Intervista a Juta, il fumettista che disegna la paura
Il nuovo numero di Artribune Magazine accende i riflettori sul fumettista Juta, matita nota di Artribune, già al centro di una collaborazione nel 2018. Ecco l'intervista e un fumetto inedito dell'autore di San Marino
Al secolo Simone Rastelli, Juta (San Marino, 1991) è una vecchia conoscenza di Artribune. A distanza di qualche anno dalla nostra collaborazione, sfociata in una serie di storie pubblicate nel 2018, lo abbiamo intervistato per conoscere gli ultimi sviluppi della sua ricerca. L’intervista è accompagnata da un fumetto inedito che condensa gli aspetti principali della sua poetica: dolcezza, fragilità, senso del grottesco.
Intervista a Juta
Cosa vuol dire per te essere fumettista?
Che nella vita mi vengono delle idee a fumetti, e mentre faccio i fumetti mi vengono delle altre idee; quindi se non facessi i fumetti non avrei certe idee nella vita.
Un passato nell’autoproduzione, tanti fumetti seminati sul web, un libro pubblicato con Rizzoli Lizard. Mi aiuti a presentarti a chi non ti conosce?
Ho iniziato circa otto anni fa pubblicando delle storie brevi sul sito spezzoni.com; lì ci sono diverse decine di storie, a volte ne ho disegnate molte in pochi mesi e a volte tra una e l’altra sono passati anche anni. Però se si guarda la prima e l’ultima è evidente che in mezzo è passato parecchio tempo, anche tecnicamente sono cambiato moltissimo. Qualche anno fa ho aperto una pagina Instagram (@juta_supersocial) e ho sperimentato facendo cose ancora più brevi e ancora più istintive. Poi disegnando un primo libro è stato entusiasmante scoprire che ci si poteva concentrare di più sulle atmosfere e approfondire i personaggi. Adesso questa è diventata una cosa a cui penso molto quando disegno.
La collaborazione di Juta con Artribune
I lettori di Artribune dovrebbero ricordarsi di te. Nel 2017/2018 sei stato l’autore di una “rubrica” di fumetti molto amata, dal titolo Spezzoni dalle vite drammatiche. Chi erano i protagonisti di quelle storie?
L’idea molto semplice era che in ogni storia ci fosse il racconto di un personaggio diverso. Questi personaggi sono come dei passanti o delle comparse. Mi piace il formato della storia breve, perché non ci si aspetta nessuna trama e tutto passa attraverso dei dettagli che diventano significativi.
Quanto sei cambiato da allora, sia come persona che come autore?
Direi parecchio: qualche anno fa non pensavo a me come a un autore e adesso sì, anche se non sono sicuro che sia ok. Mi chiedo se questo vincoli la mia ricerca ad una sorta di coerenza, che in realtà non è richiesta da nessuno.
Crescendo, fare i fumetti è anche diventato parte della mia identità e probabilmente questo è soprattutto un limite, credo che c’entri con il tentativo di trasformare in un lavoro una cosa a cui vorrei poter dedicare molto tempo. Però cerco di pensare il meno possibile a queste cose e fare quello che mi va quando sono ispirato.
Il fumetto d’esordio di Juta
Nella nostra ultima intervista, pubblicata nel 2018, ci dissi di essere al lavoro sul tuo primo libro. Immagino si trattasse di Bambino Paura, poi pubblicato per Rizzoli, giusto?
Sì, probabilmente ero ancora in una fase iniziale del lavoro, credo ci fossero alcuni personaggi e una prima bozza della trama. Ho iniziato a disegnare le pagine che sono nel libro solo nel 2020, però prima avevo disegnato altre cose legate a quella storia. A un certo punto per fortuna l’editore dà delle scadenze, ti aiuta a rispettarle e grazie a questo il libro esiste – che è anche doloroso perché i libri hanno questa forma così definitiva con cui non mi sento molto a mio agio.
Si tratta di un graphic novel pubblicato nel 2021, che condensa gli aspetti poetici a mio avviso principali della tua ricerca: dolcezza, fragilità, senso del grottesco. Mi racconti di cosa parla il libro?
Racconta di Giulio, un bambino che ha recitato un personaggio spaventoso in un film horror e di sua sorella Stefania. La partecipazione di Giulio al film cambia alcune dinamiche quotidiane della piccola comunità in cui vivono. Le cose spaventose passano dal film alla vita reale, solo che nel film la paura è legata a dinamiche molto precise, mentre nella loro vita è più difficile capire da dove arrivi.
Dopo anni di autoproduzione e fumetti pubblicati sul web, com’è stata la tua prima esperienza con una grande casa editrice?
Mi ha dato soddisfazione fare il libro perché ci si può confrontare con un editor, e avere un buon motivo per dedicare molto tempo a uno stesso progetto, imparando un sacco di cose. Al momento sto lavorando a un libro nuovo e sono contento di farlo con una casa editrice perché è capace di fare crescere qualitativamente il lavoro e di creare relazioni con altre opere. Parallelamente vorrei sperimentare di più con l’autoproduzione e trovare altri canali per rendere sostenibile il mio lavoro. Credo che il fumetto sia un linguaggio molto adatto a trovare spazi interessanti anche fuori dal circuito ufficiale dell’editoria.
Il fumetto che hai realizzato per Artribune si intitola Serata tipo. Com’è nato?
L’ho disegnato di getto pochi giorni dopo aver ricevuto la tua proposta. In quei giorni (e vale ancora per oggi) si parlava moltissimo di guerra e violenza. Cose che mi fanno molta paura e tristezza.
Alex Urso
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