Tutta l’architettura che si può trovare ad Arte Fiera Bologna in 10 opere
Alla cinquantesima edizione della fiera d’arte più longeva d’Italia, anche gli appassionati di architettura troveranno interessanti progetti. Un percorso in dieci tappe
Arte Fiera Bologna apre la stagione delle manifestazioni di settore festeggiando i 50 anni dalla sua prima edizione nel 1974, nata con appena 10 stand e divenuta nel giro di pochi anni un centro per l’arte contemporanea internazionale. “La mia migliore edizione come direttore”, commenta Simone Menegoi, e omaggia la ricorrenza con un public program di tutto rispetto. Si ricordano al contempo le origini della fiera e un intero decennio di fervore per Bologna in ambito sociale, politico, artistico e architettonico. Il quartiere fieristico è stato progettato dal celebre Kenzo Tangenegli Anni Settanta, mentre nel 1977 viene costruita, nel parco antistante l’ingresso, una perfetta copia del Padiglione de L’Esprit Nouveau, progettato da Le Corbusier e Pierre Jeanneret per l’esposizione universale di Parigi del 1925, e che a partire da quest’anno tornerà alla ribalta come spazio culturale. Abbiamo quindi selezionato, tra i quasi 200 espositori, dieci opere che spostano un po’ più in là i confini dell’arte, per indagare con occhio inaspettato il mondo architettonico.
È doveroso aprire questa rubrica con l’opera inedita selezionata per il progetto promosso da Arte Fiera Opus Novum #6. Si tratta della produzione di Luisa Lambri, artista italiana riconosciuta per le sue immagini di architetture moderniste, che per l’occasione esplora con il mezzo fotografico due iconici edifici bolognesi degli Anni ‘70. L’esposizione prende nome da L’Esprit Nouveau, dove viene ospitata, e raffigura dettagli di Santa Maria Assunta a Riola di Vergato (BO), unica opera di Alvar Aalto in Italia portata a termine nel ‘78, e il Padiglione parigino stesso. Lambri non si sofferma sugli elementi più iconici dell’architettura, ma scompone l’edificio in singole parti, con una visione personale e ravvicinata, calibrata sulle dimensioni del suo sguardo. Molte delle fotografie esposte sono illuminate da finestre, oblò e lucernari che si aprono sul mondo esterno rivelando quello che è il filo conduttore della sua opera: la luce.
Spiccano allo stand di Caputocolossi Incontro d’arte i disegni della serie Wrapped, di Christo Javacheff. Lo studio ARC DE TRIOMPHE IV, PROJECT FOR PARIS rappresenta la storia di un sogno, iniziato con un’intuizione nata nel ’62 e portata a termine nel 2021, dopo la sua morte. Tra i più famosi esponenti della Land Art, Christo esordisce celando dietro ai suoi teli oggetti comuni, occultando la natura funzionale dei manufatti per liberare la mente ed immaginarne nuove finalità. È proprio in quegli anni che, con la moglie Jeanne-Claude, decide di spingersi a “impacchettare il mondo”, ricoprendo porzioni di paesaggio ma anche palazzi, ponti e i simboli iconici delle nostre città. Ostacolando in questo modo l’aspetto usuale di un’architettura, Christo genera una grande novità percettiva, che altera la normale interpretazione dello spazio e offre per un tempo limitato la possibilità di vedere il mondo con uno sguardo nuovo.
Antonia Jannone Disegni di Architettura porta in fiera le opere di Marco Palmieri, artista di origini partenopee che sperimenta con forme e luce. 3PER9 è una serie di nove scatti senza postproduzione di piccoli elementi di carta da lui costruiti e dipinti a mano che, proprio grazie a questo processo artigianale lasciano una sensazione materica simile alla pittura. Le immagini sono disposte a gruppi di tre, ognuno rappresenta variazioni di posizione e rifrazione della luce sulle loro superfici colorate creando virtuosismi che svelano senza dubbi la sua formazione di architetto. Per Palmieri questo è un omaggio a un insegnamento del suo illustre maestro Ettore Sotsass: non esistono soluzioni perfette, la perfezione è una proiezione ideale, esistono solo infinite varianti.
The Gallery Apart sceglie di esporre ancora una volta alle opere di Bertille Bak, l’artista francese che dà voce alle comunità che l’hanno ospitata. UNTITLED, BLOCK è una serie di disegni, lunghi fino a nove metri, raffiguranti le abitazioni lungo le vie del villaggio di minatori in cui è cresciuta, che di lì a poco sarebbero state abbattute per via della crescente speculazione edilizia. Questi disegni sono la memoria di edifici ormai scomparsi e soprattutto di ciò che rappresentano: l’identità di una comunità. In una mostra a lei dedicata presso la galleria romana, la serie di disegni è stata esposta, su indicazione dell’artista, su dei lunghi supporti orizzontali in modo da riprodurre le vie del villaggio francese. Lo spettatore quindi può passeggiare tra le memorie di questo luogo ed entrare in una dimensione allo stesso tempo collettiva e privata, oltre lo spazio e il tempo.
