Enel Contemporanea sale sopra i tetti di Roma, ma nel bilico di un canneto. I Gemelli Starn allestiscono un organismo di bambù di fronte ai padiglioni del Macro. Video in anteprima
Si apre il 10 dicembre con una festa ad inviti e l’11 per il pubblico, in tempo in tempo per Natale nonostante l’opera poco si presti a climi infausti, ma noi siamo stati già lì e benché la torre di canne ancora non sia del tutto terminata, siamo saliti fin quasi in cima. Il video […]
Si apre il 10 dicembre con una festa ad inviti e l’11 per il pubblico, in tempo in tempo per Natale nonostante l’opera poco si presti a climi infausti, ma noi siamo stati già lì e benché la torre di canne ancora non sia del tutto terminata, siamo saliti fin quasi in cima. Il video vi testimonia la scalata sul Big Bambù dei fratelli Doug e Mike Starn (li abbiamo intervistati, proprio nel loro studio di Beacon, nello stato di New York, qualche settimana fa) installata tra i due padiglioni-Macro dell’ex Mattatoio di Testaccio a Roma. Si tratta dell’opera – permanente, come altre del ciclo Enel Contemporanea – con la quale Enel festeggia i suoi 60 anni di vita. “Per la fruizione dell’opera è necessario indossare scarpe adatte: basse e, preferibilmente, con suola di gomma” recitano gli avvertimenti. E poi occorre firmare una liberatoria perché tutto è rigorosamente omologato, ma Big Bambù rimane pur sempre un grattacielo di canne da 25 metri tenuto insieme esclusivamente grazie a cordini da climbing. Operazione balistica formidabile tanto più che dentro l’opera – curata come tutte quelle di Enel Contemporanea da Francesco Bonami – trovano spazio stage, piccoli teatri, aree di relax (o volendo di ristoro) con tanto di chaise longue per i visitatori. 8mila canne di bambù tenute insieme con una qual certa idea di non finito, anche grazie alla flessibilità di questo materiale che è diventato la firma dei due gemelli americani.
“Un’opera che cambia la prospettiva dell’ex Mattatoio e che cambia la prospettiva dall’ex Mattatoio”, sottolinea l’assessore alla cultura della città di Roma Dino Gasperini. E in effetti, salendo in alto sulla scultura, uno dei dati interessanti, una delle sensazioni più presenti (oltre a quella dell’instabilità, quella della vertigine, ma allo stesso tempo quella di una natura che con i suoi elementi riesce a dare sicurezza e ricovero) è l’apertura dello sguardo. Un panorama inedito su una Roma che non è Roma, per dirla pasolinianamente: Ostiense, Porta Portese, il Monte dei Cocci e tutta Testaccio con le sue chiese degli anni Trenta, e poi il verde superborghese dell’Aventino e dalla parte opposta i Gazometri. L’installazione è sorprendente perché, guardandola da fuori, magari da lontano, mai penseresti che al suo interno possa essere così “abitabile”. E, anche, così fragile e resistentissimo allo stesso tempo.
Al Macro vogliono, anche grazie ad Enel, ripetere l’exploit che Carsten Holler fece con le sue farfalle. Lo chiamano “effetto wow” e ne abbiamo già parlato per quanto riguarda l’installazione di Tomàs Saraceno all’Hangar Bicocca di Milano. Non c’è dubbio che dall’11 dicembre anche a Roma chi vorrà “provare” la scalata sul Big Bambù dovrà mettersi in fila. D’altronde il Big Bambù che i due proposero al Metropolitan di New York due anni fa fu, quell’anno, la quarta mostra più visitata al mondo…
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