Torna Arte Fiera a Bologna e compie 50 anni. Intervista al direttore Simone Menegoi
Come sarà la prossima edizione di Arte Fiera? Lo spiega il direttore della mostra mercato d’arte contemporanea che nel 2024 compie 50 anni. Non senza qualche idea per il futuro…
È passato mezzo secolo da quando Arte Fiera ha aperto i battenti nel 1974 con sole 10 gallerie. La manifestazione fieristica più antica di Italia inaugura dal 1 al 4 febbraio a Bologna con molti espositori in più e una ricognizione sulla performance, passata, presente e futura. Ci ha raccontato tutto questo il direttore Simone Menegoi.
Un’altra edizione di Arte Fiera si apre: un’edizione di grande importanza perché scandisce mezzo secolo di fiera. Come è cambiata Arte Fiera dall’anno di fondazione ad oggi?
Da quando Arte Fiera è nata, Anno Domini 1974, è cambiato tutto: la società, la politica, il mondo – e naturalmente, quel pezzo di mondo che sono le fiere d’arte. Quando Arte Fiera aprì i battenti, con un’avventurosa edizione pilota di appena dieci gallerie, le fiere in Europa si contavano sulle dita di una mano; oggi, quella mano non basta a contare le fiere in Italia. La kermesse bolognese ha dovuto fare i conti con una schiera di concorrenti che lei stessa, facendo da apripista, ha contribuito a generare. E la sua risposta è stata quella di specializzarsi, concentrandosi sui propri fondamentali: la forza attrattiva nei confronti del grande pubblico, più vasto di quello degli addetti ai lavori; la forza commerciale, che fa leva su un collezionismo medio-piccolo, specialmente del Centro e Sud d’Italia, che altre fiere faticano a intercettare; la capacità di rappresentare le gallerie e l’arte italiana del ’900 e contemporanea.
Arte Fiera ha attraversato diverse stagioni e momenti all’avanguardia. Quest’anno, ad esempio, si celebrano le performing arts guardando a uno storico appuntamento…
Una delle iniziative con cui festeggiamo il mezzo secolo di Arte Fiera è una mostra curata da Uliana Zanetti e realizzata in collaborazione con il MAMbo, che si intitola “Praticamente nulla da vendere” e racconta un episodio poco noto ma straordinario: la rassegna di performance di artisti come Urs Lüthi, Franco Vaccari, Marc Camille Chaimowicz, Vincenzo Agnetti, Sanja Iveković e molti altri, che animò l’edizione di Arte Fiera del 1976 per iniziativa di alcune gallerie.
Perché questo titolo?
Il titolo viene da una frase di Rosanna Chiessi, che fu una delle protagoniste della rassegna con sua galleria Pari Editori & Dispari (“Praticamente, non avevamo nulla da vendere”) e la dice lunga sullo spirito pionieristico dei partecipanti.
La performance è dunque di casa ad Arte Fiera fin dall’inizio – opere di artisti che hanno fatto del corpo vivente un’opera, da Luigi Ontani a Fabio Mauri, erano presenti addirittura nell’edizione pilota del 1974 – e ci è sembrato giusto rilanciarla negli ultimi anni con una regolare programmazione di azioni dal vivo. Nel 2019-2022 la performance è stata affidata a Silvia Fanti / Xing; dal 2023 il testimone è passato a Bruna Roccasalva, Direttrice artistica della Fondazione Furla, che sostiene il programma di performance in partnership con la fiera. La protagonista dell’edizione del 2024 è Daniela Ortiz, artista peruviana la cui performance partecipativa, inedita e prodotta per l’occasione, tocca un problema di drammatica attualità: l’industria degli armamenti e il ruolo che gioca a livello geopolitico.
Ci sarà inoltre una inedita sezione tra gli stand. Ci dici di più?
Avevo in mente fin dal principio due sezioni, che mi sembrava mancassero in altre fiere italiane: una per la pittura contemporanea e una per le opere in edizione. La prima ha richiesto un anno di preparazione (“Pittura XXI” è partita nel 2020) e ha conosciuto un immediato successo, la seconda ha avuto bisogno di più tempo (“Multipli” ha preso il via solo nel 2023) e, dopo un esordio positivo sull’onda della novità, ritorna quest’anno ampliando la sua offerta. Resto convinto che entrambe le iniziative siano profondamente in sintonia con lo spirito della fiera bolognese.
