Il pittore Francesco Lauretta festeggia i suoi 60 anni con una mostra a Milano
“Finché non si è dipinto in grigio, non si è pittori” diceva Cézanne. Francesco Lauretta approda al non-colore in tutte le sue tonalità, con una nuova serie di opere in mostra alla Galleria Giovanni Bonelli
Ha compiuto sessant’anni lo scorso 14 gennaio Francesco Lauretta, tra i pittori della sua generazione uno dei più visceralmente agganciati al pennello e ai colori saturi da stendere sulla tela. È pur vero che Lauretta, nel corso degli anni, ha spesso provato a contaminare la sua pittura con ogni genere d’invenzione, memore forse dell’insegnamento di quel James Lee Byars conosciuto durante le sue peregrinazioni veneziane. Tuttavia, tela e pennello restano nel suo lavoro protagonisti assoluti, esattamente come accade in questa sua ultima Grigio Contemporaneo.
Chi è Francesco Lauretta
Nato a Ispica, in provincia di Ragusa, nel 1964, Lauretta è “fuoriuscito” (il vocabolo nel suo caso specifico si adatta meglio di “emigrato”) dall’isola nella seconda metà degli Anni Ottanta per studiare a Venezia, per poi frequentare l’enclave artistica di Torino nei primi Anni Novanta e quindi fermarsi a Firenze, dove attualmente vive. Almeno quando non peregrina da un locale a un museo con la sua bizzarra accademia spontanea battezzata Scuola di Santa Rosa, dove “opera” (il vocabolo si adatta meglio che “insegna” per descrivere queste sue docenze) a studenti non iscritti di ogni genere ed età insieme al suo compagno di ventura Luigi Presicce.
La mostra di Francesco Lauretta a Milano
Questa alla Galleria Giovanni Bonelli non è la sua prima mostra personale a Milano, ma giunge in un momento particolare della sua vita: sessant’anni sono un confine sino al secolo scorso ritenuto senza possibili ritorni nell’arco di una vita, oggi nell’era del post-tutto divenuto molto più incerto. Per Grigio Contemporaneo Lauretta ha dichiarato unaserie di patrocini tutt’altro che banali. Proviamo ad elencarli. L’innesco deriverebbe dalla lettura di Grigio. Il colore della contemporaneità (2023), libro in cui il filosofo tedesco Peter Sloterdijk fa del grigio il simbolo di una meditata indifferenza, utile per abbandonate ogni engagement a favore di una “medietà attiva, al servizio di un evento più grande”.Una visione che si sposa perfettamente con il sentire di Lauretta, per natura alieno ad ogni postura ideologica. Lauretta tuttavia non nasconde altre influenze: in primis quelle il pendolo tedesco che oscilla tra Karlsruhe e Berlino, quindi – a fianco di Sloterdijk – Peter Weibel, Thomas Macho e Byung-Chul Han, ma pure lo storico francese Michel Pastoreau e Peter Handke de I colori del giorno.
Superfetazione teorica? Per niente. Lauretta è dotato di un’erudizione fuori dal comune: accanito lettore e frequentatore di musica colta ha fatto dell’affabulazione un metodo di lavoro. Non è la prima volta ad esempio che nelle sue esposizioni la pittura è accompagnata dalla scrittura. In Grigio Contemporaneo, al visitatore viene offerto non il testo di un critico, ma undici brevi lettere che Lauretta indirizza a Paul Cézanne. Quasi certamente ispirate da quelle scritte nel 1907 da Rilke alla moglie dopo essersi recato a Parigi al Salon d’Automne per conoscere le opere del pittore francese. Le lettere di Lauretta accompagnano idealmente otto piccole tele tutte con lo stesso titolo (Noi, Cézanne): si tratta di una serie di nature morte dove dal grigio staccano alcuni elementi dai colori accesi. Il carteggio ideale con Cézanne (per Lauretta un maestro dotato di una postura irraggiungibile) si chiude con un’affermazione di quest’ultimo: “finché non si è dipinto in grigio, non si è pittori”.
Le opere di Francesco Lauretta in mostra da Giovanni Bonelli
Tutti e diciassette i lavori presenti per questa mostra da Bonelli sono stati eseguiti durante il 2023: agli otto Noi, Cézannesi affianca, della stessa dimensione, un Noi, Picasso mentre si passa a una scala superiore per altre figurazioni più consone (il sagrato di una chiesa siciliana, un grande crocifisso, bagnanti su una piattaforma di fronte al Mediterraneo) a quel che si conosce di Lauretta. E qui la sorpresa è anche maggiore. Nella sua precedente produzione c’è il ritratto di un’enorme cassata siciliana (Senza titolo, 2021, olio su tela, 180×220 cm) che può essere considerato emblematico della sua destrezza nell’uso del colore, in questo caso insieme zuccheroso e arso come è tipico del più popolare tra i dolci siciliani. Rivedere sulle pareti della galleria milanese (per l’occasione ridipinta in Pantone Cool gray 1 C) alcuni temi ricorrenti di Lauretta sviluppati su grandi formati in differenti tonalità di grigio è davvero affascinante. Perché il non colore voluto qui da Lauretta suscita inevitabilmente il ricordo (ma non la nostalgia) per quel supercolorato che è stato (sino ad ora) una sua tipicità.
All’alba di un nuovo decennio della sua vita, dopo tante peregrinazioni, Lauretta non sembra comunque volersi distaccare dalla potente sicilianità che lo caratterizza.
Aldo Premoli
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