A Riyadh il primo International Jazz Festival. L’Arabia Saudita investe sempre di più in cultura
Da YolanDa Brown a Chaka Khan e Fulana a Majaz, nove artisti tra affermati ed emergenti si esibiscono per il primo International Jazz Festival di Riyadh. In città anche un distretto dedicato all’arte contemporanea e il sito UNESCO di At-Turaif
Jazz, funk e soul per il primo Riyadh International Jazz Festival, nella capitale dell’Arabia Saudita. Tre serate, dal 7 al 9 febbraio 2024, in cui artisti internazionali si alternano sul palco del Mayadeen Theatre di Diriyah (antica capitale del regno saudita, oggi inglobata dall’attuale che conta oltre 7 milioni di abitanti). Il governo ha legalizzato solo dal 2017 i concerti e l’intrattenimento dal vivo, dando dal 2018 la possibilità anche alle donne di esibirsi, grazie alla politica della Saudi Vision 2030, un piano strategico che mira a ridurre la dipendenza dal petrolio e diversificare l’economia del Paese sviluppando i settori di servizio pubblico, come l’istruzione, il turismo e, appunto, l’intrattenimento. Per questo nel 2020 si è aggiunta alle dieci commissioni che si raccolgono sotto il Ministero della Cultura dell’Arabia Saudita anche la Music Commission che produce e promuove il festival. L’obiettivo è quello di “supportare lo sviluppo del settore musicale in rapida crescita a livello locale, oltre a mettere Riyadh sulla mappa quale centro emergente di eccellenza nella musica globale”, dichiara durante la conferenza stampa Paul Pacifico, CEO della Saudi Music Commission.
Gli artisti del primo Riyadh International Jazz Festival
Sono 6 gli artisti internazionali che si alternano ai 3 regionali dell’Arabia Saudita, la band jazz-funk di Melbourne (Australia) The Cat Empire, la sassofonista britannica YolanDa Brown che fonde nelle sue performance reggae, jazz e soul, la vincitrice di 10 Grammy Awards Chaka Khan (Chicago, Stati Uniti, 1953) il cui talento attraversa pop, soul, jazz, gospel e funk, l’ensemble jazz-afrobeat inglese Kokoroko (composto da 8 musicisti guidati dalla trombettista Sheila Maurice Grey), il gruppo australiano Hiatus Kaiyote e il cantante statunitense con cittadinanza giamaicana Masego, pseudonimo di Micah Davis, pioniere (autoproclamato) del trap-house-jazz. A questi si aggiungono gli emergenti Nadine Lingawi in arte Fulana (che in arabo significa “donna anonima”), artista synthpop della casa discografica indipendente saudita Wall of Sound, la band del Bahrein Majaz che unisce il ritmo della musica africana e le melodie tribali di quella khaleeji tradizionale e, infine, Garwasha, gruppo jazz che combina le forme musicali occidentali con quelle orientali.
Cosa vedere a Riyadh
Durante i giorni del festival, ma anche oltre, la città (in continua espansione) rivela il suo “giardino”, tra siti archeologici e nuovi distretti culturali. Primo fra tutti At-Turaif a Diriyah, dichiarato patrimonio UNESCO nel 2011, a nord-ovest di Riyadh, al centro della penisola arabica. L’antica cittadella, fondata nel XV secolo, conobbe tra il XVIII e XIX secolo una fase di crescita politica e religiosa tale da divenire il centro del potere temporale della dinastia saudita. Il sito comprende i resti di molti palazzi – restaurati grazie a uno dei tanti piani relativi al programma Saudi Vision 2030 –, un museo dedicato alla storia saudita e la moschea di Al-Zawihra, mentre attorno si sviluppa la zona riqualificata di Al Bujairi, isola pedonale animata da caffè, ristoranti e negozi di artigianato.
I progetti d’arte contemporanea a Riyadh
Si trova invece nell’area industriale di Riyadh il distretto JAX (di oltre 10 mila metri quadrati), dedicato all’arte contemporanea. Un ambizioso progetto (che prevede di concludersi nel 2027) sta portando alla riqualificazione di magazzini e capannoni in hub creativi multifunzionali, che comprenderanno anche teatri, cinema, spazi espositivi e per la ristorazione, tutto orchestrato in una zona completamente pedonale. Qui si trova il museo d’arte contemporanea Riyadh Art dove fino al 2 marzo è aperta al pubblico la mostra Refracted Identities, Shared Futures, curata da Neville Wakefield e Maya Al Athel, che consiste in una selezione delle opere esposte durante l’edizione 2023 – conclusasi a dicembre – del Noor Riyadh, il festival di light art più grande al mondo. Anche l’ATHR Foundation, organizzazione non profit che nasce nel 2022 dall’attività della ATHR Gallery di Jeddah, ha la sua sede nel distretto – qui fino al 18 marzo è visitabile YSA-On purpose a cura di Rami Farook, la rassegna semestrale dedicata alle ricerche di artisti emergenti sauditi o che vivono in Arabia Saudita – mentre attende di raddoppiare gli spazi. Sempre a JAX, infine, il prossimo 20 febbraio (e fino al 24 agosto) inaugurerà la seconda edizione del Diriyah Contemporary Art Biennale, a cui parteciperà anche l’italiana Rossella Biscotti.
Caterina Angelucci
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