L’opera variegata di Juti Ravenna in mostra Treviso
Una vita passata tra Venezia e Treviso; un artista eclettico, difficile da etichettare, a metà tra Cézanne, De Pisis e la Metafisica
I Musei Civici di Treviso dedicano un focus monografico a Juti Ravenna (Annone Veneto, 1897 – Treviso, 1972) l’artista originario di Annone Veneto che dopo tre decenni trascorsi a Venezia, nel 1949 opta per Treviso come città di elezione. Le oltre cento opere designano il percorso espositivo curato da Eleonora Drago ed Eugenio Manzato.
Di Luigi Ravenna, nel 1949 Giovanni Comisso scrive che l’artista testimonia la forza della sua personalità, senza lasciarsi ingabbiare in un genere. Lo vede come un pittore non inquadrabile, che cerca di restare lontano dagli schemi o da generi consolidati. Allo stesso tempo, però, si confronta con la pittura metafisica, con il naturalismo, con Cézanne, con Valori Plastici, con De Pisis. Ma sempre interpretandoli in modo originale.
La mostra di Juti Ravenna a Treviso – le prime sezioni
L’esposizione è suddivisa in sei sezioni, ordinate secondo un criterio cronologico e tematico.
Nella prima, Annone e la formazione (1911 – 1919), rispettando la scelta cronologica, si mettono in risalto le fasi preparatorie e l’elaborazione di stili diversi con i quali Juti è venuto in contatto. Si inizia dunque dal luogo d’origine, Annone, per poi passare a Venezia, ove ci si sofferma sui contatti di Ravenna con gli altri artisti di Ca’ Pesaro, come Pio Semeghini e Gino Rossi. Si nota nelle opere un’intonazione metafisica, anche se interpretata in chiave personale.
Dal 1928 inizia la sua partecipazione alle Biennali, e la mostra lo ricorda con vedute veneziane e di Burano, paesaggi marini, angoli d’interno. Composizioni strutturate e dal disegno compatto, che condividono l’uso spigliato e consapevole del colore.
La mostra di Juti Ravenna a Treviso – le ultime sezioni
Incursioni nel sacro è il titolo della quarta sezione. I curatori hanno voluto metter in risalto un aspetto poco conosciuto della produzione artistica di Ravenna. Riproducendo in scala reale gli affreschi nella cappella di San Giovanni Battista realizzati nel 1927 e ancora visibili all’interno del Duomo di San Donà di Piave.
Un soggetto presente sempre nel percorso creativo di Ravenna è il ritratto. In mostra si trova l’Autoritratto in costume da Pierrot del 1938. Vi si potrebbe leggere la poetica di Cézanne: costruire le forme a partire dal colore. Anche se nello sguardo e nella posizione del volto emerge un certo interesse per l’introspezione, ciò che importa ancora una volta è il fascino della pittura. L’uso dei colori nel costruire l’immagine. La sua solidità.
L’ultima parte della mostra è dedicata alle nature morte: uova, vasi con fiori, composizioni con bottiglie, che nella configurazione dei volumi richiamano ancora De Pisis.
Fausto Politino
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