Menestrella nel Lager. Disegni e filastrocche di Aura Pasa. Bolzano 1944-45
Mostra dedicata ai disegni e alle filastrocche che la partigiana Aura Pasa fece durante la sua prigionia nel campo di transito di Bolzano. Si tratta di una testimonianza fuori dal comune che illumina lo straordinario spirito di una donna partigiana e ricostruisce “la fisicità” del Lager di Bolzano, di cui sopravvive solo un anonimo muro di cinta.
Comunicato stampa
Il Campo di concentramento allestito e gestito dalle SS a Bolzano tra l’estate del 1944 e la primavera del
1945 ha avuto uno strano destino. Pur avendo rappresentato, insieme alla Risiera di San Sabba, il principale
luogo di detenzione e di tortura nazista in Italia, esso è stato oggetto di una autentica rimozione fin dai mesi
successivi alla liberazione.
Nei primi anni Sessanta al posto delle baracche e delle celle, nell’area del Campo sorgevano una dozzina di
palazzine di edilizia residenziale. Fu solo a metà degli anni ’70 che iniziò il lavoro di recupero della memoria e
furono pubblicati i primi importanti studi, ma ancora negli anni ’80 era difficile trovare qualcuno che sapesse
indicare il muro che cinge le case al numero 80 di via Resia, l’unica traccia rimasta del Lager.
Da allora molte ricerche sono state fatte, si è lavorato per rintracciare documenti che permettessero di
ricostruire l’organizzazione del Campo e soprattutto le storie dei circa 11.000 uomini, donne e bambini che vi
furono detenuti. Ora l’installazione “Passaggio della Memoria” lungo il lato esterno del muro di via Resia ricorda
tutti i loro nomi.
Ma i taccuini che Aura Pasa fece nel Lager di Bolzano con i suoi disegni e le sue filastrocche, raccontano
molto di più dei nomi, raccontano i tempi, l’organizzazione, la vita e le relazioni all’interno del Campo, una
testimonianza praticamente inedita ad oggi che, oltre a parlarci della “fisicità” della vita in quel drammatico
contesto, ci trasmette un’incomprimibile volontà di resistenza, di forza interiore.
Il Campo di Bolzano era un Campo di transito, dove i nazisti radunarono, tra l’estate 1944 e la
primavera 1945, i prigionieri destinati a una successiva deportazione verso i grandi Lager del
territorio del Terzo Reich. Sono documentate diverse decine di uccisioni di prigionieri, talvolta
con metodi particolarmente efferati. Si stima che tra i prigionieri del campo vi fosse in media
un ucciso ogni quattro giorni. Frustate, percosse, vessazioni erano all’ordine del giorno.
In questo clima di violenza e di morte, Aura Pasa conserva la forza di fare dell’ironia cercando in vario modo di
esorcizzare un destino in cui i prigionieri sono ridotti a numeri, in balia dei carcerieri. Una capacità che come
sottolinea Debora Villa nel suo commento alla mostra, è un tratto prettamente femminile: “Le donne sono
capaci di trasformare le montagne in colline così che tu possa riuscire a scalarle. Creano oasi nel
deserto, arcobaleni nella notte. Danno la vita anche in tempi di morte. Riescono a ridere delle
disgrazie.”
La mostra progettata e realizzata da dall’Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti presso
la Casa della Memoria di Milano di Milano presenta un ampio estratto dei taccuini di Aura Pasa
affiancanti da oggetti, documenti originali e video.
Chi era Aura Pasa: diplomata presso la Reale Accademia delle Belle Arti di Venezia, insegna disegno in istituti
inferiori e superiori. Liberale e democratica, dal settembre 1943 inizia l’attività di partigiana combattente. Il 12
ottobre è arrestata su delazione di una spia infiltratasi tra i partigiani. Dopo otto giorni di interrogatori nella
sede del Teatro Romano di Verona è consegnata alle SS con l’accusa di essere “antifascista, antitedesca e
staffetta della Divisione Pasubio” e rinchiusa in una cella sotterranea. Il 28 ottobre viene trasferita nel campo di
concentramento di Bolzano ove rimane fino al 29 aprile 1945.