo dell’esposizione: intervistati seduti in camere d’albergo, indirizzi e-mail nelle stampe dell’artista, gli artisti che hanno prodotto le opere e gli spettatori che le osservano. 
 

La mostra di Lili Reynaud-Dewar a Parigi 

 
L’artista francese ha portato una visione rivoluzionaria all’interno degli spazi del Palais de Tokyo. La mostra è suddivisa in due sezioni, costruite attorno a due ambienti principali. Nella prima sezione Reynaud-Dewar ha collaborato con il Gruppo Petrolio all’elaborazione di un documentario della durata di 970 minuti e composto da 19 episodi singoli. Allestita come una tradizionale brasserie francese, con sedie e tavoli di legno, tappeti e manifesti rivoluzionari, il riferimento fondamentale è alla bozza di Petrolio, di Pier Paolo Pasolini. Nella seconda sezione, Lili Reynaud-Dewar (La Rochelle, 1975) costruisce intere camere d’albergo in cui vengono proiettate confessioni intime. Sulle pareti, le stampe degli scambi via e-mail tra l’artista e il comitato curatoriale del Palais de Tokyo, e video in cui il corpo nudo di Reynaud-Dewar danza negli spazi del museo.
L’artista mette in scena il processo che l’ha portata dalla concezione alla realizzazione della mostra, esponendo ogni passaggio. 
 

Una comunione di sguardi nell’opera di Reynaud-Dewar 

Per oltre 16 ore, Il film di Gruppo Petrolio, collettivo coordinato da Reyanud-Dewar e con membri passeggeri e permanenti, vuole costruire una narrazione epica. Se Pasolini rifletteva sul decennio a cavallo tra gli Anni ’60 e ’70 identificandolo con l’ascesa dell’immaginario tecnocratico, la corruzione morale e politica, gli artisti vedono nella contemporaneità le stesse istanze: una crescita incontrollata del consumo, che inevitabilmente si riflette sulla distruzione del pianeta e sulla scomparsa di un’etica collettiva. Reinterpretando, sperimentando e improvvisando sul testo di Pasolini, il collettivo cerca di mostrare le pressioni esercitate sugli individui dal sistema neoliberista, per riflettere sul dovere politico dell’artista.
 Nella sezione personale, attraverso le interviste svolte da Reynaud-Dewar a colleghi, familiari e amici, l’artista si interroga sulla funzione stessa dell’arte: lo spettatore è invitato a prendere spazio all’interno della mostra, ad entrare nelle opere sedendosi sui letti, toccando gli oggetti che costruiscono le riproduzioni delle camere di alcuni alberghi della città di Parigi. Ciascun intervistato è solo nella propria camera d’albergo, e questa intimità permette il libero fluire dei pensieri, delle opinioni e delle sfumature più recondite dell’identità. 
L’artista ci mostra la nostra solitudine, che è la solitudine dell’artista, in un presente in cui stentiamo a riconoscerci. Allo stesso modo, priva ciascun soggetto della propria intimità, esponendo al pubblico interviste estremamente private: eliminando questa differenza, Reynaud-Dewar porta alla spettacolarizzazione del quotidiano nel quotidiano teorizzata da Debord – riferimento fondamentale nella poetica stessa dell’artista. La mostra, composta esclusivamente da opere site-specific realizzate per l’esposizione e aperta fino al 7 gennaio 2024, vuole indurci a riflettere su quale sia il nostro ruolo, il nostro dovere, in quanto individui, cittadini di un mondo che sfruttiamo incessantemente. 

Matteo Scabeni 

Parigi// fino al 7 gennaio 2024 
Hello, my name is Lili and we are many 
Palais de Tokyo 
13, avenue du Président Wilson 

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Matteo Scabeni

Matteo Scabeni

Nato vicino a Bergamo nel 1999, ha studiato prima presso l’Università Bocconi, dove si è laureato nel corso di Economia e Management per Arte, Cultura e Comunicazione con una tesi sull’architettura come agente di rinnovamento culturale, poi all’Università IULM, dove ha ottenuto la…

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