Alla galleria Vistamare non potevano mancare i silenziosi scatti del maestro della fotografia contemporanea Mimmo Jodice, in particolare tre opere della serie Attese. Negli scatti dell’artista l’uomo viene escluso, lasciando spazio ad ambienti disabitati e spogli: stanze vuote, una sala del cinema senza spettatori, un’imposta che nega l’accesso del nostro sguardo dall’interno dell’edificio. Maestro della fotografia analogica, viene riconosciuto a livello internazionale per l’abilità espressiva ed emotiva nell’utilizzo del mezzo fotografico, proprio come in questo per farci percepire nitidamente quella strana sensazione che è l’attesa. Jodice ci porta in una dimensione contemplativa dove le forme architettoniche colpite dalla luce trattengono il respiro per un istante.
Per gli amanti delle architetture iconiche più radicate della tradizione italiana, allo stand Paola Sosio Contemporary trovate alcune opere della serie Teatralità. Patrizia Mussa ci mostra immagini con interventi di coloritura fatti a mano, che restituiscono un percorso di studio del teatro come architettura. La serie completa attraversa tutta Italia, dalla genesi con i primi teatri di Vicenza, Sabbioneta e Parma ai più recenti Teatro alla Scala di Milano, Teatro San Carlo di Napoli e la Fenice di Venezia. Stampata su base cartacea, vediamo una fotografia analitica, frontale e a fuoco totale, che poi viene integrata ripercorrendo i dettagli con l’acquerello, fino a farla somigliare ad un vero e proprio dipinto.
Ex Elettrofonicaespone Innsbruck, Austria, 01.29.1964 di Margherita Moscardini. Osservando quest’opera si ha l’illusione di vedere la piazza austriaca, la sua architettura, quando invece l’artista ha soltanto abbozzato, con una biro rossa, la massa di persone che la affolla. I vuoti lasciati dalle persone fanno percepire nettamente l’immagine dello spazio, la struttura fisica del luogo. Attraverso questo rovesciamento dell’immagine, Moscardini suggerisce anche un capovolgimento di lettura, per cui uno spazio costruito, una città, non è più soltanto un insieme di oggetti architettonici, bensì viene rappresentata attraverso il significato che assume nel momento in cui viene vissuta.
3B Arte Contemporanea non è l’unica galleria a esporre opere del celebre Giuseppe Uncini, ma questa è quella che ci ha colpito di più. Si tratta di una struttura imponente in ferro e cemento 150x110x20, che con la sua geometria domina lo spazio circostante. Nato a Fabriano nel 1929, Uncini inizia il suo percorso artistico utilizzando innesti di terre, sabbie e cenere per arrivare poi a sperimentare con cemento e ferro, a quel tempo impiegati unicamente nell’edilizia. Uncini è pioniere per l’utilizzo di nuovi materiali e innovatore per quanto riguarda molti aspetti tecnici di lavorazione, come l’applicazione procedure ingegneristiche che solitamente riguardano il mondo dell’industria, di cui le sue opere portano le tracce visibili.
Un accostamento decisamente riuscito da Armanda Gori Arte, è quello tra Uncini e Walter Valentini. Forse più conosciuto a livello internazionale per le sue peculiarità come incisore e grafico, la selezione di opere presenti allo stand, oltre ai disegni preparatori, sono tecniche miste su tela o su tavola che riproducono linee nette e calcolati disegni geometrici su fondi bianchi o grigi, evidentemente influenzati dal Costruttivismo russo. Quella che potrebbe apparire come una freddezza formale si trasforma invece in una composizione sottile, permeata da un delicato senso di armonia e proporzione che rimanda ai maestri quattrocenteschi italiani.
Ultimi ma non per importanza, una serie fotogrammi esposti da Artopia Gallery e tratti dal video Encounters di Elena Mazzi. Anche se qui il focus non è propriamente l’architettura, è interessante la libertà di pensiero e associazione che la giovane artista spinge oltre i limiti canonici nei propri lavori, pur rimanendo sempre visivamente ancorata alla realtà. Un processo associativo che nella storia ha portato molti dei grandi innovatori a sperimentare soluzioni inaudite, basti pensare alle visionarie architetture di Gaudì. Il video e le opere correlate nascono dalla permanenza dell’artista in Islanda dopo un incidente che le ha danneggiato alcune vertebre. Mezzi di indagine per trovare un equilibrio tra corpo e luoghi, le opere di Mazzi solcano associazioni fortuite, fortunate e straordinarie: gli scheletri dei cetacei lasciati galleggiare nel mare, il ritrovamento di vertebre fossili durante la riabilitazione, l’inconsueta somiglianza della Stykkishólmskirkja Church con la forma di una vertebra. Un caso?
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Chiara Clerici
Vicentina di origine, è storica dell’arte e dell’architettura e si è laureata presso l’Università degli Studi di Verona e di Trento. Lavora da diversi anni nel campo della comunicazione digitale, in particolare come Digital Specialist per eventi fieristici, curando anche…