Spiegaci meglio
Multipli, nello specifico, gioca sull’identità di Arte Fiera come fiera per il grande pubblico e per il collezionismo in erba, proponendo opere in edizione – dal libro-opera al gioiello d’artista all’oggetto moltiplicato – in una gamma di prezzi per qualunque tasca, e spaziando da artisti storicizzati a proposte di giovani emergenti. (Un elogio ad Alberto Salvadori, il curatore della sezione, per il dosaggio di questi ingredienti).
Come per la performance, anche nel caso delle edizioni si tratta di un richiamo alle origini: l’arte moltiplicata, la “piccola utopia” (per citare Germano Celant) di un collezionismo d’arte diffuso e democratico, ha avuto il suo apice proprio negli anni in cui è nata Arte Fiera, e i multipli hanno giocato una parte importante nelle sue prime edizioni.
C’è anche un progetto con Maurizio Cattelan…
È il ritorno del figliol prodigo, ma al contrario. Nel 1991 il giovane e semi-sconosciuto Cattelan allestì uno Stand abusivo(questo il titolo dell’operazione) ad Arte Fiera per promuovere il suo progetto di una squadra di calcio composta da immigrati africani, il cui sponsor era la fantomatica ditta “RAUSS”, un nome che suona provocatoriamente come lo slogan nazista “Raus!”, “fuori!”. Lo stand, realmente abusivo e privo di permessi, per poco non causò al giovane artista delle noie legali. Più di trent’anni dopo, forte di una carriera internazionale impressionante, Cattelan torna negli stessi padiglioni con tutti gli onori, presentato da Sarah Cosulich e da Mutina for Art, con un progetto le cui immagini, è facile prevederlo, diventeranno immediatamente virali sui social.
Arte Fiera è sempre stata vista come la fiera “in cui si vende”, amata dal pubblico, ma meno di ricerca. Ti senti di smentire questa ultima affermazione?
Non la smentisco, anzi, rivendico queste caratteristiche come identitarie e come punti di forza. Non tutte le fiere devono proporre le ultimissime tendenze, non tutte le fiere devono rivolgersi solo a curatori e collezionisti.
D’altro canto, permettetemi qualche piccola provocazione, per complicare un po’ le cose: quale fiera ha proposto per prima in Italia la performance (e continua a sostenerla ancora oggi)? Quale fiera ha proposto convegni che hanno lasciato il segno nei rispettivi ambiti (“Autonomia critica dell’artista” nel 1979, “Tra mostra e fiera: entre chien et loup” nel 2018)? Quale fiera ha proposto per prima in Italia un progetto di opere e installazioni diffuso nei luoghi storici della città (Bologna Art First, 2006)?… Mi fermo qui.
Come cambia il tuo modo di lavorare da curatore a direttore di fiera?
Un direttore di fiera deve saper fare un po’ di tutto: oltre che il curatore, a dosi variabili deve fare anche il manager, il venditore, lo showman, il pubblicitario, il fundraiser, il diplomatico… Diciamo che, con l’arrivo di Enea Righi, collezionista e manager navigato, nel ruolo di Direttore Operativo, posso permettermi di fare un po’ di più il curatore e un po’ meno tutto il resto.
La prossima edizione sarà l’ultima del tuo mandato. Te la senti di tirare già un bilancio di questa esperienza?
Quando sono arrivato a Bologna avevo un obiettivo preciso: ribadire il ruolo di Arte Fiera come riferimento imprescindibile per le gallerie italiane e per l’arte italiana moderna e contemporanea. A giudicare dalla lista di gallerie di quest’anno e dalle loro proposte, mi sembra che l’obiettivo sia stato in larga parte conseguito.
E come ti vedi in futuro, se ti proponessero di guidare un’altra fiera accetteresti?
Al momento mi piacerebbe tornare a scrivere d’arte e a curare mostre, magari in una veste diversa da quella del critico e curatore indipendente, ma la vita è imprevedibile. Non avrei mai pensato di dirigere una fiera, eppure eccomi qui. Vedremo…
Santa Nastro
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